L’Arca di Gabriele e i Segreti dell’Antartide
Estratto dal libro omonimo di Nicola Bizzi, Aurora Boreale 2023
Scoperta nella seconda metà del XVIII secolo, l’Antartide è stata esplorata solo a partire dalla metà dell’800, ed è ancora oggi lontana dal fornirci un completo prospetto del suo territorio. In base al Trattato Antartico del 1959, firmato ad oggi da 46 paesi, il continente di ghiaccio non appartiene politicamente ad alcuna nazione, può essere utilizzato esclusivamente per scopi pacifici (come la ricerca scientifica) e vi sono vietate le attività di sfruttamento economico e di tipo militare. Il Trattato sospende inoltre tutte le precedenti rivendicazioni territoriali – esposte da Argentina, Australia, Cile, Francia, Nuova Zelanda, Norvegia e Regno Unito – le quali interessavano l’intero territorio ad eccezione dello spicchio compreso tra i meridiani 90° W e 150° W.
L’Antartide è nota agli indagatori dell’ignoto per la presenza su di essa, dagli anni ‘30 fino alla conclusione della II Guerra Mondiale, di imponenti basi militari e di installazioni sotterranee realizzate dalla Germania di Hitler; e per la controversa Operazione Highjump (ufficialmente The United States Navy Antarctic Developments Program 1946-47), un’azione di guerra guidata dal contrammiraglio Richard Evelyn Byrd e dal vice-ammiraglio Richard Cruzen finalizzata all’espugnazione delle basi militari tedesche ancora pienamente operative a distanza di oltre un anno dalla fine del conflitto.
L’operazione ebbe inizio il 26 Agosto 1946 e continuò sino al 1947, impiegando 4.700 uomini, 13 navi e diversi aerei. Potremmo poi parlare a lungo delle esplorazioni condotte in Antartide dallo stesso Contrammiraglio Byrd e delle rivelazioni di quest’ultimo, addirittura in interviste televisive, dell’esistenza nel Sesto Continente di immense aree verdi dal clima temperato e dei suoi incontri con una razza aliena altamente civilizzata stanziata nelle profondità del sottosuolo, messi nero su bianco nei suoi diari. Nel 1947 Byrd compì un volo esplorativo al Polo Sud che ancora oggi non manca di suscitare una serie di domande. Spintosi 1.700 miglia “oltre” il Polo geografico, cominciò a notare una trasformazione radicale dell’ambiente sorvolato che lo lasciò stupefatto. L’ammiraglio raccontò di essersi addentrato nei cieli di un territorio verdeggiante, un ambiente totalmente diverso da quello ghiacciato e inospitale che si sarebbe aspettato. A terra era possibile osservare una vegetazione lussureggiante e rigogliosa tipica di territori con temperature medie molto superiori a quelle che caratterizzano il rigido clima polare. Le osservazioni dell’ammiraglio non si limitarono alla sola flora: nel diario di bordo annotò di aver osservato un animale dalla stazza notevole, simile ai mammut dell’età preistorica, che si muoveva nella vegetazione sottostante:
«Devo scrivere questo diario di nascosto e in assoluta segretezza. Riguarda il mio volo antartico del 19 Febbraio dell’anno 1947. Verrà un tempo in cui la razionalità degli uomini dovrà dissolversi nel nulla e si dovrà allora accettare l’ineluttabilità della Verità. Io non ho la libertà di diffondere la documentazione che segue, forse non vedrà mai la luce, ma devo comunque fare il mio dovere e riportarla qui con la speranza che un giorno tutti possano leggerla, in un mondo in cui l’egoismo e l’avidità di certi uomini non potranno più sopprimere la Verità. […] Distese di ghiaccio e neve sotto di noi, notate delle colorazioni giallognole con disegni lineari. Alterata la crociera per un migliore esame di queste configurazioni colorate, notate anche colorazioni violacee e rossastre. […] Sia la bussola magnetica che la girobussola cominciano a ruotare e ad oscillare, non ci è possibile mantenere la nostra rotta con la strumentazione. Rileviamo la direzione con la bussola solare, tutto sembra ancora a posto. I controlli sembrano lenti nel rispondere e nel funzionare, ma non c’è indicazione di congelamento. […] 29 minuti di volo trascorsi dal primo avvistamento dei monti, non si tratta di un’allucinazione. È una piccola catena di montagne che non avevamo mai visto prima. […] Oltre le montagne vi è ciò che sembra essere una vallata con un piccolo fiume o ruscello che scorre verso la parte centrale. Non dovrebbe esserci nessuna valle verde qua sotto! C’è qualcosa di decisamente strano e anormale qui! Dovremmo sorvolare solo ghiaccio e neve! Sulla sinistra ci sono grandi foreste sui fianchi dei monti. I nostri strumenti di navigazione girano ancora come impazziti. […] Altero l’altitudine a 1400 piedi ed eseguo una sterra virata completa a sinistra per esaminare meglio la valle sottostante. È verde con muschio ed erba molto fitta. La luce qui sembra diversa. Non riesco più a vedere il Sole. Facciamo un altro giro a sinistra e avvistiamo ciò che sembra essere un qualche tipo di grosso animale. Assomiglia ad un elefante! No! Sembra essere un mammut! È incredibile! Eppure è così! Scendiamo a quota 1000 piedi ed uso un binocolo per esaminare meglio l’animale. È confermato, si tratta di un animale simile al mammut. […] Incontriamo altre colline verdi. L’indicatore della temperatura esterna riporta 24° C. Ora proseguiamo sulla nostra rotta. Gli strumenti di bordo sembrano normali adesso. Sono perplesso circa le loro reazioni. Tento di contattare il campo base. La radio non funziona. […] Il paesaggio circostante sembra livellato e normale. Avanti a noi avvistiamo ciò che sembra essere una città! È impossibile! L’aereo sembra leggero e stranamente galleggiante. I controlli si rifiutano di rispondere! Alla nostra destra e alla nostra sinistra ci sono apparecchi di uno strano tipo. Si avvicinano e qualcosa irradia da essi. Ora sono abbastanza vicini per vedere i loro stemmi. È uno strano simbolo. Dove siamo? Cosa è successo? Ancora una volta tiro decisamente i comandi. Non rispondono! Siamo tenuti saldamente da una sorta di invisibile morsa d’acciaio».
Tornando ai nostri tempi, da svariati anni si susseguono, prevalentemente su Internet, notizie – non sempre verificabili – della scoperta o dell’avvistamento in Antartide di antiche rovine, tratti di mura megalitiche, antiche strutture di fattura chiaramente artificiale e addirittura piramidi. Esiste a riguardo un vastissimo repertorio di fotografie e immagini satellitari, benché non vi siano state delle conferme ufficiali da parte dell’establishment archeologico, chiaramente restio ad accettare l’idea della passata esistenza di una civiltà preistorica sconosciuta nel continente tutt’oggi meno accessibile della Terra.
L’idea che il continente antartico, anticamente privo della coltre di ghiacci che oggi lo sovrasta, possa essere stato in un remoto passato la sede di una civiltà avanzata al punto di aver eseguito una dettagliata mappatura dell’intero pianeta, avvalendosi di avanzate conoscenze astronomiche e padroneggiando i mari con le proprie flotte, si era fatta strada già nella prima metà del ‘900 con gli esami condotti su diversi portolani del XV e XVI secolo – ricavati da mappe più antiche – che mostravano l’esistenza di un continente ancora da scoprire al polo sud di cui più tardi sarebbe stata rilevata la corrispondenza con il profilo dell’Antartide libera dai ghiacci. Tali stranezze si connettono con un particolare evento occorso pochi anni fa in Arabia Saudita.
Fonti variegate che tuttavia concordano nei dettagli, riportano che fra l’11 e il 12 Settembre 2015, nel corso di uno scavo nei sotterranei della Grande Moschea della Mecca, un gruppo di operai avrebbe riportato alla luce un antico manufatto, identificato come l’“Arca di Gabriele”, risalente al tempo del profeta Maometto. Nel tentativo di rimuovere l’“Arca” dalla propria collocazione, ben 15 operai coinvolti nell’operazione sarebbero morti folgorati da una imprecisata “energia”, a quanto pare una forte scarica di plasma, improvvisamente emanatasi dal manufatto. L’esplosione sarebbe stata così violenta da uccidere anche 107 ignari pellegrini che si trovavano al piano superiore, all’interno del complesso dell’edificio sacro. Si tratta di vittime reali, di cui parlarono all’epoca tutti i telegiornali, benché le autorità saudite si trovarono costrette ad attribuire l’incidente a cause accidentali. La versione ufficiale, diramata alla stampa e alle televisioni, fu quindi che un incidente cantieristico nel sottosuolo della Moschea avrebbe scatenato il panico in superficie, provocando un fuggi-fuggi culminato nella carneficina. Ciononostante il giorno successivo molti giornali diffusero le fotografie di insoliti fulmini rossi e violacei che si erano scatenati nel cielo sopra la Grande Moschea al momento dell’incidente, cielo che fino a pochi istanti prima era assolutamente terso e senza nuvole.
Un secondo tentativo di rimuovere questo misterioso “dispositivo” sarebbe stato messo in atto il 24 Settembre successivo, scatenando stavolta un incidente ancora più grave: secondo alcune fonti, un’altra violenta scarica di plasma avrebbe provocato ben 4.000 vittime, una parte delle quali morte all’istante, come fulminate, e le altre rimaste schiacciate dalla folla terrorizzata e in preda al panico. Di nuovo le autorità saudite attribuirono l’incidente alla fuga precipitosa di una folla di pellegrini spaventati e senza controllo. Cosa li avesse spaventati, i comunicati non lo specificano.
Una volta resisi conto della situazione e compresa la vera natura e pericolosità, del “manufatto”, i Sauditi, consci soprattutto della loro impossibilità di gestire o controllare un simile oggetto di potere, decisero di rivolgersi segretamente ai Russi. Ma, si badi bene, non solo alle autorità politiche della Federazione Russa, ma anche alla Chiesa Ortodossa e alla sua massima autorità, il Patriarca Kirill.
Secondo quanto è trapelato, il Patriarca Kirill sarebbe stato contattato direttamente dagli emissari della suprema autorità religiosa che custodisce e amministra i luoghi santi della Mecca, poiché soltanto lui avrebbe avuto, come spiegherò, le informazioni necessarie per mettere in sicurezza l’“Arca di Gabriele”, un “oggetto di potere” non umano che secondo la Tradizione Islamica il Profeta Maometto avrebbe ricevuto direttamente dall’Arcangelo Gabriele, lo stesso che aveva diretto la punizione divina contro Sodoma e che viene tipicamente rappresentato come l’“Angelo della Morte” o l’“Angelo del Fuoco”.
Nella Tradizione Islamica, Gabriele è il tramite attraverso cui Allah rivela a Maometto il Sacro Corano, in una grotta della Jabal Al-Nour (letteralmente “Montagna di Luce”), una collina rocciosa di 642 metri che si erge nei pressi della Mecca. Nella medesima grotta, chiamata “Hira”, Gabriele avrebbe inoltre affidato alle cure di Maometto anche un’“arca” di immenso potere, vietandone l’uso e incaricandolo di seppellirla in un santuario presso il “Luogo di culto utilizzato dagli Angeli prima della creazione dell’uomo”, in attesa del “Giorno della Risurrezione”. L’Arcangelo avrebbe infine lasciato a Maometto delle particolari “istruzioni” per la gestione dell’Arca, trascritte in seguito in un manoscritto islamico noto come Istruzioni di Gabriele a Maometto.
Tale manoscritto risultava conservato fino al 1204 nella Basilica di Santa Sofia a Costantinopoli, finché quell’anno sarebbe stato messo in salvo dai monaci durante il saccheggio della stessa Basilica da parte dei Veneziani nel contesto della Quarta Crociata e segretamente trasportato in Russia, dove sarebbe stato custodito fino ad oggi dalla Chiesa Ortodossa. Ciò spiegherebbe perché le autorità saudite si siano affrettate a contattare il Patriarca Kirill, il solo al mondo che detenesse le “istruzioni” per mettere in sicurezza l’“Arca”.
Da molti storici e ricercatori è stato ipotizzato che l’“Arca di Gabriele” fosse una sorta di “gemella” dell’“Arca dell’Alleanza”, che come sappiamo era custodita nel Sancta Sanctorum del Tempio di Gerusalemme.
Anche all’“Arca dell’Alleanza” sono stati attribuiti incredibili poteri, tra cui quello di scatenare potenti forme di energia capaci di uccidere all’istante chiunque osasse toccarla o manometterla senza adottare delle specifiche precauzioni. Stando all’Antico Testamento, nell’antichità solo i Leviti avevano facoltà di toccarla e di trasportarla.
Tali analogie tra l’Arca di Gabriele e l’Arca dell’Alleanza, soprattutto alla luce degli inquietanti episodi verificatisi alla Mecca nel 2015, trovano storicamente un’importante conferma nella testimonianza dello storico romano Ammiano Marcellino. Nelle Rerum Gestarum (lib. XXIII, 1) Marcellino testimonia che durante il principato dell’imperatore Giuliano (361-363 d.C.), quest’ultimo permise agli Ebrei di ricostruire il Tempio di Gerusalemme che era stato incendiato nel 70 d.C. dalle legioni guidate da Tito. L’Imperatore intendeva garantirsi il sostegno del potente clero di Gerusalemme per coprirsi le spalle nel momento in cui stava preparando quella spedizione militare contro i Parti che gli sarebbe risultata fatale. I lavori per la riedificazione del Tempio, guidati dal sovrintendente Alipio, furono più volte interrotti e ripresi (fino alla sospensione definitiva) a causa della misteriosa comparsa di “sfere di fuoco” che, sprigionatesi dalle fondamenta dell’edificio, devastarono il cantiere provocando il ferimento di molti operai:
«In quell’anno [il 363 d.C.], sebbene Giuliano, considerando con attenzione differenti questioni, si occupasse con notevole zelo dei preparativi della spedizione [contro i Parti], tuttavia affidando la gloria sua e dell’Impero alla realizzazione di grandi imprese, progettava di ricostruire il Tempio di Gerusalemme. L’edificio era stato un tempo magnifico e, dopo numerose e cruente battaglie, era stato assediato da Vespasiano ed espugnato da Tito. Giuliano pensava dunque di riedificarlo con ingenti spese, affidando il compito ad Alipío di Antiochia, che era stato suo sotto governatore in Britannia. Perciò, mentre Alipio si adoperava nella costruzione con l’ausilio del governatore della provincia, dei globi di fuoco, quasi erompendo dalle fondamenta, con frequenti assalti impedirono agli operai, molti dei quali furono ustionati, di accedere al luogo ed in questo modo, a causa delle fiamme che tenevano lontano gli operai, il lavoro cominciato venne interrotto».
Tale episodio potrebbe provare che l’Arca, ancora al tempo di Giuliano, si trovasse nascosta e ben protetta nei sotterranei del Tempio, distrutto nel 70 d.C. dalle legioni romane. Guarda caso, proprio nel luogo in cui, secoli più tardi, i Templari avrebbero condotto i loro misteriosi scavi archeologici, probabilmente trovandola e mettendola in sicurezza, dapprima nel Tempio di Parigi e più tardi in un luogo segreto del Nuovo Continente (probabilmente nel “Pozzo di Oak Island”, dopo l’imbarco a La Rochelle per sfuggire agli sgherri di Filippo il Bello).
Tornando alle incredibili vicende del 2015, quando il Presidente Vladimir Putin fu informato della situazione (il 27 Settembre, appena tre giorni dopo il secondo “incidente”), questi si accordò immediatamente con le autorità saudite, ordinando ai suoi uomini di pianificare quella che molto probabilmente è stata la spedizione navale più assurda che la storia recente ricordi. Putin avrebbe così salvato l’Arabia Saudita da una situazione e da una minaccia che essa non era in grado di gestire o di controllare da sola, ottenendo in cambio una notevole contropartita: un tacito via libera per l’operazione militare russa in Siria in difesa del Presidente Bashar Al Assad e un’immediata interruzione dei finanziamenti wahabiti alle formazioni terroristiche che stavano mettendo a ferro e fuoco il paese mediorientale. Tre giorni più tardi, il 30 Settembre 2015, le forze aeree iniziarono così a bombardare pesantemente i terroristi dell’Isis e le altre formazioni islamiche antigovernative. E alcuni satelliti militari furono appositamente messi in orbita per garantire la sicurezza della spedizione navale che i Russi stavano allestendo.
Pochi giorni dopo una nave russa attrezzata per le ricerche oceanografiche, la Admiral Vladimirski, ormeggiò nel porto saudita di Gedda, non distante dalla Mecca, con a bordo un insolito e variegato equipaggio, composto da funzionari politici e diplomatici, militari, tecnici, scienziati ed alti esponenti del clero ortodosso, fra cui lo stesso Patriarca Kirill. Seguendo minuziosamente le istruzioni del Patriarca, i tecnici, gli scienziati e i militari russi, coadiuvati dai Sauditi, sarebbero riusciti a mettere in sicurezza l’Arca di Gabriele, a rimuoverla dal sotterraneo della Grande Moschea della Mecca e a trasportarla fino al porto di Gedda. Lì giunta, sarebbe stata infine caricata sulla Admiral Vladimirski. La nave sarebbe poi ripartita da Gedda l’8 Dicembre del 2015, diretta verso l’Antartide, scortata da una potente flotta militare capitanata dall’incrociatore lanciamissili Varyag e dalla nave da battaglia Bystry. Poche settimane più tardi, lo stesso Patriarca Kirill si è fatto fotografare tra i pinguini in Antartide. Il motivo diramato della sua presenza al polo sud riguardava la benedizione di una chiesetta ortodossa costruita per il personale delle basi scientifiche russe.
Secondo ulteriori indiscrezioni, in Antartide, in un’area controllata dalle forze armate russe (anche se ufficialmente adibita a sole ricerche scientifiche), sarebbe poi stato condotto un antico rituale sotto la guida del Patriarca Kirill e del Custode dei Luoghi Santi della Mecca, mediante l’utilizzo delle Istruzioni di Gabriele a Maometto e di un altro manoscritto appositamente consegnato a Kirill il 12 Febbraio da Papa Francesco durante il loro incontro all’Avana, a Cuba. Un incontro storico, in cui le massime autorità della Chiesa Cattolica Romana e di quella Ortodossa Russa si sono trovate faccia a faccia dopo quasi mille anni.
Curiosamente, il giorno precedente all’incontro fra Francesco e Kirill, un fulmine molto simile a quelli scatenatisi sulla Mecca, aveva colpito la sommità della cupola della Basilica di San Pietro a Roma! Esattamente com’era successo l’11 Febbraio del 2013, giorno rinuncia di papa Benedetto XVI.
Quanto al manoscritto consegnato a Kirill da Francesco, si tratterebbe di un testo mai divulgato la cui redazione viene attribuita ai cosiddetti “Vigilanti” di cui fa menzione il più noto Libro di Enoch.
Il complesso rituale si sarebbe svolto il 17 Febbraio 2016 nella chiesa ortodossa russa della Santissima Trinità, l’unica chiesa presente in Antartide. Subito dopo, il “misterioso artefatto” sarebbe stato trasportato in profondità da un’unità di forze speciali.
Trascorsi alcuni mesi, l’11 Novembre 2016 il Segretario di Stato americano John Kerry è volato a sua volta in Antartide, dove ha preso parte ad una discussione per la firma di un nuovo trattato intergovernativo, in base al quale le visite private in Antartide sarebbero state chiuse per i successivi 35 anni. Nell’occasione, Kerry si sarebbe recato in sopralluogo presso un’area dell’Antartide dove da tempo era in corso lo scavo di un enorme complesso urbano riconducibile a una civiltà preistorica precedente l’arrivo dei ghiacci (12.600 a.C.).
AntarcticLand e il Sovrano Ordine dei Cavalieri di Ghiaccio
Nel XVI secolo Malta divenne il reame indipendente dei Cavalieri Ospitalieri, donato di comune accordo da papa Clemente VII e dall’imperatore Carlo V d’Asburgo.
Quando le truppe napoleoniche conquistarono l’isola (1798), i cavalieri dovettero rifugiarsi presso regnanti e nobili amici. Il nucleo principale si spostò in Russia, dove lo zar Paolo I ottenne la carica di Gran Maestro. Altri gruppi ripararono a Roma, protetti da papa Pio VII, e in Inghilterra, sotto la tutela di re Giorgio III Hannover. Alla morte di Paolo I, nel 1801, la nomina del Gran Maestro venne affidata al papa, che assegnò la carica a Fra’ Bartolomeo Ruspoli, predecessore di Fra’ Giovanni Battista Tommasi.
I rapporti tra Russia e Ospitalieri iniziarono già nel 1697, quando lo zar Pietro il Grande inviò una delegazione a Malta guidata dal maresciallo Boris Sheremetev, avente lo scopo di osservare l’addestramento e le abilità dei Cavalieri e della loro flotta. Sheremetev stabilì con essi relazioni diplomatiche e venne investito del titolo onorifico di “Cavaliere della Devozione dell’Ordine”.
Lo zar Paolo I morì assassinato in una congiura di corte nel 1801. Il timore di nuovi attentati si impadronì da subito del nuovo zar Alessandro I, figlio ed erede di Paolo. Nel 1818 gli ufficiali della Guardia Imperiale organizzarono il rapimento del sovrano in occasione del Congresso di Aix-la-Chapelle, ma per sua fortuna la cospirazione fu soffocata nel sangue da un manipolo di Ospitalieri. Ancor più preoccupato per la propria incolumità, Alessandro patrocinò la costituzione di un commando speciale segreto all’interno dei Cavalieri di Malta affinché si occupasse della sua protezione. Il nuovo corpo assunse il nome di “Ordine dei Cavalieri di Ghiaccio” e la sua luogotenenza venne affidata all’ammiraglio della flotta imperiale, Fabian Gottlieb Benjamin von Bellingshausen (1778-1852), in ricompensa dei servizi resi.
Bellingshausen era nato nel maniero Lahhentagge, Saaremaa, Governatorato di Livonia, oggi parrocchia di Salme nella contea di Saare, in Estonia. Si arruolò come cadetto nella Marina imperiale russa all’età di dieci anni. Laureato ad appena 18 anni all’Accademia Navale di Kronstadt, Bellingshausen guadagnò rapidamente il grado di capitano. Alessandro lo nominò “Gran Maestro dei Cavalieri di Ghiaccio”, chiedendo a lui e ai suoi uomini il voto del segreto. Non è chiaro se Bellingshausen fosse già stato un ospitaliere o se avesse ricevuto l’investitura in quel momento. Non sappiamo neppure se avesse avuto un ruolo nella difesa di Alessandro durante la cospirazione. Possiamo però ragionare in merito. Secondo logica militare, l’esistenza stessa di un corpo d’élite è vincolata al carisma del suo comandante, il quale si premunisce di accostare a sé un successore negli ultimi anni del suo servizio, così che i sottoposti riconoscano nel secondo la naturale prosecuzione del primo. Un cambio al vertice imposto dall’esterno, anche se si fosse trattato di un sovrano, sarebbe stato visto come abuso di ufficio, un gesto arrogante che avrebbe suscitato l’astio dell’intera squadra. Trattandosi in questo caso di un corpo di protezione, il sovrano suddetto avrebbe reso seriamente precaria la propria sicurezza. Perciò è molto improbabile che l’impaurito Alessandro avesse commesso una simile imprudenza. Di conseguenza Bellingshausen doveva già essere una figura di rilievo all’interno dell’ordine ospitaliero.
Nel 1819 lo Zar autorizzò una spedizione nei mari del Sud alla ricerca di quella Terra Australis che compariva in numerosi portolani. L’ammiraglio Bellingshausen era a bordo della Vostok, una corvetta di 600 tonnellate e 117 uomini di equipaggio. Ad affiancarlo c’era la Mirnyj, un vascello da trasporto di 530 tonnellate con a bordo 72 uomini, governato da Michail Petrovič Lazarev. Lo Zar avrebbe inoltre rinunciato ai nuovi territori lasciandone il possesso ai Cavalieri che gli avevano salvato la vita.
Nella terza settimana di luglio salparono alla volta di Portsmouth, sulla costa meridionale dell’Inghilterra. Bellingshausen si incontrò a Londra con il presidente della Royal Society, Sir Joseph Banks, che 50 anni prima aveva navigato insieme a James Cook. Banks fornì alla spedizione libri e cartine per la navigazione.
La Royal Society è quella fratellanza di pensatori che nel XVII secolo aveva creato la moderna massoneria, aprendo le Logge dei Costruttori (create dai monaci benedettini nel VI secolo – assorbendo i collegia romani – e laiche almeno dal XV) anche agli intellettuali non legati all’arte muratoria. Tra questi in particolare rientravano i Rosa+Croce fuggiti da Praga durante la guerra dei 30 anni.
All’inizio del XIX secolo i sovrani inglesi della casata di Hannover (come il succitato Giorgio III) sostennero generosamente un nuovo rito massonico noto come “Stretta Osservanza”, fondato nel 1756 dal barone tedesco Karl Gottlieb von Hund. Il rito ripristinava il carattere cristiano della Loggia e introduceva nuove cerimonie appartenute agli ordini crociati, come i Templari o gli stessi Ospitalieri.
Negli anni di Caterina II (r. 1762-1796, madre di Paolo I) la flotta russa era comandata dal principe Federico Guglielmo di Nassau-Weilburg, figlio maggiore del principe Carlo Cristiano di Nassau-Weilburg e della Principessa Carolina d’Orange-Nassau. Federico Guglielmo era imparentato con la Casa Regnante Inglese (i soliti Hannover) e sarebbe stato il trisnonno dell’arciduca Francesco Ferdinando, il cui assassinio avrebbe fatto da miccia per la prima guerra mondiale. Potremmo supporre che anche Federico Guglielmo fosse stato un cavaliere ospitaliero, come il suo successore Bellingshausen.
La comunanza del carattere cristiano, la vicinanza alla Royal Society e l’onnipresenza degli Hannover, ci fanno sospettare che i Cavalieri Ospitalieri e la Massoneria di Stretta Osservanza lavorassero di fatto come un corpo unico.
Altro dato interessante è la creazione di un protettorato gesuita sui Cavalieri di Malta negli anni che vanno dal 1798 al 1814. Fondati nel 1534 dal sacerdote basco (sospetto alumbrado) Ignazio di Loyola, già alla fine del secolo furono incaricati di strutturare i servizi segreti vaticani da papa Clemente VIII (r. 1592-1605).
All’inizio del XVIII secolo i Gesuiti erano potenti a tal punto che la loro “attività” aveva messo in subbuglio mezza Europa. Per questo motivo, attorno alla metà dello stesso secolo, furono letteralmente espulsi da Portogallo, Francia, Spagna e Malta. L’Ordine fu addirittura soppresso da papa Clemente XIV nel 1773: la Compagnia sopravvisse però in Russia, dove la zarina Caterina II rifiutò l’exequatur al decreto papale.
Tra il 1798 e il 1814 troviamo quindi insieme i Cavalieri Ospitalieri e i Gesuiti nella Russia di Paolo I e Alessandro I. In quegli anni l’Ordine dei Gesuiti venne riformato, tanto da far ipotizzare un cambiamento di “padrone”. I Cavalieri di Malta, che nel 1768 avevano espulso i Gesuiti dalla loro isola, in Russia accettarono di porsi al loro servizio. Nel 1814, in concomitanza al Congresso di Vienna (Restaurazione), l’Ordine dei Gesuiti fu ricostituito ufficialmente da papa Pio VII, lo stesso papa che aveva accolto gli Ospitalieri a Roma.
Torniamo però ai Cavalieri di Ghiaccio. Nel 1820 la spedizione dell’ammiraglio Gottlieb von Bellingshausen scoprì l’Antartide; l’anno successivo Gottlieb cambiò il nome dell’Ordine dei Cavalieri di Ghiaccio in “Sovrano Ordine dei Cavalieri di AntarcticLand”, votando i suoi uomini alla difesa del nuovo continente. Le nuove terre appartenevano allo Zar, che tuttavia ne fece dono ai cavalieri, lasciando loro la completa indipendenza dalla Russia (da cui il titolo di ordine “sovrano”). Il nome AntarcticLand è stato ufficializzato nel 2007 nell’ambito della rifondazione e modernizzazione dello Stato.[1]
Al ritorno della spedizione, per volere dello stesso Zar non venne dato gran risalto alla scoperta. Non si sa bene in quale modo, e in totale segreto, il Sovrano Ordine riuscì a mantenere il controllo su una vasta porzione del Continente per oltre due secoli (dal 1820 ad oggi), influenzando le potenze mondiali in modo tale da non far loro occupare o reclamare il territorio che si estende dal Polo Sud ai 60° S di latitudine, compreso tra le longitudini 90° W e 135° W.
Non esiste infatti altra spiegazione al fatto che questo territorio, esteso poco meno di Portogallo, Spagna, Francia, Italia e Svizzera messi insieme, non sia mai stato reclamato da quelle potenze che negli ultimi due secoli hanno avanzato pretese formali sull’Antartico.
Considerato il nuovo contesto mondiale, l’anacronismo di una società segreta e la necessita di difendere la Sovranità del territorio rimasto sotto il controllo dell’Ordine, i Cavalieri sono stati sciolti dal voto del segreto; l’Ordine ha attualizzato il proprio nome in “Sovrano Ordine dei Cavalieri di AntarcticLand” e nel 2007 il territorio è stato ufficialmente reclamato come Nazione, con il nome di AntarcticLand, dal 42° Gran Maestro dell’Ordine, Giovanni Caporaso Gottlieb, attraverso un atto di richiesta di riconoscimento e di rivendicazione ufficiale del proprio territorio, notificato alle Nazioni Unite attraverso la Corte Suprema di New York.
La notifica è stata effettuata in base alla legge jus gentium e al diritto di autodeterminazione dei popoli riconosciuto dalla Magna Carta delle Nazioni Unite e da altri strumenti regionali e internazionali. Tra queste: la Dichiarazione dei Principi di Legge Internazionale sulle Relazioni Amichevoli e Cooperazione tra gli Stati adottata dall’Assemblea Generale delle NU nel 1970; l’Helsinky Final Act adottato dalla Conferenza sulla Sicurezza e Cooperazione in Europa (CSCE) del 1975; l’African Charter of Human and Peoples’ Rights del 1981; la CSCE Charter of Paris per la Nuova Europa adottata nel 1990; la Dichiarazione di Vienna – Programma d’Azione del 1993[2].
[1] Link al sito governativo: https://antarcticlands.org/antarcticland/
[2] Riaffermata dalla Corte Internazionale di Giustizia in Namibia (caso del Sahara Occidentale) e a Timor Est (per cui il diritto è stato riconosciuto erga omnes).