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Hamas: Israele contro Israele

Hamas: Israele contro Israele

Da David Icke, Ricordati chi sei, dove vivi e da dove provieni, Macro Edizioni 2013, p. 260- 271

Vuole una mano per distruggere i Palestinesi? Signorsì, mister Rothschild

È impossibile diventare  presidente degli Stati Uniti se non si ha il supporto del Comitato americano-israeliano per gli affari  pubblici (AIPAC, American Israel Public Affairs Committee). Sembra qualcosa che ha a che fare con il governo, e in effetti, sebbene non ufficialmente, è così. Sotto molti aspetti l’AIPAC è il governo. Si tratta di un gruppo lobbystico sionista rothschildiano, uno dei più grandi d’America, sostenuto da una scorta illimitata di denaro. Pensiamoci per un momento. Una delle maggiori lobby con sede a Washington D.C., forse la maggiore in assoluto, rappresenta gli interessi di una potenza straniera. È praticamente impossibile assicurarsi un’alta carica politica di qualunque tipo se l’AIPAC non concede la sua approvazione ed è una vera lotta persino diventare un membro del Congresso o del Senato se l’AIPAC si oppone. Alan Hart, ex corrispondente della “BBC” e di “Independent Television News”, nel suo libro Zionism: The Real Enemy of the Jews (Sionismo: il vero nemico degli ebrei) scrive: «Gli ebrei costituiscono meno del 2% della popolazione americana, eppure è da loro che arriva il 50% dei contributi per le campagne politiche». Il “Washington Post”, di proprietà dei sionisti  rothschildiani, riportò che «tra il  50  e il 70%» dei contributi per le campagne elettorali  proveniva da fonti sioniste rothschildiane. La cifra si riferisce in maniera preponderante ai mega-ricchi sionisti rothschildiani e non rappresenta neppure la metà del 70% della popolazione ebraica (Fig. 246). Oltre la metà dei 40 maggiori donatori che nel 2008 contribuirono alle campagne presidenziali di Barack Obama e John McCain faceva parte di multinazionali di  proprietà di sionisti rothschildiani. Finanziarono l’uomo che volevano veramente vedere come presidente ma anche il suo avversario, in modo da poter controllare il risultato. I candidati alla presidenza e alla vicepresidenza americana possono anche differire tra loro in qualche dettaglio (anche se sempre meno), ma ogni volta concordano su un punto: Israele ottiene ciò che vuole. E come potrebbe essere diversamente, dal momento che i Rothschild possiedono il governo degli Stati Uniti così come Israele? Il giornalista investigativo Wayne Madsen descrive molto bene la situazione:

«La lobby d’Israele possiede il Congresso, i media, Hollywood, Wall Street, entrambi i partiti politici e la Casa Bianca. Discorsi di questo genere fanno si che la lobby licenzi le persone, come abbiamo visto di recente nel caso della corrispondente dalla Casa Bianca Helen Thomas e del presentatore della “CNN” Rick Sanchez.Tuttavia, molti americani si stanno stancando dell’arroganza della lobby israeliana e dei suoi atteggiamenti fanatici verso chiunque metta in discussione la sua meschina influenza e il suo ridicolo insistere che Israele dev’essere sostenuto per via di qualche antica favoletta…»

Obama è uno schiavo dei sionisti rothschildiani. L’hanno fatto diventare presidente e gli impongono cosa dire e cosa fare. Deve comportarsi da bravo ragazzo e non menzionare mai il sistematico genocidio di un’intera popolazione, i crimini di guerra o lo spregevole trattamento che le Forze di “Difesa” Israeliane (IDF) riservano ai bambini palestinesi (Fig. 247). Nel 2011 il blocco militare di Gaza imposto dagli israeliani portò a un tasso di disoccupazione pari al 45%, uno dei più alti del pianeta. Ma il potere di acquisto della paga percepita da chi invece un lavoro ce l’aveva è precipitato del 34% in cinque anni. Due terzi della popolazione di Gaza è composta da rifugiati. Gaza non ha un aeroporto o un porto marittimo per ricevere rifornimenti. Ogni cosa deve passare attraverso Israele. L’occupazione da parte di Israele della West Bank palestinese include oltre 600 punti di controllo e posti di blocco. Alle ambulanze palestinesi, che trasportano feriti gravi o donne che stanno per partorire, viene invariabilmente impedito di passare. Nel 2001 un’ambulanza palestinese impiegava in media dieci minuti per compiere il suo tragitto. Nel 2011 quasi due ore. Il razzismo di Israele va al di là di ogni immaginazione. La «Associated Foreign Press» ha riferito che Israele starebbe per costruire un “museo della tolleranza” su un cimitero musulmano nonostante le proteste di coloro che lì hanno sepolto la propria famiglia. Un tribunale israeliano ha semplicemente decretato che quello non era più un cimitero. E le salme? Si sono dovute de-manifestare? La macchina dello Stato di Israele è senza cuore o empatia; è violenta, crudele e gongola quando vede soffrire le proprie vittime. Il Knesset, il Parlamento israeliano, ha approvato una legge che impedisce a chiunque di boicottare i prodotti israeliani per protestare contro il fascismo del suo governo, e questo permette alle aziende di citare in giudizio i fautori del boicottaggio pur senza avere alcuna prova di arrecato danno o perdita. La legge si riferisce anche al boicottaggio di merci prodotte illegalmente presso sedi israeliane sottratte con la forza ai palestinesi. Ai boicottatori viene impedito di fare offerte per appalti pubblici e la legge dice: «È proibito intraprendere un’azione di boicottaggio dello Stato di Israele, incoraggiare la partecipazione a un boicottaggio e fornire assistenza o informazioni allo scopo di promuovere un boicottaggio». Fascismo, fascismo, fascismo. Persino un comandante dell’esercito israeliano nel 2011 parlò pubblicamente di “terrorismo ebraico” contro i palestinesi della West Bank occupata da ebrei estremisti insediatisi illegalmente. Il generale Avi Mizrahi disse che l’insediamento di Yitzhar, una delle roccaforti ebraiche più “radicali” (folli), sarebbe dovuto essere chiuso perché era sua opinione che si trattasse di una fonte terroristica contro la Palestina. L’ultra-estremista Avigdor Lieberman, ministro degli Esteri israeliano, vive illegalmente nella West Bank. «Ciò che accade in quel territorio è terrorismo», ha detto il generale Mizhari. I coloni ebrei incendiano le moschee e gli oliveti palestinesi, compiono atti di vandalismo sulle proprietà e uccidono la gente. È questo che i palestinesi devono subire quotidianamente, senza contare le crudeltà costantemente inflitte dall’esercito israeliano. Mentre scrivevo questo capitolo le truppe israeliane sradicavano 300 olivi di proprietà dei palestinesi e dichiaravano quel terreno una zona militare. Proprio così. E ciò accade ogni giorno. Inoltre, una commissione del Parlamento israeliano ha approvato la prima stesura di una legge che costringerà i palestinesi a pagare i costi di demolizione ogniqualvolta le truppe israeliane abbatteranno le loro abitazioni. Dal 1967, anno in cui è iniziata l’occupazione, Israele ha demolito più di 25.000 case palestinesi, il 90% per ragioni “amministrative”. La gente viene accusata di non essere in possesso di un’autorizzazione per vivere in quel luogo oppure l’esercito decide di confiscare quei terreni, Le famiglie che vivevano lì sono diventate dei senzatetto. Sempre a partire dall’occupazione, ai palestinesi non è stato più concesso alcun permesso edilizio. Le case vengono distrutte non ruspe meccaniche vendute all’esercito israeliano dalla Caterpillar Inc., che ha sede negli Stati Uniti. Il governo israeliano ha anche approvato la formazione di un comitato per “ebraicizzare” i nomi delle città e dei siti storici palestinesi ed eliminare così l’identità di un popolo. Si tratta di un vero e proprio genocidio.

Nel 2011 il freddo e insensibile primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu annunciava che intendeva rendere le condizioni dei prigionieri palestinesi ancora più critiche. Si riferiva ai circa 11.000 uomini, donne e bambini palestinesi detenuti nelle prigioni israeliani, molti senza imputazioni di sorta, che si facevano carico del sostentamento delle proprie famiglie. I prigionieri vengono tenuti in isolamento, subiscono controlli notturni e torture, non possono fare il bagno o indossare abiti puliti e viene loro impedito di ricevere visite dai familiari. Niente anima. Nessuna empatia. E tuttavia questo è ancora troppo poco per lo spietato Netanyahu. «Ho deciso di riformare il trattamento riservato ai terroristi incarcerati», dichiarò nel giugno del 2011. «Daremo loro tutto ciò che meritano secondo la legge internazionale ma nulla di più». No, non lo faranno. Il trattamento che Israele infligge ai prigionieri non tiene assolutamente conto della “legge internazionale”. Israele contravviene alla fondamentale decenza umana nel modo in cui tratta (e tortura) i detenuti palestinesi, inclusi i bambini. Sin dall’occupazione di Gaza e della West Bank avvenuta nel 1967, Israele ha incarcerato circa 700.000 palestinesi. È il 20% della popolazione palestinese e il 40% della popolazione maschile. Il sistema dei tribunali militari israeliani controlla i processi, le sentenze e la carcerazione dei detenuti palestinesi e nomina sia gli avvocati dell’accusa sia i giudici. Invece, gli israeliani che vivono in quelle stesse zone sono soggetti soltanto alla legge civile. Sahar Francis, direttore di Addameer, l’associazione che si occupa di diritti umani e del sostegno ai prigionieri, ha detto che le persone incarcerate, compresi i bambini, vengono privati del sonno, ricevono minacce di abusi sessuali e violenze fisiche, e sono costretti a passare lunghi periodi in totale isolamento; inoltre, per estorcere una confessione, li si minaccia di arrestare i loro familiari. E prosegue:

«Specialmente nel caso dei più giovani, li si terrorizza persino prima di giungere all’interrogatorio, così da ottenere più facilmente una loro confessione. A quel punto saranno davvero terrorizzati. Vengono umiliati. Mentre li portano al centro di detenzione iniziano a picchiarli, a prenderli a calci e ad abusare di loro. Questo influisce sulla fiducia [dei detenuti: N.d.A.] e sul modo in cui successivamente verrà condotto tutto l’interrogatorio.

«In alcuni casi si utilizza anche l’elettroshock. Oppure i detenuti vengono bendati e legati alla sedia. Gli si spinge indietro la testa e si inizia a far cadere sul volto l’acqua contenuta in una tazza, una goccia alla volta, e questo dà loro l’impressione di non riuscire a respirare. [La tortura; N.d.A.] è molto comune. Molto comune».

Visto quello che fanno in pubblico, immaginate cosa succede quando nessuno li vede; ma Israele fa ciò che vuole, incontestato. Netanyahu annunciò inoltre che 30.000 palestinesi della comunità beduina sarebbero stati allontanati dalla loro terra e costretti a stabilirsi in zone decise dal governo israeliano. Esattamente,ì. Nessun dibattito; nessun diritto di essere ascoltati. Israele condanna i nazisti in Germania e poi istituisce uno stato fascista. È pura ironia o invece è possibile che la forza che sta dietro i nazisti sia la stessa che sta dietro ad Israele? Io penso di sì, sapete, ed è una forza che inizia con la lettera “R”. Stiamo parlando del medesimo regime israeliano che, secondo quanto disse la prostituta politica e “mutaforma” Tony Blair davanti a un uditorio di sionisti rothschildiani, sarebbe «un modello per questa regione» (ancora, Blair, ancora, sto per avere un orgasmo). «Israele è la terra del popolo di Dio, a eccezione dei palestinesi, e sono orgoglioso di leccare qualunque cosa vogliate così potrò godere della vostra gloria e trovare i vostri assegni nella cassetta della posta» (Ohhhhh, grazie, Blair, con questo sono proprio arrivato all’apice. Ora vai e prepara del tè). Non deve sorprendere il fatto che Blair fosse stato nominato “delegato speciale” per il Medio Oriente per rappresentare le Nazioni Unite, gli USA, l’Unione Europea e la Russia. L’ennesima nomina di un bugiardo parassita sionista rothschildiano per assicurare che la causa di Israele sia la sola a essere promossa. Le Nazioni Unite, gli USA, l’Unione Europea e la Russia sanno tutto questo, naturalmente, ma sono controllate dai Rothschild. Chris Gunness, un portavoce dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi, ha detto: «È difficile comprendere la logica di una politica creata dall’uomo che deliberatamente impoverisce così tante persone potenzialmente produttive e ne condanna centinaia di migliaia a una vita di indigenza». Oh, ma la logica è semplice, Chris. L’intenzione è quella di distruggerli, amico. Obama o qualunque altro presidente o primo ministro, cosa dicono riguardo a questo? Nulla. Mentre stavo scrivendo questo libro, Obama ha parlato al Comitato americano-israeliano per gli affari pubblici (AIPAC) delle politiche americane (rothschildiane) per il Medio Oriente. Il primo discorso sull’argomento, appena successivo alla nomina di Obama come presidente, secondo «The Wall Street Journal» è stato scritto da James Steinberg (sionista rothschildiano), Daniel Kurtzer (sionista rothschildiano) e Dennis Ross (sionista rothschildiano). Pensate ci sia una possibilità che il discorso possa essere stato influenzato in qualche modo? Non ci sarebbe da meravigliarsi, visto che la rete dei Rothschild possiede Obama, armi, bagagli e teleprompter, così come Israele: una sua creazione (Fig. 248). Attualmente l’AIPAC è capeggiato da Lee “Rosy” Rosenberg di Chicago, un caro amico e finanziatore di Obama che probabilmente è in ottimi rapporti con Wolf Blitzer (sionista rothschidiano), presentatore di spicco della «CNN» e un tempo portavoce dell’AIPAC nonché corrispondente per il «Jerusalem Post» (Fig. 249). Difficilmente Obama deluderebbe un amico e sponsor come “Rosy” e l’organizzazione che tiene tanto in considerazione (Obama si avvia a vincere una seconda elezione) dicendo qualcosa su Israele che non sia stata pre-concordata. Nel suo discorso all’AIPAC Obama ha detto:

«Sono stato raggiunto alla Casa Bianca dal primo ministro Netanyahu e abbiamo riaffermato quella verità fondamentale che ha guidato i nostri presidenti e primi ministri per oltre sessant’anni, ovvero che, sebbene talvolta potremmo non essere concordi, come può succedere tra amici [sì, certo; N.d.A.], i legami tra Stati Uniti e Israele non si possono spezzare e l’impegno degli Stati Uniti nei confronti della sicurezza di Israele è inoppugnabile».

Questo oltraggio è andato avanti per più di sessant’anni, perché per tutto quel tempo i Rothschild hanno esercitato il controllo su Israele e sul governo degli Stati Uniti. “Inoppugnabile” significa indipendentemente dalla portata delle atrocità commesse da Israele. Esatto, proprio così. Ecco cos’ha detto Obama su due Paesi che hanno condotto continue e orribili guerre fatte di violenza e persecuzioni, palesi e non, contro la popolazione bersaglio:

«L’impegno dell’America nei confronti della sicurezza di Israele proviene da qualcosa di molto più profondo; e questi sono i valori che condividiamo. Come due persone che lottano per conquistare la propria indipendenza contro opprimenti avversità, noi capiamo che preservare la sicurezza per la quale combatterono i nostri padri dev’esser il compito di ogni generazione. Siamo vibranti democrazie e riconosciamo che le libertà a noi tanto care devono essere costantemente nutrite. E in quanto nazione che ha accolto lo Stato di Israele subito dopo la sua indipendenza, sentiamo un forte impegno verso la sua sopravvivenza come patria forte e sicura per il popolo ebraico».

Se Obama non fosse un narcisista sociopatico, a quel punto si sarebbe sentito soffocare. Ma ormai stava nel mondo delle fate…

«Sappiamo anche quanto quella ricerca di sicurezza possa essere difficoltosa, specialmente per una piccola nazione come Israele con vicini problematici. L’ho visto io stesso. Quando ho poggiato la mia mano sul Muro del Pianto e ho affidato la mia preghiera alle sue antiche pietre, ho pensato a tutti i secoli in cui i bambini di Israele hanno desiderato ardentemente di fare ritorno alla loro antica patria».

Diamine, adesso sono io che mi sento soffocare. Dev’essere perché sto vomitando. Questa «piccola nazione come Israele» ha uno degli eserciti più equipaggiati del mondo, che praticamente viene rifornito dai governi americani e sostenuto economicamente dai contribuenti americani. Come ha detto lo stesso Obama:

«Siccome comprendiamo le difficoltà che Israele sta affrontando, io e la mia amministrazione ci siamo posti la sua sicurezza come priorità. È per questo che abbiamo incrementato la collaborazione tra i nostri due eserciti fino a livelli mai raggiunti prima. È per questo che stiamo mettendo a disposizione dei nostri alleati israeliani le nostre tecnologie più avanzate. Ed è per questo che, nonostante un periodo così duro dal punto di vista fiscale, abbiamo incrementato i finanziamenti agli eserciti stranieri portandoli a livelli record.

«Ciò comprende un supporto aggiuntivo (oltre il normale appoggio militare) per il sistema anti-missile Iron Dome. Si tratta di un poderoso esempio della cooperazione israelo-americana, che ha già permesso di intercettare missili da Gaza e aiutato a salvare le vite di israeliani innocenti. Quindi non abbiate dubbi, manterremo alto il livello qualitativo dell’esercito israeliano».

Il «livello qualitativo dell’esercito» in realtà è il dominio qualitativo dell’esercito israeliano gentilmente concesso dal popolo d’America (a cui non è mai stato chiesto un parere in proposito) e da un vasto numero di persone che versano in condizioni finanziarie disperate. Case per gli americani? No: bombe per Israele. La verità è che il governo americano non intende fare ciò che è meglio per la sua gente. Il ruolo del governo (di tutti i governi) consiste nell’adempiere alle richieste e fare gli interessi della rete rothschildiana che possiede e controlla Israele. Comprendere questo fatto permette di capire più facilmente perché la priorità delle amministrazioni americane non è quella di fornire case agli americani ma bombe a Israele, per minacciare, torturare e uccidere palestinesi indifesi.

Genocidio Sistematico

Osservate le cartine della Fig. 250. L’area più scura a sinistra è la terra palestinese prima della campagna di terrore che nel 1948 portò alla violenta creazione di Israele; a destra la terra palestinese nel 2000. Oggi ce n’è ancora meno poiché i “coloni” ebrei, incitati e assistiti dal proprio governo, hanno sottratto sempre più territori, abbattendo con i bulldozer le case dei palestinesi e costringendoli ad andarsene. Questo è genocidio , ovvero “il sistematico ed esteso sterminio, effettivo o tentato, di un intero gruppo nazionale, razziale, religioso o etnico”. Obama non ha mai parlato di questo argomento perché se lo facesse cadrebbe in disgrazia; e lui lo sa bene (Fig. 251). Nel 2011 Obama disse che i confini di Israele e Palestina avrebbero dovuto essere riportati a com’erano prima del 1967; ma questo discorso-spazzatura aveva il solo scopo di dire ai musulmani ciò che volevano sentirsi dire come parte di un’operazione globale ben più ampia. Obama sa fin troppo bene che Israele non acconsentirà mai a tornare ai confini originari o a qualunque altra cosa del genere. Il finto “contrasto” tra lui e lo spietato primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu di tanto in tanto viene fatto circolare tra i media per vendere una menzogna, ovvero che Obama sta dalla parte del mondo islamico. Da almeno trent’anni ripeto che Israele non è interessato a una “soluzione pacifica”. I sionisti  rothschildiani vogliono tutto, e questo significa la distruzione sistematica del popolo palestinese (Fig. 252). Devono guadagnare tempo per far sì che ciò accada e nel corso dei decenni è proprio a questo che sono serviti i vari “negoziati di pace”, “piani di azione” e “colloqui su colloqui”: guadagnare tempo. Indipendentemente da ciò che offrono i palestinesi, e hanno veramente ben poco di prezioso da offrire, ci sarà sempre un motivo per cui Israele non lo accetterà. Ogni volta c’è qualche nuova richiesta, così com’è stato fin dall’inizio. L’unica concessione a cui i fascisti del governo israeliano sono interessati è che i palestinesi si tolgano dai piedi una volta per tutte. La maggior parte della gente non lo sa, ma al centro di tutto questo, anche se sotto diverse forme, c’è sempre stato un Rothschild, per la precisione il generale Danny Rothschild. Si unì alle Forze di Difesa Israeliane (IDF) nel 1964 e quattro anni dopo passò a occupare posizioni superiori (ovviamente) nei corpi dell’intelligence (in altre parole il Mossad, che gestisce ogni cosa). Successivamente Rothschild divenne assistente di Moshe Levi, capo si stato maggiore delle IDF, e fu promosso al grado di generale di brigata e comandante delle unità IDF nel sud del Libano. In seguito divenne anche vice direttore del Direttorato dell’Intelligence Militare e direttore del Dipartimento di ricerca. In quest’ultimo ruolo fu responsabile delle ricerche e analisi sulla “strategia nazionale”, sia dal punto di vista politico che militare, prima e durante la guerra del Golfo del 1991. Dopo la guerra venne promosso generale e nominato coordinatore delle attività governative nei territori, il che significa controllare le terre palestinesi occupate, Gaza e la West Bank. Le azioni e le dichiarazioni politiche di Rothschild rivelano che costui è stato una delle forze principali dietro il trattamento disumano inflitto ai palestinesi, tra cui anche l’uccisione di bambini e il furto delle loro terre. Anche se si è ritirato dalla carriera militare, Rothschild è ancora molto attivo nell’ambito di think tanks come la Banca Centrale di Israele e altre organizzazioni connesse alle attività politiche, finanziarie, militari e di intelligence. Danny Rothschild ha sicuramente giocato un ruolo molto significativo nella strategia del “guadagnare tempo” di cui sto parlando, e l’influenza che esercita sulle politiche israeliane è fondamentale per rappresentare in Israele la sua vile famiglia. Uno dei modi principali con cui gli israeliani temporeggiano su ogni accordo consiste nel dire che non possono negoziare con il governo palestinese perché si tratta di un’organizzazione terroristica nota come Hamas. Beh, che buffo. Israele ha creato Hamas come spauracchio da utilizzare come scusa per non negoziare e quindi avere più tempo a disposizione per terminare il proprio operato.

L’altro spauracchio che sta riemergendo in Medio Oriente per spaventare le persone è chiamato “Fratellanza musulmana”, coinvolta nella “rivoluzione popolare” (certo, come no) in Egitto. Anche la Fratellanza musulmana ha un retroterra interessante. Fu fondata da Gran Bretagna e America nel 1924 dopo il crollo dell’Impero Ottomano ed è tuttora controllata dalle stesse persone, sebbene negli anni abbia servito anche gli interessi di nazisti, israeliani, russi, francesi e tedeschi. Attualmente Israele è tra i maggiori sponsor della Fratellanza musulmana, implicata nella fondazione di Hamas. Robert Dreyfuss è l’autore di Devil’s Game: How the United States Helped Unleash Fundamentalist Islam (Il gioco del diavolo: come gli Stati Uniti hanno contribuito a scatenare il fondamentalismo islamico). Dreyfuss scrive: «Dal 1967 fino alla fine degli anni Ottanta Israele ha aiutato la Fratellanza musulmana ad affermarsi nei territori occupati. Ha assistito Ahmed Yassin, il leader della confraternita, nella creazione di Hamas, scommettendo sul fatto che il suo carattere islamista avrebbe indebolito l’OLP». L’OLP, l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, all’epoca era la più importante rappresentanza ufficiale degli interessi palestinesi. Dreyfuss sottolinea anche che «durante gli anni Ottanta, a Gaza e nella West Bank la Fratellanza musulmana non appoggiò la resistenza all’occupazione israeliana. La maggior parte delle sue energie si riversò nella lotta contro l’OLP, specialmente le sue fazioni più a sinistra, quelle dei campus universitari». Charles Freeman, un  tempo ambasciatore per l’Arabia Saudita, disse: «Israele ha dato inizio a Hamas. Era un progetto dello Shin Bet [l’agenzia di intelligence per gli affari interni di Israele; N.d.A.], che sentì di poterlo usare per circondare l’OLP». David Shipler, un reporter del «New York Times», cita quanto avrebbe detto il governatore militare israeliano della striscia di Gaza, ovvero che Israele finanziò i fondamentalisti islamici per osteggiare l’OLP. Ecco le parole si Shipler:

«Politicamente parlando, i fondamentalisti islamici talvolta sono stati considerati utili per Israele, in quanto si scontravano con i sostenitori laici dell’OLP. La violenza tra i due gruppi scoppiava occasionalmente nei campus universitari della West Bank. Il governatore militare israeliano della Striscia di Gaza, brigadier generale Yitzhak Segev, una volta mi raccontò di aver finanziato il movimento islamico come contrappeso all’OLP e ai comunisti. “Il governo israeliano mi ha fornito un budget e il governo militare lo ha dato alle moschee”, ha detto».

L’OLP, capitanato da Yasser Arafat, disse che Hamas agiva con l’appoggio diretto dei “regimi reazionari arabi” insieme agli occupanti israeliani. Arafat dichiarò a un giornale italiano: «Hamas è una creazione di Israele che, all’epoca del primo ministro Shamir, diede denaro a più di 700 istituzioni, tra cui scuole, università e moschee». Arafat disse, inoltre, che il primo ministro israeliano Yitzhak Rabin aveva ammesso in presenza sua e del presidente egiziano Mubarak che Israele aveva sostenuto Hamas. Le cose vanno così. Ogni volta che si presenta un’occasione per un “accordo sulla pace” che porterebbe a un risultato non voluto da Israele, Hamas o la Fratellanza musulmana (oppure il Mossad) sferrano un attacco terroristico che viene utilizzato come scusa per porre fine ai “negoziati”. Israele ordina ai suoi agenti di Hamas di bombardare l’esercito israeliano con la forza equivalente a quella di una cerbottana per giustificare (come “rivalsa”) il bombardamento super tecnologico e le carneficine perpetrati nei confronti dei palestinesi. I rappresentanti di Hamas che non stanno al gioco di Israele sono quelli presi di mira. Nel 2010 gli agenti del Mossad entrarono a Dubai con falsi passaporti inglesi e, ripresi da telecamere di sicurezza all’interno di un hotel, si recarono nella stanza da Mahmoud al-Mabhouh, un alto funzionario di Hamas, e lo uccisero; subito dopo passarono nuovamente con calma davanti alle stesse telecamere. Le immagini vennero postate su internet e le autorità conoscevano chi aveva commesso l’omicidio ma, come sempre, nulla venne fatto (Fig. 253). Israele fa ciò che vuole, come dimostra anche l’uso illegale dei passaporti britannici; ma a quel tempo il ministro degli Esteri del Regno Unito era David Miliband (sionista rothschildiano, London School of Economics). Il Mossad è attivo in tutte le nazioni più grandi e anche nella maggior parte delle altre. L’ex ministro degli Esteri francese Roland Dumas disse che gli israeliani «in Francia fanno quello che vogliono e controllano l’intelligence francese…».

La bomba di Oslo e l’uccisione di massa avvenuta sull’isola di Utoya il 22 luglio del 2011 avevano impresso il marchio di fabbrica degli esperi rothschildiani del Mossad. I giovani assassinati si erano radunati per un evento del movimento giovanile del Partito laburista norvegese che, stando alle voci, era in procinto di condurre una campagna di boicottaggio dei prodotti israeliani. I ministri del Partito laburista si erano fatti sentire con forza sul trattamento che Israele riserva ai palestinesi e il governo si era espresso dicendo che avrebbe riconosciuto la Palestina come stato, suscitando le ire di Israele. Sostenere la giustizia verso i palestinesi può equivalere a una sentenza di morte. Nel 2010 i commando israeliani assassinarono sulla nave Mavi Marmara nove attivisti turchi che stavano cercando di consegnare urgentemente dei beni di prima necessità nella Striscia di Gaza occupata da Israele. La nave venne bloccata illegalmente in acque internazionali. Un’inchiesta delle Nazioni Unite sui diritti umani rivelò che Israele era colpevole di omicidio premeditato e di inutili brutalità e torture. Nel rapporto si leggeva che c’erano «prove evidenti per sostenere la persecuzione dei seguenti crimini nei termini dell’art. 147 della Quarta Convenzione di Ginevra: omicidio volontario; tortura o trattamento inumano; il fatto di cagionare intenzionalmente grandi sofferenze o di danneggiare gravemente l’integrità corporale o la salute». Ma cosa venne fatto? Nulla. Il rapporto metteva bene in luce i metodi di Israele perché vi si leggeva che «la condotta dell’esercito e di altri funzionari israeliani verso i passeggeri della flottiglia non solo è stata spropositata rispetto alla situazione, ma ha anche dimostrato un’indicibile violenza, totalmente inutile, denunciando un inaccettabile livello di brutalità». Questo è il disgustoso e perverso regime che i leader americani definiscono «l’unica democrazia del Medio Oriente» e che secondo quella prostituta di Blair sarebbe «un modello per la regione». Digitate su YouTube le parole An American Jew Subjected to Torture in Jerusalem (Un ebreo americano sottoposto a tortura a Gerusalemme) e vedrete quanto costoro siano democratici. Nel 2011 si pianificò di far dirigere verso Gaza un’altra flottiglia e il 25% di coloro che si trovavano a bordo era composto da incredibili, fantastici ebrei anti-sionisti pronti a dire: «non in mio nome».

A una nave posseduta in comproprietà da attivisti svedesi, greci e norvegesi che speravano di unirsi alla flottiglia venne tranciata l’elica, un deliberato atto di sabotaggio perpetrato mentre era ormeggiata nel porto di Atene. Il Mossad è qualcosa di patetico, al di là di ogni immaginazione. Sono ragazzotti in pantaloni corti che pensano di essere “veri uomini” (il fatto di essere scarsamente dotati va a ledere la loro autostima). Ma ci sono anche “vere donne” che agiscono come “veri uomini”. Hillary Clinton, la donna-esca sionista rothschildiana e segretario di Stato degli USA, dissuase la flottiglia dal fare rotta verso Gaza, secondo gli ordini impartiti dai suoi capi, da Chateau Rothschild e da Tel Aviv. Disse:

«[…] noi non crediamo che la flottiglia rappresenti un atto utile o necessario a favore del popolo di Gaza. Proprio durante questa settimana il governo israeliano ha approvato un significativo provvedimento per la costruzione di abitazioni a Gaza. A Gaza saranno fatti entrare materiali per l’edilizia e noi non crediamo sia di aiuto la presenza di flottiglie che tentano di provocare reazioni entrando nelle acque israeliane e creando una situazione nella quale gli israeliani avranno poi il diritto di difendersi».

Dunque, innanzitutto è palesemente utile rifornire persone bisognose e in gravi difficoltà a causa del blocco attuato da Israele; secondo, la flottiglia non aveva lo scopo di entrare nelle “acque israeliane”, bensì nelle acque palestinesi al largo della costa di Gaza. Naturalmente la Clinton non menzionò il fatto che gli assassinii a sangue freddo inflitti alla precedente flottiglia erano avvenuti in acque internazionali e contro la legge internazionale. Ma la verità è che esiste una legge per Israele e un’altra per coloro che Israele intende distruggere. Nel 2011 George Papandreou (sionista rothschildiano, Gruppo Bilderberg, London School of Economics), primo ministro greco (nato in America) impegnato a distruggere l’economia del proprio Paese, impoverire il suo stesso popolo e svenderlo alle banche e alle multinazionali rothschildiane, con il suo governo cercò di fermare la flottiglia mentre lasciava le acque greche per dirigersi verso Gaza. Papandreou aveva da poco ricevuto una visita di Netanyahu nonché i suoi ordini. Il tema del “diritto di Israele a difendere sé stesso” è già stato utilizzato come scusa per le carneficine di civili palestinesi e si pianifica di riciclarlo costantemente per giustificare la “prima mossa” da parte di Israele, ovvero attaccare prima di essere attaccati, quando invece l’“avversario” che si sta prendendo di mira non aveva alcuna intenzione di farlo. Praticamente la si potrebbe chiamare una “rivalsa anticipata”. Ci sono persino campagne condotte da americani contro l’apartheid israeliano e americani che finanziano abusi nei confronti di cittadini colombiani, arrestati e portati dinanzi al grand jury per aver fornito supporto a “organizzazioni terroristiche straniere”. A questo proposito il governo degli USA ha esteso drasticamente la definizione di ciò che costituisce un supporto materiale a tali organizzazioni. Condurre pacificamente campagne in nome della giustizia e viaggiare per incontrare persone palestinesi e colombiane vittime di angherie viene ritenuto “supporto materiale al terrorismo”, ma bombardare innocenti in Libia è compiere il lavoro di Dio. Abbiamo la stessa influenza sionista rothschildiana anche in Gran Bretagna e in molte altre parti del mondo. Il Canada, ad esempio, è controllato da cima a fondo dai sionisti rothschildiani. La versione britannica dell’AIPAC è la rete degli Amici di Israele, presente in ogni partito politico; un’indagine rivelò che l’80% dei membri del Parlamento del Partito conservatore (attualmente al potere) era composto da Amici di Israele. L’obiettivo dichiarato è sempre quello di appoggiare qualunque cosa vada bene per Israele (o meglio, per i Rothschild che ne sono proprietari). Il primo ministro britannico David Cameron è un sionista rothschildiano, così come lo è anche il leader dell’“opposizione”, il laburista Ed Miliband, che ebbe il posto dopo una campagna in cui il solo altro candidato “serio” era suo fratello David Miliband (sionista rothschildiano). Gli ebrei che vivono nel Regno Unito (e molti non sono sionisti rothschildiani) sono soltanto 280.000 su una popolazione nazionale di 62 milioni di abitanti. Un importante finanziatore di Cameron e del suo Partito conservatore è stato il miliardario Poju Zabludowicz, commerciante di armi, che ha anche fatto delle donazioni agli Amici di Israele conservatori. La forza manipolatrice più influente nel governo di Tony Blair e Gordon Brown era Peter Mandelson (sionista rothschildiano), che ostentò il suo stretto legame con i Rothschild trascorrendo le vacanze nella loro tenuta sull’isola greca di Corfu. I Rothschild controllavano Blair così come anche Bill Clinton e George Bush junior (Fig. 254). Questo stesso legame portò Blair a trascinare la Gran Bretagna in guerra per sostenere entrambi i presidenti, a loro volta sollecitati da Israele (i Rothschild). I Rothschild orchestrarono le invasioni dell’Afghanistan e dell’Iraq, la guerra al terrorismo e la conseguente giustificazione: l’“11 settembre”.

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Il Sistema del Debito

La Truffa che Mette Tutti d’Accordo: Destra, Sinistra e Centro

Estratto da D. Marin, Cronache del Dominio, 2024

Immaginiamo… La nostra nazione si chiama “Pollolandia” e la valuta corrente è il “Grano”. Adesso contiamo… i miei grani, i tuoi, quelli di tutti, in ogni forma possibile: banconote, conti correnti, carte, … Tutti insieme fanno 1.000 grani. Ipotizziamo che corrispondano al valore di 1.000 tonnellate d’oro.

Quest’anno lo Stato necessita di 20 grani per pagare i dipendenti pubblici, di cui però non dispone. Il Ministero del Tesoro deve allora valutare tre possibili soluzioni:

1. Emissione di Titoli di Stato (BOT). Acquistando un BOT il cittadino sta di fatto firmando un contratto con cui si impegna a prestare allo Stato una parte dei propri soldi, tipicamente per 5 o 10 anni, alla conclusione dei quali attende di recuperarli con un piccolo interesse. Tale soluzione è evidentemente parziale e temporanea. Le istituzioni possono convincere ad aderirvi solo una piccola parte dei cittadini. Inoltre lo Stato si trova costretto ad aumentare consistentemente il proprio PIL, poiché alla scadenza dei titoli deve restituire il denaro (con gli interessi) ai cittadini creditori, dovendo comunque continuare a stipendiare i propri dipendenti pubblici. Se il PIL non aumenta sensibilmente, il Ministero a quel punto deve affrontare una mancanza di denaro superiore a quella rilevata inizialmente;

2. Tassazione esplicita. Lo Stato impone nuove tasse con motivazioni più o meno credibili. Si tratta di un’eventualità compatibile con un governo tecnico (che non ha bisogno di elettori) ma poco conciliabile con la politica del consenso che ogni uomo di Stato porta avanti per amore della ricchezza e della fama;

3. Tassazione implicita. Lo Stato stampa nuova valuta.

Il Ministero riesce a recuperare 10 grani con i BOT; quindi stampa nuova valuta per altri 10 grani, così da raggiungere il totale dei 20 grani mancanti. A questo punto la valuta totale della nazione conta 1.010 grani, corrispondenti però sempre a 1.000 tonnellate d’oro. Se prima 1 grano valeva quanto una tonnellata d’oro, adesso la stessa valuta può comprarne 990 chilogrammi. Tutti i cittadini sono stati impoveriti proporzionalmente al proprio capitale, e da un certo punto di vista si potrebbe considerarlo un sistema ragionevole. Gli stipendi ovviamente devono essere aumentati. Se un lavoratore prima guadagnava 1 grano al mese, adesso deve guadagnare 1,01 grani, un adeguamento che nell’epoca pre-Euro veniva garantito dal cosiddetto sistema della “Scala Mobile”.

Tutto a posto quindi? No… Perché Pollolandia, come praticamente tutte le nazioni civili, ha firmato un accordo suicida con i più grandi magnati della Terra. Fanno eccezione i BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa) e pochi altri, come Cuba, l’Iran e la Siria. Altre eccezioni erano l’Iraq e la Libia, ma il disturbo è stato tolto.

L’accordo suicida priva il Ministero del Tesoro del proprio diritto a stampare valuta. Tale diritto è stato ceduto ad un ente privato chiamato “Banca Centrale”. Oggi abbiamo l’arcinota BCE (Banca Centrale Europea), i cui azionisti sono le Banche Centrali Nazionali, come la “Banca d’Italia”, che a sua volta è posseduta da azionisti rigorosamente privati che sono i titolari delle Banche Commerciali, come Intesa San Paolo, Unicredit, Assicurazioni Generali, Banca Carige, BNL, ecc.

Lo Stato quindi incarica la Banca Privata di stampare 10 grani. La Banca spende pochissimi centesimi per ogni banconota stampata, e praticamente nulla per la valuta creata all’interno di depositi virtuali. Come abbiamo detto più su, i veri pagatori sono i cittadini, tutti i cittadini, la cui valuta viene privata di parte del suo valore.

Ciononostante la Banca Privata approfitta della confusione naturale del processo per registrare un prestito effettivo di 10 grani. Lo Stato diventa debitore verso la Banca di 10 grani che in realtà sono stati tolti ai cittadini. Quest’ultimi sono così imbrogliati due volte: non solo sono stati tassati senza venirne informati esplicitamente (abbassando il potere d’acquisto del loro denaro), ma sono altresì divenuti debitori per un prestito che di fatto non è mai avvenuto.

Certamente la Banca Privata non chiederà mai di riavere indietro tutto il denaro da lei creato. La verità è che anche i 1.000 grani iniziali devono per forza esser stati creati dalla Banca, per cui il Debito dello Stato verso la Banca, che tutti noi conosciamo come “Debito Pubblico”, corrisponde inevitabilmente alla totalità della valuta presente nel Paese, considerata, come dicevamo, in ogni possibile forma (banconota, conto corrente, carte, ecc.). Restituirlo vorrebbe dire non avere più denaro a disposizione.

La Banca chiede tuttavia che ogni anno le venga pagato un interesse su questo debito, che per Pollolandia (e per l’Italia) si aggira intorno al 3% del valore nominale. Ciò vuol dire che Pollolandia deve pagare alla Banca 30 grani l’anno senza alcuna ragione valida. (Per l’Italia, con un Debito di circa 3.000 miliardi di Euro, si tratta di 90 miliardi di Euro l’anno, circa il triplo del denaro annualmente a disposizione per la fornitura dei servizi pubblici.)

Con tale strategia si ottengono due risultati. Il primo è l’arricchimento spropositato delle élite. Il secondo è la trasformazione dello Stato in una vasca che perde. Per quanto ogni anno si produca e si riempia la vasca, questa continua a venire svuotata da sotto con il sistema del debito. Ogni anno i cittadini devono produrre più dell’anno precedente. Se la tecnologia in costante progresso permet-terebbe di produrre la stessa ricchezza in minor tempo, garantendo ai lavoratori gli stessi stipendi con meno ore di lavoro, il sistema del debito li costringe a lavorare sempre le stesse ore in quanto è aumentata la ricchezza da produrre. In questo modo la popolazione viene mantenuta occupata; i cittadini hanno poco tempo libero, e in quel poco non riescono a rilassarsi, sono troppo stanchi per informarsi, per comprendere, o per organizzare un mondo diverso.

Poiché attualmente l’accesso alla politica nazionale avviene rigorosamente per appoggi famigliari o per tramite della Massoneria, sono i cosiddetti “Osservatori” a scegliere i politici. E quest’ultimi devono essere obbedienti, abbastanza intelligenti da comprendere gli ordini ma non abbastanza da criticarli, e soprattutto… corruttibili. Il politico deve necessariamente possedere uno “scheletro nell’armadio”, che possa emergere opportunamente in caso di disobbedienza. Così il politico si guarderà bene dall’agire contro le direttive. Ogni politico accetta tacitamente di non contestare il sistema del debito, e semmai valutasse comunque di disobbedire, avrebbe firmato la propria condanna a morte, come accadde ad Aldo Moro nel ’78 (o a Kennedy ed Abramo Lincoln in America, per la stessa ragione).

Come siamo arrivati a questo? Molto semplice: i banchieri hanno individuato un nobile ambizioso e gli hanno offerto la possibilità di diventare re di una grande nazione. Gli hanno fornito un esercito (o i soldi per comprarlo); oppure, come nel caso Inglese, hanno corrotto il Parlamento affinché gli affidasse la Corona. In cambio hanno ottenuto l’esclusiva nella creazione di denaro, ovvero l’istituzione di una Banca Centrale (Privata).

In Italia qualcun altro pagò Carlo Alberto di Savoia e suo figlio Vittorio Emanuele II. Prima di salpare da Quarto, la notte tra il 5 e il 6 maggio 1860, gli accordi erano stati siglati. Non bastavano i Mille. Coi soldi dei banchieri i Savoia pagarono gruppi di banditi del Regno di Napoli affinché fungessero da quinta colonna, sabotando il Regno dall’interno. Oggi li chiamiamo “mafiosi”, e quello fu il primo “Accordo Stato-Mafia”. (Il contatto avvenne facilmente tramite la Massoneria.) Ma il denaro dei banchieri non fu sufficiente a pagarli. In cambio si dovette accettare anche la partecipazione silenziosa della Mafia agli affari pubblici, che continua ancora oggi. Un politico che propagandi la lotta alla Mafia sta ovviamente mentendo. Se ha ottenuto il posto, è perché ha accettato il compromesso. Come ha accettato di non mettere mai in discussione il sistema del debito, che nel caso italiano ebbe inizio con il patto stipulato dai Savoia, che in cambio del potere sulla Penisola accettarono di imporre alla propria gente un guinzaglio che potrà solo continuare a restringersi, fino a privarli del tutto della libertà.

Non esiste alcun politico onesto. Se fosse onesto si opporrebbe al Sistema del Debito, ma se lo facesse non sarebbe più un politico, anzi, molto probabilmente non sarebbe nemmeno in vita.

Dal Conflitto dei Balcani (scoppiato nel 1991), fino alle Rivoluzioni Colorate di Georgia ed Ucraina (protrattesi al 2014), passando per le Primavere Arabe, un tesoro incalcolabile è piovuto dai cieli d’America nelle tasche di qualunque squadra paramilitare fosse ritenuta capace di far crollare i regimi disallineati di Europa, Nord-Africa e Medio Oriente (ovvero quei governi che si ostinavano a mantenere una Banca Centrale pubblica).

Un nutrito gruppo di analisti attribuisce gran parte di suddette operazioni a delle fondazioni ri-conducibili all’imprenditore George Soros, distinguendo per maggiore impegno l’Open Society, di cui lo stesso è fondatore e consigliere. I destinatari dei finanziamenti sarebbero stati scelti unicamente sulla base delle capacità militari e dell’uso efficace della propaganda, senza alcun peso per gli aspetti morali. In Ucraina, ad esempio, sarebbero stati foraggiati a più riprese i golpisti di “Svoboda”, partito dichiaratamente nazista che nel 2014 contribuì con tre ministri alla costituzione del primo governo Yatseniuk.

Più indietro nel tempo la stessa strategia sarebbe stata applicata all’America Latina e all’Africa Subsahariana, favorendo tra gli altri gli omicidi dei presidenti Salvador Allende (in Cile, nel 1973) e Thomas Sankara (in Burkina Faso, nel 1987).

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La Più Bella Donna della Città

La Più Bella Donna Della Città.

di Charles Bukowski (Autore)

Cass era la più giovane e la più bella di cinque sorelle. Cass era la più bella ragazza della città. Mezza pellerossa, con un corpo flessuoso e strano, come quello di un serpente, focoso, con occhi altrettanto focosi. Cass era fuoco fluido in movimento. Era come spirito intrappolato in un involucro che non riusciva a contenerla. Aveva capelli neri e lunghi di seta che si muovevano e volteggiavano nello spazio, proprio come il suo corpo. Il morale l’aveva sempre alle stelle o sotto le scarpe. Non c’erano vie di mezzo per Cass. Qualcuno diceva che era pazza. Gli stupidi dicevano così. Gli stupidi non avrebbero mai capito Cass. Gli uomini la vedevano solo come una macchina da sesso e a loro non fregava se fosse pazza o meno. E Cass danzava e flirtava, baciava gli uomini ma, eccetto che per un paio di casi, quando si arrivava al dunque con Cass, Cass in qualche modo se la svignava, rifuggiva dagli uomini.

Le sorelle la accusavano di non sfruttare la sua bellezza, di non usare il cervello, ma Cass aveva cervello e anima; dipingeva, danzava, cantava, modellava la creta, e quando le persone erano abbattute nello spirito e nella carne, Cass sentiva un profondo dolore per loro. Aveva un cervello diverso da tutti gli altri; non aveva proprio senso pratico. Le sue sorelle erano gelose di lei perché attraeva i loro uomini, e loro erano incazzati perché pensavano che lei non ne approfittasse a dovere. Aveva il vizio di essere gentile con quelli più brutti; i cosiddetti uomini attraenti le facevano ribrezzo – “Non hanno palle”, diceva, “non hanno grinta. Se ne vanno in giro con i loro piccoli lobi delle orecchie perfetti, le narici ben proporzionate… belli fuori e vuoti dentro…”. Aveva un temperamento al limite della pazzia; aveva un temperamento che alcuni definivano pazzia.

Il padre era morto alcolizzato e la madre era scappata abbandonando le figlie. Le ragazze erano andate da un parente che le aveva scaricate in un convento. Il convento era stato un posto infelice più per Cass che per le sorelle. Loro erano gelose di Cass e Cass battagliava sempre con quasi tutte loro. Aveva segni di rasoiate sul braccio sinistro, di quando aveva cercato di difendersi in due liti in particolare. Aveva anche una cicatrice indelebile lungo la guancia sinistra che invece di sminuire la sua bellezza la esaltava.

L’avevo incontrata al West End Bar diverse sere dopo che era uscita dal convento. Essendo la più giovane delle sorelle aveva lasciato il convento per ultima. Era entrata nel bar ed era venuta a sedersi vicino a me. Probabilmente ero l’uomo più brutto della città e questo potrebbe avere influito.

“Bevi?” le chiesi.

“Certo, perché no?”

Non credo ci sia stato nulla di insolito nella nostra conversazione quella sera, era semplicemente la sensazione che dava Cass. Lei aveva scelto proprio me, punto e basta. Nessuna pressione. Le piaceva bere e bevve parecchio. Non sembrava maggiorenne, ma la servirono comunque. Forse aveva falsificato il documento di identità, non lo so. Comunque sia, ogni volta che tornava dal bagno e veniva a sedersi accanto a me, mi inorgoglivo tutto. Non solo era la donna più bella della città, ma anche una delle più belle che avessi mai visto. Una volta le misi un braccio intorno alla vita e la baciai.

“Mi trovi carina?” mi chiese.

“Sì, ovvio, ma c’è qualcos’altro… c’è qualcosa di più dell’aspetto fisico…”

“La gente mi rinfaccia sempre di essere carina. Pensi sul serio che io sia carina?”

“Carina non è il termine giusto, non ti rende affatto giustizia.”

Cass frugò nella borsetta. Pensavo stesse cercando un fazzoletto. Tirò fuori uno spillone. Prima di riuscire a fermarla, si era già infilata lo spillone nel naso, da parte a parte, appena sopra le narici. Provai disgusto e orrore.

Mi guardò e scoppiò a ridere: “Adesso mi trovi ancora carina? E adesso come mi trovi, amico?”

Le sfilai lo spillone e le tamponai il sangue con il fazzoletto. Diverse persone, incluso il barista, avevano visto tutta la scena. Si avvicinò il barista:

“Senti”, disse a Cass, “fai un’altra scena del genere e ti sbatto fuori. Non abbiamo bisogno delle tue sceneggiate qui dentro”.

“Oh, vaffanculo amico!” disse lei.

“Meglio che la fai rigare dritto!” mi disse il barista.

“Farà la brava”, dissi io.

“Il naso è mio”, disse Cass, “e lo gestisco io!”

“No”, dissi, “mi fai del male.”

“Mi stai dicendo che se m’infilo una spilla nel naso fa male a te?”

“Sì, proprio così. Dico sul serio.”

“Okay, non lo farò più. Su con la vita.”

Mi baciò, con un ghigno sulle labbra mentre lo faceva e si tamponava il naso con il fazzoletto. Alla chiusura del bar ce ne andammo a casa mia. Avevo qualche birra e restammo alzati a chiacchierare. Fu in quel momento che capii che lei era una creatura colma di gentilezza e di amore. Si dava completamente senza neanche saperlo. Al tempo stesso aveva scatti selvaggi e di totale incoerenza. Schizzata. Una bella schizzata spirituale. Probabilmente qualche uomo, o qualcosa, l’avrebbe rovinata per sempre. Speravo di non essere io.

Andammo a letto e dopo aver spento la luce Cass mi chiese: “Quando vuoi farlo? Adesso o domani mattina?”.

“Domani mattina”, dissi e mi voltai di schiena.

La mattina mi alzai e preparai un paio di caffè, il suo glielo portai a letto.

Lei si mise a ridere. “Sei il primo che conosco che non l’ha voluto fare subito la sera stessa.”

“Va bene così”, dissi, “possiamo anche non farlo del tutto.”

“No, un attimo, adesso voglio farlo io. Lascia che mi rinfreschi un po’.”

Cass andò in bagno. Uscì poco dopo, era stupenda, i capelli lunghi rilucevano gli occhi e le labbra rilucevano, lei riluceva… Mise in mostra il corpo con tutta calma, come una cosa speciale. Poi scivolò sotto le lenzuola.

“Forza, stallone.”

Mi infilai nel letto.

Baciava con un senso di totale abbandono, ma senza furia. Con le mani le percorsi tutto il corpo, gliele infilai tra i capelli. La cavalcai. Era calda, e stretta. Cominciai a menare colpi lentamente, volevo che durasse. I suoi occhi erano dentro i miei.

“Come ti chiami?” chiesi.

“Che diavolo di differenza fa” chiese lei.

Scoppiai a ridere e continuai. Dopo si rivestì e io la accompagnai in macchina al bar, ma era difficile da dimenticare. Non lavoravo e dormii fino alle due del pomeriggio, poi mi alzai e mi misi a leggere il giornale. Ero nella vasca quando lei arrivò con una grossa foglia – un’orecchia di elefante.

“Sapevo che eri nella vasca”, disse lei, “così ti ho portato una cosa per coprirti l’affare, bel nudista.”

Gettò la foglia sopra di me dentro la vasca.

“Come facevi a sapere che ero nella vasca?”

“Lo sapevo.”

Quasi ogni giorno Cass arrivava mentre ero nella vasca. A orari diversi ma raramente sbagliava, con la sua orecchia di elefante. E poi facevamo l’amore.

Una o due notti mi telefonò e dovetti pagare la cauzione per farla uscire di prigione per ubriachezza e rissa.

“Sti figli di puttana”, diceva, “solo perché ti offrono un paio di bicchieri credono di poterti entrare nelle mutande.”

“Dal momento che accetti che ti offrano da bere sei tu che vai in cerca di guai.”

“Ma penso sempre che siano interessati a me, non solo al mio corpo.”

“A me interessate tu e il tuo corpo. Dubito però che la maggior parte degli uomini riesca a vedere oltre il tuo corpo.”

Lasciai la città per sei mesi, vagabondai un po’ in giro, tornai. Non avevo dimenticato Cass, ma avevamo avuto una specie di discussione e mi andava di cambiare aria comunque, e quando tornai mi immaginai che lei se ne fosse andata, ma non ero seduto da neanche mezz’ora al West End Bar ed eccola entrare e sedersi accanto a me.

“Bene, bastardo, vedo che sei tornato.”

Le ordinai da bere. Poi la guardai. Si era messa un abito con il collo alto. Non l’avevo mai vista vestita così. E sotto agli occhi, conficcate, spuntavano due capocchie di vetro. Si vedevano solo le capocchie, ma gli spilli erano conficcati nel viso.

“Dannazione, stai ancora tentando di distruggere la tua bellezza, eh?”

“No, è la moda, scemo.”

“Sei pazza.”

“Mi sei mancato”, disse lei.

“Ti vedi con qualcuno?”

“No, non vedo nessuno. Solo te. Però faccio marchette. Costo dieci dollari. Ma per te è gratis.”

“Togliti quelli spilli.”

“No, è una moda passeggera.”

“Mi rende profondamente infelice.”

“Dici davvero?”

“Cazzo, sì, dico davvero.”

Cass sfilò lentamente gli spilli e li ripose nella borsetta.

“Perché mortifichi la tua bellezza?” chiesi. “Perché non ci convivi?”

“Perché la gente pensa che sia l’unica cosa che ho. La bellezza non vale niente, la bellezza passa. Non sai quanto sei fortunato a essere brutto, perché se piaci alla gente sai per certo che è per qualcos’altro.”

“Okay”, dissi, “sono molto fortunato.”

“Non volevo dire che sei brutto. La gente pensa che tu lo sia. Ma per me hai una faccia molto affascinante.”

“Grazie.”

Bevemmo un altro bicchiere.

“Cosa combini?” chiese lei.

“Niente. Non mi appassiono a nulla. Non ho interessi.”

“Neanch’io. Se eri una donna potevi battere.”

“Non credo che vorrei entrare in contatto così stretto con tanti estranei. È stancante.”

“Hai ragione. È stancante, è tutto stancante.”

Uscimmo dal bar insieme. La gente per strada la fissava ancora. Era sempre una bella donna, forse più bella che mai.

Arrivammo a casa mia e stappammo una bottiglia di vino e chiacchierammo. Tra me e Cass, parlare era naturale. Lei parlava un po’ e io ascoltavo, poi parlavo io. La nostra conversazione andava avanti a ruota libera. Sembrava che insieme scoprissimo dei segreti. Quando ne scoprivamo uno grosso, Cass rideva di quella risata… che solo lei poteva avere. Era come gioia pura schizzata fuori dal fuoco. Mentre parlavamo ci baciavamo e ci avvicinavamo sempre più. Ci scaldammo non male e decidemmo di andare a letto. Fu lì che Cass si tolse il vestito nero a collo alto e la vidi… la brutta cicatrice frastagliata sulla gola. Era grande e spessa.

“Maledizione, donna”, dissi dal letto. “Maledetta, cos’hai fatto?”

“Ho provato con una bottiglia rotta una sera. Non ti piaccio più? Sono sempre bella?”

La spinsi sul letto e la baciai. Mi spinse via e scoppiò a ridere: “Ci sono degli uomini che mi danno i dieci dollari e quando mi spoglio non vogliono farlo. I dieci dollari me li tengo lo stesso. È proprio divertente.”

“Sì”, dissi, “non riesco a smettere di ridere… Cass, puttana, ti amo… piantala di autodistruggerti; sei la femmina più viva che io abbia mai incontrato.”

Ci baciammo ancora. Cass piangeva in silenzio. Sentivo le lacrime. La sua chioma nera poggiava sulle mie spalle come un vessillo di morte. Ci congiungemmo e facemmo l’amore lentamente con malinconia e meraviglia.

La mattina Cass era già alzata e stava preparando la colazione. Sembrava piuttosto tranquilla e felice. Cantava. Rimasi a letto beandomi della sua felicità. Alla fine venne da me e mi scrollò: “In piedi, bastardo! Gettati un po’ d’acqua fredda sulla faccia e sull’uccello e vieni a goderti il banchetto!”

La portai giù alla spiaggia quel giorno. Era un fine settimana e non era ancora estate, quindi era tutto splendidamente deserto. Barboni da spiaggia vestiti di stracci dormivano in zone erbose sulla rena. Altri sedevano sulle panchine di pietra condividendo una bottiglia solitaria. I gabbiani volteggiavano intorno, noncuranti e distratti. Vecchie signore tra i settanta e gli ottanta sedevano su panchine discutendo della vendita di immobili lasciati in eredità da mariti uccisi ormai tanto tempo prima dalla frenesia e dalla stupidità dell’esistenza. Nonostante tutto si respirava una certa pace nell’aria e dopo una passeggiata ci coricammo sull’erba e non parlammo granché. Era già un piacere essere insieme. Comprai due panini, patatine e qualcosa da bere e restammo sulla sabbia a mangiare. Poi abbracciai Cass e dormimmo per quasi un’ora. Era ancora più bello che fare l’amore. C’era energia, senza alcuna tensione. Quando ci svegliammo, tornammo a casa in macchina e cucinai. Dopo cena proposi a Cass di convivere. Aspettò un pezzo, guardandomi, poi molto lentamente disse: “No”. La riportai al bar, le offrii un bicchiere e poi me ne andai. Il giorno dopo trovai lavoro come addetto all’imballaggio in una fabbrica e il resto della settimana evaporò lavorando. Ero sempre troppo stanco per uscire, ma quel venerdì sera andai comunque al West End Bar. Mi sedetti al bancone e aspettai Cass. Passarono ore. Quando ero ormai sullo sbronzo il barista mi disse: “Mi spiace per la tua amica”.

“Cosa vuoi dire?”

“Mi dispiace. Non l’hai saputo?”

“No.”

“Suicidio. L’hanno sepolta ieri.”

“Sepolta?” chiesi. Mi sembrava quasi che dovesse entrare dalla porta da un momento all’altro. Come poteva essere morta?

“Le sorelle le hanno fatto il funerale.”

“Suicidio? Ti spiace dirmi come?”

“Si è tagliata la gola.”

“Capisco. Dammene un altro.”

Continuai a bere fino all’ora di chiusura. Cass, la più bella di cinque sorelle, la donna più bella della città. Riuscii ad arrivare fino a casa in macchina e continuai a pensare: avrei dovuto insistere che rimanesse con me invece di accettare il suo “no”. Ogni cosa di lei mi aveva dimostrato che le interessavo. L’avevo presa troppo sottogamba, forse per pigrizia, me ne ero sbattuto. Mi meritavo la mia morte e la sua. Che cane ero stato. No, perché nominare i cani? Mi alzai e trovai una bottiglia di vino e buttai giù una bella sorsata. Cass, la più bella donna città era morta a vent’anni.

Fuori qualcuno strombazzava con il clacson. Forte e insistente. Appoggiai la bottiglia e urlai:

“Dio ti maledica, brutto figlio di puttana, piantala!”

La notte si insinuava sempre più e non c’era nulla che potessi fare.


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Il Dono dell’Immaginazione

Il Dono dell’Immaginazione

Estratto da Sandra Ingerman, Guida Completa alla Vita Sciamanica, Macro 2022, pp. 161-162, 281

L’immaginazione è la forza che determina il nostro modo di sognare e di creare. Essa è un dono del nostro creatore. Tuttavia, nella cultura moderna ci viene insegnato a smettere di usare l’immaginazione e di sognare. Da piccoli, a molti di noi viene detto: «Esistono solo pochi geni creativi sulla Terra, e tu non sei uno di loro». Ci incoraggiano a seguire le regole, a fare ciò che ci si aspetta da noi quando ci viene detto di farlo, a non brillare troppo, a non distinguerci dagli altri, a non sognare troppo in grande. Se si emerge fra gli altri, si attira un’attenzione indesiderata. Questi sono alcuni dei potenti semi che sono stati piantati nel nostro giardino interiore dalla società e da figure autorevoli: infatti, se attingessimo liberamente al nostro potenziale creativo, chi ci fermerebbe più?

È giunta l’ora di impegnarvi a sognare pienamente il mondo in cui volete vivere per manifestarlo. È una responsabilità che vi compete, e che vi impone di stimolare la vostra capacità di immaginare il risultato finale. Usiamo continuamente la nostra immaginazione per creare la nostra vita. Poiché non mettiamo a fuoco la nostra immaginazione, cosa che invece si insegnava nelle culture tradizionali, stiamo manifestando il sogno di una vita fatta di caos e di molta sofferenza inutile. Dobbiamo educare l’immaginazione a sognare il meglio che la vita ci può offrire, anziché l’incubo che tanti continuano a portare nella realtà con le loro fantasticherie. Nelle culture sciamaniche si dà per scontato che la vita sia solo un sogno. Alcuni sciamani affermano che stiamo sognando il sogno sbagliato.

Diciamo di voler assistere a dei cambiamenti positivi per noi stessi e per il pianeta; ma spesso dimentichiamo che ciascuno di noi ha un ruolo nel crearli. Molti noi scivolano in un ruolo passivo e si aspettano semplicemente che sia una forza esterna a fare il lavoro. Dovete ricordare che per godere del frutto di un albero bisogna prima piantare un seme. Dal seme si sviluppano radici, un tronco e dei rami che recano frutti. Un frutto non appare per miracolo, senza un processo di sviluppo naturale. Siamo tutti responsabili di manifestare cambiamenti positivi nella forma attraverso il sognare. […]

Percepite la bellezza in ogni cosa. Continuate a vivere in uno stato di timore reverenziale e di meraviglia. Sentite l’amore e la riconoscenza e ricordate di ridere di voi stessi. Fate ciò che vi appassiona e seguite e credete sempre nella vostra ispirazione creativa. Ricordate che i vostri antenati collaborano con voi. Essi vi amano, e vi hanno dato i doni e la forza necessari alla vostra sussistenza per consentirvi di avere successo e di mantenervi in salute.

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Il Sogno Collettivo

Il Sogno Collettivo

Estratto da Sandra Ingerman e Hank Wesselman, I Segreti degli Sciamani, Macro 2023, pp. 245-249

In quanto parte della comunità mondiale, i nostri pensieri e le nostre credenze sono elementi di un sogno collettivo. Abbiamo detto che il praticante sciamanico può diventare un maestro del sognare. José Stevens sottolinea che il sogno ha la natura di qualunque sistema energetico, a tutti i livelli di complessità e di consapevolezza:

«Da un punto di vista sciamanico, l’universo materiale in cui viviamo è un sogno collettivo e la vostra storia personale è un sogno individuale localizzato. Lo Spirito [la Fonte Primaria] non ha attaccamento per questi sogni. Potremmo dire che lo Spirito crea i sognatori e partecipa ai loro sogni.

I sognatori sono tutti gli elementi e i costituenti del piano fisico. Ogni elemento costitutivo ha il potere di sognare a livelli diversi di sofisticatezza. Il sogno di una pietra non è elaborato come il sogno di una farfalla, e il sogno di una farfalla è superato per complessità dal sogno di un cane. I sognatori più sofisticati sono gli esseri umani e i cetacei (delfini e balene). Siamo in grado di fare sogni incredibili; purtroppo, a causa di una commistione di amnesia, creatività, libero arbitrio ed egoismo, a volte i nostri sogni si trasformano in incubi.

È come se, nell’atto della creazione, lo Spirito avesse deciso per una politica di non ingerenza. Ha creato i sognatori e ha deciso di rispettare qualunque loro sogno, sapendo ovviamente che alla fine tutti i sognatori si sarebbero risvegliati ed avrebbero riconosciuto il fondamento comune dell’universo: l’amore.

Molte persone che devono affrontare vite particolarmente difficili maledicono lo Spirito, accusandolo di crudeltà. Ma se riflettete, lo Spirito non avrebbe potuto fare in altro modo senza limitare il libero arbitrio. Se non aveste la libertà di creare tutti i sogni che volete, potreste sentirvi delusi e lamentarvi che il sogno è truccato. La via amorevole dello Spirito è la totale libertà di sognare e di scoprire. Questa è una comprensione fondamentale della via sciamanica.

Da un punto di vista sciamanico, quando un grande numero di esseri umani si unisce, i loro sogni collettivi diventano molto potenti. A lungo su questo pianeta i sogni hanno riguardato la sopravvivenza; poi venne un lungo periodo di sogni focalizzati sull’ordine, le leggi, il controllo e la vita comunitaria; poi i grandi sogni di ambizione, potere e ricchezze materiali. Questi sogni si fondano sulla credenza che siamo esseri separati in competizione tra loro e che la forza creatrice dell’universo non esiste, oppure esiste sotto forma di una irata forza punitiva esterna. Oggi questi potentissimi sogni vecchi di secoli sono tutti interconnessi e forniscono una poderosa spinta all’umanità.

Il sogno collettivo ha sviluppato un ego personale, un’identità a sé stante fondata su ciò che è diventato: una lunga storia. Il sogno collettivo del pianeta ha un grande potere e sembra inghiottire tutto sul suo cammino. Nutre i sogni personali di tutte le persone su questo pianeta. Ritiene che il cibo più saporito sia il dramma, soprattutto se pieno di emozioni: rabbia, paura, invidia, gelosia e violenza. Il sogno collettivo non solo banchetta con queste cose, ma esige che tutte queste cose mantengano l’identità che il sogno ricorda. E così il sogno collettivo condiviso dagli uomini continua a provocare sempre nuovi traumi per avere cibo di cui nutrirsi, come una foresta in fiamme che esige famelicamente altri alberi per nutrire il fuoco dell’incendio. Questo sogno rafforza continuamente se stesso a ogni istante attraverso “sempre di più” della stessa cosa.

I sogni personali della maggior parte delle persone sono risucchiati in questo vortice e senza saperlo contribuiamo a questo immenso incubo. A volte sogniamo cose piacevoli come un rapporto amorevole, un lavoro soddisfacente e creazioni di grande bellezza, ma tutte queste cose non stimolano il sogno collettivo storico come fanno invece i traumi più profondi. Quindi, prima o poi, ognuno tende a cadere in questo grande sogno oscuro per venirne apparentemente vittimizzato e schiavizzato. Un maestro sciamano direbbe che gli esseri umani sono diventati pecore o mucche in fila per il macello. I risultati non sono belli.

Essendo un sogno, esso è di natura soggettiva, ma ha un’energia interna e il suo potere proviene da questa energia. Ciò significa che è alimentato letteralmente dai suoi sognatori che credono di non avere altra possibilità che sognare questo incubo collettivo. Invece possiamo scegliere.

Il punto di vista sciamanico è che un nuovo sogno è possibile, ma richiede che un numero sufficiente di sognatori si svegli dall’incubo collettivo e trasformi il proprio sogno. Alcuni sciamani e mistici sono riusciti a risvegliarsi dal sogno collettivo e, in certa misura, sono anche riusciti a svegliare altri influenzando il loro sogno. Ma in genere questi maestri non sono stati ascoltati, perché pochi esseri umani sono abbastanza maturi per capire quello che dicono. Qualcuno li ha seguiti e si è risvegliato dal suo personale contributo all’incubo collettivo, ma quasi tutti hanno incorporato le parole di quei maestri nel normale sogno senza svegliarsi affatto, esattamente come un dormiente può incorporare nel sogno che sta facendo il suono di una sirena che passa per strada.

Molti sciamani nativi credono che oggi, per la prima volta, esista a livello collettivo la possibilità per l’umanità di svegliarsi dal vecchio sogno negativo di massa. Abbiamo la possibilità di creare un nuovo sogno, un sogno che consenta ai sognatori di risvegliarsi all’interno del loro sogno e scoprire che stanno sognando, in modo da assumere il controllo cosciente sul sogno. Il nuovo sogno potrebbe includere tutto ciò che desideriamo di più: cooperazione, condivisione, rapporti amorevoli, coesistenza pacifica, grande creatività che produce grande bellezza e ispirazione, guarigione di massa e coesistenza sostenibile con la Natura».

Hank Wesselman offre le seguenti considerazioni, derivate da molti anni di vita assieme a popolazioni tribali tradizionali:

«Le popolazioni native sanno che ogni creatura ha dei compiti adatti a ciò che è. Solo se questi compiti vengono svolti, e nel modo giusto, l’universo può funzionare in modi che accrescono la vita per tutti. Se uno qualunque fallisce nei suoi compiti, tutti ne soffrono. Ciò significa che ogni pensiero che pensiamo, ogni azione che facciamo, ogni parola che diciamo, ogni rapporto che viviamo e ogni emozione che proviamo contribuisce a un benessere maggiore o a una maggiore sofferenza.

In quanto maestri del sogno, i praticanti della via sciamanica hanno una straordinaria responsabilità. Se guardiamo le condizioni del mondo moderno, delle nostre società, comunità e famiglie, è evidente che è venuto il momento di sognare bene per contribuire al bene del tutto. Se lavoriamo assieme, possiamo trasformare il mondo».

Anche Sandra Ingerman sottolinea il nostro incredibile potenziale per creare cambiamenti nelle nostre comunità locali e nella comunità globale. In un suo viaggio sciamanico ricevette il seguente messaggio:

«In futuro le storie che i genitori racconteranno ai bambini non riguarderanno più un eroe o un’eroina che salva il mondo. Parleranno di come comunità di persone si siano unite per produrre cambiamenti positivi per il mondo».

Iniziando a viaggiare sciamanicamente assieme e a condividere i nostri talenti, le nostre capacità e i messaggi che riceviamo, creiamo un’energia collettiva che col tempo porterà cambiamenti positivi e guarigione per il pianeta.

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L’Arca di Gabriele, l’Incidente a La Mecca e l’Antartide

L’Arca di Gabriele e i Segreti dell’Antartide

Estratto dal libro omonimo di Nicola Bizzi, Aurora Boreale 2023

Scoperta nella seconda metà del XVIII secolo, l’Antartide è stata esplorata solo a partire dalla metà dell’800, ed è ancora oggi lontana dal fornirci un completo prospetto del suo territorio. In base al Trattato Antartico del 1959, firmato ad oggi da 46 paesi, il continente di ghiaccio non appartiene politicamente ad alcuna nazione, può essere utilizzato esclusivamente per scopi pacifici (come la ricerca scientifica) e vi sono vietate le attività di sfruttamento economico e di tipo militare. Il Trattato sospende inoltre tutte le precedenti rivendicazioni territoriali – esposte da Argentina, Australia, Cile, Francia, Nuova Zelanda, Norvegia e Regno Unito – le quali interessavano l’intero territorio ad eccezione dello spicchio compreso tra i meridiani 90° W e 150° W.

L’Antartide è nota agli indagatori dell’ignoto per la presenza su di essa, dagli anni ‘30 fino alla conclusione della II Guerra Mondiale, di imponenti basi militari e di installazioni sotterranee realizzate dalla Germania di Hitler; e per la controversa Operazione Highjump (ufficialmente The United States Navy Antarctic Developments Program 1946-47), un’azione di guerra guidata dal contrammiraglio Richard Evelyn Byrd e dal vice-ammiraglio Richard Cruzen finalizzata all’espugnazione delle basi militari tedesche ancora pienamente operative a distanza di oltre un anno dalla fine del conflitto.

L’operazione ebbe inizio il 26 Agosto 1946 e continuò sino al 1947, impiegando 4.700 uomini, 13 navi e diversi aerei. Potremmo poi parlare a lungo delle esplorazioni condotte in Antartide dallo stesso Contrammiraglio Byrd e delle rivelazioni di quest’ultimo, addirittura in interviste televisive, dell’esistenza nel Sesto Continente di immense aree verdi dal clima temperato e dei suoi incontri con una razza aliena altamente civilizzata stanziata nelle profondità del sottosuolo, messi nero su bianco nei suoi diari. Nel 1947 Byrd compì un volo esplorativo al Polo Sud che ancora oggi non manca di suscitare una serie di domande. Spintosi 1.700 miglia “oltre” il Polo geografico, cominciò a notare una trasformazione radicale dell’ambiente sorvolato che lo lasciò stupefatto. L’ammiraglio raccontò di essersi addentrato nei cieli di un territorio verdeggiante, un ambiente totalmente diverso da quello ghiacciato e inospitale che si sarebbe aspettato. A terra era possibile osservare una vegetazione lussureggiante e rigogliosa tipica di territori con temperature medie molto superiori a quelle che caratterizzano il rigido clima polare. Le osservazioni dell’ammiraglio non si limitarono alla sola flora: nel diario di bordo annotò di aver osservato un animale dalla stazza notevole, simile ai mammut dell’età preistorica, che si muoveva nella vegetazione sottostante:

«Devo scrivere questo diario di nascosto e in assoluta segretezza. Riguarda il mio volo antartico del 19 Febbraio dell’anno 1947. Verrà un tempo in cui la razionalità degli uomini dovrà dissolversi nel nulla e si dovrà allora accettare l’ineluttabilità della Verità. Io non ho la libertà di diffondere la documentazione che segue, forse non vedrà mai la luce, ma devo comunque fare il mio dovere e riportarla qui con la speranza che un giorno tutti possano leggerla, in un mondo in cui l’egoismo e l’avidità di certi uomini non potranno più sopprimere la Verità. […] Distese di ghiaccio e neve sotto di noi, notate delle colorazioni giallognole con disegni lineari. Alterata la crociera per un migliore esame di queste configurazioni colorate, notate anche colorazioni violacee e rossastre. […] Sia la bussola magnetica che la girobussola cominciano a ruotare e ad oscillare, non ci è possibile mantenere la nostra rotta con la strumentazione. Rileviamo la direzione con la bussola solare, tutto sembra ancora a posto. I controlli sembrano lenti nel rispondere e nel funzionare, ma non c’è indicazione di congelamento. […] 29 minuti di volo trascorsi dal primo avvistamento dei monti, non si tratta di un’allucinazione. È una piccola catena di montagne che non avevamo mai visto prima. […] Oltre le montagne vi è ciò che sembra essere una vallata con un piccolo fiume o ruscello che scorre verso la parte centrale. Non dovrebbe esserci nessuna valle verde qua sotto! C’è qualcosa di decisamente strano e anormale qui! Dovremmo sorvolare solo ghiaccio e neve! Sulla sinistra ci sono grandi foreste sui fianchi dei monti. I nostri strumenti di navigazione girano ancora come impazziti. […] Altero l’altitudine a 1400 piedi ed eseguo una sterra virata completa a sinistra per esaminare meglio la valle sottostante. È verde con muschio ed erba molto fitta. La luce qui sembra diversa. Non riesco più a vedere il Sole. Facciamo un altro giro a sinistra e avvistiamo ciò che sembra essere un qualche tipo di grosso animale. Assomiglia ad un elefante! No! Sembra essere un mammut! È incredibile! Eppure è così! Scendiamo a quota 1000 piedi ed uso un binocolo per esaminare meglio l’animale. È confermato, si tratta di un animale simile al mammut. […] Incontriamo altre colline verdi. L’indicatore della temperatura esterna riporta 24° C. Ora proseguiamo sulla nostra rotta. Gli strumenti di bordo sembrano normali adesso. Sono perplesso circa le loro reazioni. Tento di contattare il campo base. La radio non funziona. […] Il paesaggio circostante sembra livellato e normale. Avanti a noi avvistiamo ciò che sembra essere una città! È impossibile! L’aereo sembra leggero e stranamente galleggiante. I controlli si rifiutano di rispondere! Alla nostra destra e alla nostra sinistra ci sono apparecchi di uno strano tipo. Si avvicinano e qualcosa irradia da essi. Ora sono abbastanza vicini per vedere i loro stemmi. È uno strano simbolo. Dove siamo? Cosa è successo? Ancora una volta tiro decisamente i comandi. Non rispondono! Siamo tenuti saldamente da una sorta di invisibile morsa d’acciaio».

Tornando ai nostri tempi, da svariati anni si susseguono, prevalentemente su Internet, notizie – non sempre verificabili – della scoperta o dell’avvistamento in Antartide di antiche rovine, tratti di mura megalitiche, antiche strutture di fattura chiaramente artificiale e addirittura piramidi. Esiste a riguardo un vastissimo repertorio di fotografie e immagini satellitari, benché non vi siano state delle conferme ufficiali da parte dell’establishment archeologico, chiaramente restio ad accettare l’idea della passata esistenza di una civiltà preistorica sconosciuta nel continente tutt’oggi meno accessibile della Terra.

L’idea che il continente antartico, anticamente privo della coltre di ghiacci che oggi lo sovrasta, possa essere stato in un remoto passato la sede di una civiltà avanzata al punto di aver eseguito una dettagliata mappatura dell’intero pianeta, avvalendosi di avanzate conoscenze astronomiche e padroneggiando i mari con le proprie flotte, si era fatta strada già nella prima metà del ‘900 con gli esami condotti su diversi portolani del XV e XVI secolo – ricavati da mappe più antiche – che mostravano l’esistenza di un continente ancora da scoprire al polo sud di cui più tardi sarebbe stata rilevata la corrispondenza con il profilo dell’Antartide libera dai ghiacci. Tali stranezze si connettono con un particolare evento occorso pochi anni fa in Arabia Saudita.

Fonti variegate che tuttavia concordano nei dettagli, riportano che fra l’11 e il 12 Settembre 2015, nel corso di uno scavo nei sotterranei della Grande Moschea della Mecca, un gruppo di operai avrebbe riportato alla luce un antico manufatto, identificato come l’“Arca di Gabriele”, risalente al tempo del profeta Maometto. Nel tentativo di rimuovere l’“Arca” dalla propria collocazione, ben 15 operai coinvolti nell’operazione sarebbero morti folgorati da una imprecisata “energia”, a quanto pare una forte scarica di plasma, improvvisamente emanatasi dal manufatto. L’esplosione sarebbe stata così violenta da uccidere anche 107 ignari pellegrini che si trovavano al piano superiore, all’interno del complesso dell’edificio sacro. Si tratta di vittime reali, di cui parlarono all’epoca tutti i telegiornali, benché le autorità saudite si trovarono costrette ad attribuire l’incidente a cause accidentali. La versione ufficiale, diramata alla stampa e alle televisioni, fu quindi che un incidente cantieristico nel sottosuolo della Moschea avrebbe scatenato il panico in superficie, provocando un fuggi-fuggi culminato nella carneficina. Ciononostante il giorno successivo molti giornali diffusero le fotografie di insoliti fulmini rossi e violacei che si erano scatenati nel cielo sopra la Grande Moschea al momento dell’incidente, cielo che fino a pochi istanti prima era assolutamente terso e senza nuvole.

Un secondo tentativo di rimuovere questo misterioso “dispositivo” sarebbe stato messo in atto il 24 Settembre successivo, scatenando stavolta un incidente ancora più grave: secondo alcune fonti, un’altra violenta scarica di plasma avrebbe provocato ben 4.000 vittime, una parte delle quali morte all’istante, come fulminate, e le altre rimaste schiacciate dalla folla terrorizzata e in preda al panico. Di nuovo le autorità saudite attribuirono l’incidente alla fuga precipitosa di una folla di pellegrini spaventati e senza controllo. Cosa li avesse spaventati, i comunicati non lo specificano.

Una volta resisi conto della situazione e compresa la vera natura e pericolosità, del “manufatto”, i Sauditi, consci soprattutto della loro impossibilità di gestire o controllare un simile oggetto di potere, decisero di rivolgersi segretamente ai Russi. Ma, si badi bene, non solo alle autorità politiche della Federazione Russa, ma anche alla Chiesa Ortodossa e alla sua massima autorità, il Patriarca Kirill.

Secondo quanto è trapelato, il Patriarca Kirill sarebbe stato contattato direttamente dagli emissari della suprema autorità religiosa che custodisce e amministra i luoghi santi della Mecca, poiché soltanto lui avrebbe avuto, come spiegherò, le informazioni necessarie per mettere in sicurezza l’“Arca di Gabriele”, un “oggetto di potere” non umano che secondo la Tradizione Islamica il Profeta Maometto avrebbe ricevuto direttamente dall’Arcangelo Gabriele, lo stesso che aveva diretto la punizione divina contro Sodoma e che viene tipicamente rappresentato come l’“Angelo della Morte” o l’“Angelo del Fuoco”.

Nella Tradizione Islamica, Gabriele è il tramite attraverso cui Allah rivela a Maometto il Sacro Corano, in una grotta della Jabal Al-Nour (letteralmente “Montagna di Luce”), una collina rocciosa di 642 metri che si erge nei pressi della Mecca. Nella medesima grotta, chiamata “Hira”, Gabriele avrebbe inoltre affidato alle cure di Maometto anche un’“arca” di immenso potere, vietandone l’uso e incaricandolo di seppellirla in un santuario presso il “Luogo di culto utilizzato dagli Angeli prima della creazione dell’uomo”, in attesa del “Giorno della Risurrezione”. L’Arcangelo avrebbe infine lasciato a Maometto delle particolari “istruzioni” per la gestione dell’Arca, trascritte in seguito in un manoscritto islamico noto come Istruzioni di Gabriele a Maometto.

Tale manoscritto risultava conservato fino al 1204 nella Basilica di Santa Sofia a Costantinopoli, finché quell’anno sarebbe stato messo in salvo dai monaci durante il saccheggio della stessa Basilica da parte dei Veneziani nel contesto della Quarta Crociata e segretamente trasportato in Russia, dove sarebbe stato custodito fino ad oggi dalla Chiesa Ortodossa. Ciò spiegherebbe perché le autorità saudite si siano affrettate a contattare il Patriarca Kirill, il solo al mondo che detenesse le “istruzioni” per mettere in sicurezza l’“Arca”.

Da molti storici e ricercatori è stato ipotizzato che l’“Arca di Gabriele” fosse una sorta di “gemella” dell’“Arca dell’Alleanza”, che come sappiamo era custodita nel Sancta Sanctorum del Tempio di Gerusalemme.

Anche all’“Arca dell’Alleanza” sono stati attribuiti incredibili poteri, tra cui quello di scatenare potenti forme di energia capaci di uccidere all’istante chiunque osasse toccarla o manometterla senza adottare delle specifiche precauzioni. Stando all’Antico Testamento, nell’antichità solo i Leviti avevano facoltà di toccarla e di trasportarla.

Tali analogie tra l’Arca di Gabriele e l’Arca dell’Alleanza, soprattutto alla luce degli inquietanti episodi verificatisi alla Mecca nel 2015, trovano storicamente un’importante conferma nella testimonianza dello storico romano Ammiano Marcellino. Nelle Rerum Gestarum (lib. XXIII, 1) Marcellino testimonia che durante il principato dell’imperatore Giuliano (361-363 d.C.), quest’ultimo permise agli Ebrei di ricostruire il Tempio di Gerusalemme che era stato incendiato nel 70 d.C. dalle legioni guidate da Tito. L’Imperatore intendeva garantirsi il sostegno del potente clero di Gerusalemme per coprirsi le spalle nel momento in cui stava preparando quella spedizione militare contro i Parti che gli sarebbe risultata fatale. I lavori per la riedificazione del Tempio, guidati dal sovrintendente Alipio, furono più volte interrotti e ripresi (fino alla sospensione definitiva) a causa della misteriosa comparsa di “sfere di fuoco” che, sprigionatesi dalle fondamenta dell’edificio, devastarono il cantiere provocando il ferimento di molti operai:

«In quell’anno [il 363 d.C.], sebbene Giuliano, considerando con attenzione differenti questioni, si occupasse con notevole zelo dei preparativi della spedizione [contro i Parti], tuttavia affidando la gloria sua e dell’Impero alla realizzazione di grandi imprese, progettava di ricostruire il Tempio di Gerusalemme. L’edificio era stato un tempo magnifico e, dopo numerose e cruente battaglie, era stato assediato da Vespasiano ed espugnato da Tito. Giuliano pensava dunque di riedificarlo con ingenti spese, affidando il compito ad Alipío di Antiochia, che era stato suo sotto governatore in Britannia. Perciò, mentre Alipio si adoperava nella costruzione con l’ausilio del governatore della provincia, dei globi di fuoco, quasi erompendo dalle fondamenta, con frequenti assalti impedirono agli operai, molti dei quali furono ustionati, di accedere al luogo ed in questo modo, a causa delle fiamme che tenevano lontano gli operai, il lavoro cominciato venne interrotto».

Tale episodio potrebbe provare che l’Arca, ancora al tempo di Giuliano, si trovasse nascosta e ben protetta nei sotterranei del Tempio, distrutto nel 70 d.C. dalle legioni romane. Guarda caso, proprio nel luogo in cui, secoli più tardi, i Templari avrebbero condotto i loro misteriosi scavi archeologici, probabilmente trovandola e mettendola in sicurezza, dapprima nel Tempio di Parigi e più tardi in un luogo segreto del Nuovo Continente (probabilmente nel “Pozzo di Oak Island”, dopo l’imbarco a La Rochelle per sfuggire agli sgherri di Filippo il Bello).

Tornando alle incredibili vicende del 2015, quando il Presidente Vladimir Putin fu informato della situazione (il 27 Settembre, appena tre giorni dopo il secondo “incidente”), questi si accordò immediatamente con le autorità saudite, ordinando ai suoi uomini di pianificare quella che molto probabilmente è stata la spedizione navale più assurda che la storia recente ricordi. Putin avrebbe così salvato l’Arabia Saudita da una situazione e da una minaccia che essa non era in grado di gestire o di controllare da sola, ottenendo in cambio una notevole contropartita: un tacito via libera per l’operazione militare russa in Siria in difesa del Presidente Bashar Al Assad e un’immediata interruzione dei finanziamenti wahabiti alle formazioni terroristiche che stavano mettendo a ferro e fuoco il paese mediorientale. Tre giorni più tardi, il 30 Settembre 2015, le forze aeree iniziarono così a bombardare pesantemente i terroristi dell’Isis e le altre formazioni islamiche antigovernative. E alcuni satelliti militari furono appositamente messi in orbita per garantire la sicurezza della spedizione navale che i Russi stavano allestendo.

Pochi giorni dopo una nave russa attrezzata per le ricerche oceanografiche, la Admiral Vladimirski, ormeggiò nel porto saudita di Gedda, non distante dalla Mecca, con a bordo un insolito e variegato equipaggio, composto da funzionari politici e diplomatici, militari, tecnici, scienziati ed alti esponenti del clero ortodosso, fra cui lo stesso Patriarca Kirill. Seguendo minuziosamente le istruzioni del Patriarca, i tecnici, gli scienziati e i militari russi, coadiuvati dai Sauditi, sarebbero riusciti a mettere in sicurezza l’Arca di Gabriele, a rimuoverla dal sotterraneo della Grande Moschea della Mecca e a trasportarla fino al porto di Gedda. Lì giunta, sarebbe stata infine caricata sulla Admiral Vladimirski. La nave sarebbe poi ripartita da Gedda l’8 Dicembre del 2015, diretta verso l’Antartide, scortata da una potente flotta militare capitanata dall’incrociatore lanciamissili Varyag e dalla nave da battaglia Bystry. Poche settimane più tardi, lo stesso Patriarca Kirill si è fatto fotografare tra i pinguini in Antartide. Il motivo diramato della sua presenza al polo sud riguardava la benedizione di una chiesetta ortodossa costruita per il personale delle basi scientifiche russe.

Secondo ulteriori indiscrezioni, in Antartide, in un’area controllata dalle forze armate russe (anche se ufficialmente adibita a sole ricerche scientifiche), sarebbe poi stato condotto un antico rituale sotto la guida del Patriarca Kirill e del Custode dei Luoghi Santi della Mecca, mediante l’utilizzo delle Istruzioni di Gabriele a Maometto e di un altro manoscritto appositamente consegnato a Kirill il 12 Febbraio da Papa Francesco durante il loro incontro all’Avana, a Cuba. Un incontro storico, in cui le massime autorità della Chiesa Cattolica Romana e di quella Ortodossa Russa si sono trovate faccia a faccia dopo quasi mille anni.

Curiosamente, il giorno precedente all’incontro fra Francesco e Kirill, un fulmine molto simile a quelli scatenatisi sulla Mecca, aveva colpito la sommità della cupola della Basilica di San Pietro a Roma! Esattamente com’era successo l’11 Febbraio del 2013, giorno rinuncia di papa Benedetto XVI.

Quanto al manoscritto consegnato a Kirill da Francesco, si tratterebbe di un testo mai divulgato la cui redazione viene attribuita ai cosiddetti “Vigilanti” di cui fa menzione il più noto Libro di Enoch.

Il complesso rituale si sarebbe svolto il 17 Febbraio 2016 nella chiesa ortodossa russa della Santissima Trinità, l’unica chiesa presente in Antartide. Subito dopo, il “misterioso artefatto” sarebbe stato trasportato in profondità da un’unità di forze speciali.

Trascorsi alcuni mesi, l’11 Novembre 2016 il Segretario di Stato americano John Kerry è volato a sua volta in Antartide, dove ha preso parte ad una discussione per la firma di un nuovo trattato intergovernativo, in base al quale le visite private in Antartide sarebbero state chiuse per i successivi 35 anni. Nell’occasione, Kerry si sarebbe recato in sopralluogo presso un’area dell’Antartide dove da tempo era in corso lo scavo di un enorme complesso urbano riconducibile a una civiltà preistorica precedente l’arrivo dei ghiacci (12.600 a.C.).


AntarcticLand e il Sovrano Ordine dei Cavalieri di Ghiaccio

Nel XVI secolo Malta divenne il reame indipendente dei Cavalieri Ospitalieri, donato di comune accordo da papa Clemente VII e dall’imperatore Carlo V d’Asburgo.

Quando le truppe napoleoniche conquistarono l’isola (1798), i cavalieri dovettero rifugiarsi presso regnanti e nobili amici. Il nucleo principale si spostò in Russia, dove lo zar Paolo I ottenne la carica di Gran Maestro. Altri gruppi ripararono a Roma, protetti da papa Pio VII, e in Inghilterra, sotto la tutela di re Giorgio III Hannover. Alla morte di Paolo I, nel 1801, la nomina del Gran Maestro venne affidata al papa, che assegnò la carica a Fra’ Bartolomeo Ruspoli, predecessore di Fra’ Giovanni Battista Tommasi.

I rapporti tra Russia e Ospitalieri iniziarono già nel 1697, quando lo zar Pietro il Grande inviò una delegazione a Malta guidata dal maresciallo Boris Sheremetev, avente lo scopo di osservare l’addestramento e le abilità dei Cavalieri e della loro flotta. Sheremetev stabilì con essi relazioni diplomatiche e venne investito del titolo onorifico di “Cavaliere della Devozione dell’Ordine”.

Lo zar Paolo I morì assassinato in una congiura di corte nel 1801. Il timore di nuovi attentati si impadronì da subito del nuovo zar Alessandro I, figlio ed erede di Paolo. Nel 1818 gli ufficiali della Guardia Imperiale organizzarono il rapimento del sovrano in occasione del Congresso di Aix-la-Chapelle, ma per sua fortuna la cospirazione fu soffocata nel sangue da un manipolo di Ospitalieri. Ancor più preoccupato per la propria incolumità, Alessandro patrocinò la costituzione di un commando speciale segreto all’interno dei Cavalieri di Malta affinché si occupasse della sua protezione. Il nuovo corpo assunse il nome di “Ordine dei Cavalieri di Ghiaccio” e la sua luogotenenza venne affidata all’ammiraglio della flotta imperiale, Fabian Gottlieb Benjamin von Bellingshausen (1778-1852), in ricompensa dei servizi resi.

Bellingshausen era nato nel maniero Lahhentagge, Saaremaa, Governatorato di Livonia, oggi parrocchia di Salme nella contea di Saare, in Estonia. Si arruolò come cadetto nella Marina imperiale russa all’età di dieci anni. Laureato ad appena 18 anni all’Accademia Navale di Kronstadt, Bellingshausen guadagnò rapidamente il grado di capitano. Alessandro lo nominò “Gran Maestro dei Cavalieri di Ghiaccio”, chiedendo a lui e ai suoi uomini il voto del segreto. Non è chiaro se Bellingshausen fosse già stato un ospitaliere o se avesse ricevuto l’investitura in quel momento. Non sappiamo neppure se avesse avuto un ruolo nella difesa di Alessandro durante la cospirazione. Possiamo però ragionare in merito. Secondo logica militare, l’esistenza stessa di un corpo d’élite è vincolata al carisma del suo comandante, il quale si premunisce di accostare a sé un successore negli ultimi anni del suo servizio, così che i sottoposti riconoscano nel secondo la naturale prosecuzione del primo. Un cambio al vertice imposto dall’esterno, anche se si fosse trattato di un sovrano, sarebbe stato visto come abuso di ufficio, un gesto arrogante che avrebbe suscitato l’astio dell’intera squadra. Trattandosi in questo caso di un corpo di protezione, il sovrano suddetto avrebbe reso seriamente precaria la propria sicurezza. Perciò è molto improbabile che l’impaurito Alessandro avesse commesso una simile imprudenza. Di conseguenza Bellingshausen doveva già essere una figura di rilievo all’interno dell’ordine ospitaliero.

Nel 1819 lo Zar autorizzò una spedizione nei mari del Sud alla ricerca di quella Terra Australis che compariva in numerosi portolani. L’ammiraglio Bellingshausen era a bordo della Vostok, una corvetta di 600 tonnellate e 117 uomini di equipaggio. Ad affiancarlo c’era la Mirnyj, un vascello da trasporto di 530 tonnellate con a bordo 72 uomini, governato da Michail Petrovič Lazarev. Lo Zar avrebbe inoltre rinunciato ai nuovi territori lasciandone il possesso ai Cavalieri che gli avevano salvato la vita.

Nella terza settimana di luglio salparono alla volta di Portsmouth, sulla costa meridionale dell’Inghilterra. Bellingshausen si incontrò a Londra con il presidente della Royal Society, Sir Joseph Banks, che 50 anni prima aveva navigato insieme a James Cook. Banks fornì alla spedizione libri e cartine per la navigazione.

La Royal Society è quella fratellanza di pensatori che nel XVII secolo aveva creato la moderna massoneria, aprendo le Logge dei Costruttori (create dai monaci benedettini nel VI secolo – assorbendo i collegia romani – e laiche almeno dal XV) anche agli intellettuali non legati all’arte muratoria. Tra questi in particolare rientravano i Rosa+Croce fuggiti da Praga durante la guerra dei 30 anni.

All’inizio del XIX secolo i sovrani inglesi della casata di Hannover (come il succitato Giorgio III) sostennero generosamente un nuovo rito massonico noto come “Stretta Osservanza”, fondato nel 1756 dal barone tedesco Karl Gottlieb von Hund. Il rito ripristinava il carattere cristiano della Loggia e introduceva nuove cerimonie appartenute agli ordini crociati, come i Templari o gli stessi Ospitalieri.

Negli anni di Caterina II (r. 1762-1796, madre di Paolo I) la flotta russa era comandata dal principe Federico Guglielmo di Nassau-Weilburg, figlio maggiore del principe Carlo Cristiano di Nassau-Weilburg e della Principessa Carolina d’Orange-Nassau. Federico Guglielmo era imparentato con la Casa Regnante Inglese (i soliti Hannover) e sarebbe stato il trisnonno dell’arciduca Francesco Ferdinando, il cui assassinio avrebbe fatto da miccia per la prima guerra mondiale. Potremmo supporre che anche Federico Guglielmo fosse stato un cavaliere ospitaliero, come il suo successore Bellingshausen.

La comunanza del carattere cristiano, la vicinanza alla Royal Society e l’onnipresenza degli Hannover, ci fanno sospettare che i Cavalieri Ospitalieri e la Massoneria di Stretta Osservanza lavorassero di fatto come un corpo unico.

Altro dato interessante è la creazione di un protettorato gesuita sui Cavalieri di Malta negli anni che vanno dal 1798 al 1814. Fondati nel 1534 dal sacerdote basco (sospetto alumbrado) Ignazio di Loyola, già alla fine del secolo furono incaricati di strutturare i servizi segreti vaticani da papa Clemente VIII (r. 1592-1605).

All’inizio del XVIII secolo i Gesuiti erano potenti a tal punto che la loro “attività” aveva messo in subbuglio mezza Europa. Per questo motivo, attorno alla metà dello stesso secolo, furono letteralmente espulsi da Portogallo, Francia, Spagna e Malta. L’Ordine fu addirittura soppresso da papa Clemente XIV nel 1773: la Compagnia sopravvisse però in Russia, dove la zarina Caterina II rifiutò l’exequatur al decreto papale.

Tra il 1798 e il 1814 troviamo quindi insieme i Cavalieri Ospitalieri e i Gesuiti nella Russia di Paolo I e Alessandro I. In quegli anni l’Ordine dei Gesuiti venne riformato, tanto da far ipotizzare un cambiamento di “padrone”. I Cavalieri di Malta, che nel 1768 avevano espulso i Gesuiti dalla loro isola, in Russia accettarono di porsi al loro servizio. Nel 1814, in concomitanza al Congresso di Vienna (Restaurazione), l’Ordine dei Gesuiti fu ricostituito ufficialmente da papa Pio VII, lo stesso papa che aveva accolto gli Ospitalieri a Roma.

Torniamo però ai Cavalieri di Ghiaccio. Nel 1820 la spedizione dell’ammiraglio Gottlieb von Bellingshausen scoprì l’Antartide; l’anno successivo Gottlieb cambiò il nome dell’Ordine dei Cavalieri di Ghiaccio in “Sovrano Ordine dei Cavalieri di AntarcticLand”, votando i suoi uomini alla difesa del nuovo continente. Le nuove terre appartenevano allo Zar, che tuttavia ne fece dono ai cavalieri, lasciando loro la completa indipendenza dalla Russia (da cui il titolo di ordine “sovrano”). Il nome AntarcticLand è stato ufficializzato nel 2007 nell’ambito della rifondazione e modernizzazione dello Stato.[1]

Al ritorno della spedizione, per volere dello stesso Zar non venne dato gran risalto alla scoperta. Non si sa bene in quale modo, e in totale segreto, il Sovrano Ordine riuscì a mantenere il controllo su una vasta porzione del Continente per oltre due secoli (dal 1820 ad oggi), influenzando le potenze mondiali in modo tale da non far loro occupare o reclamare il territorio che si estende dal Polo Sud ai 60° S di latitudine, compreso tra le longitudini 90° W e 135° W.

Non esiste infatti altra spiegazione al fatto che questo territorio, esteso poco meno di Portogallo, Spagna, Francia, Italia e Svizzera messi insieme, non sia mai stato reclamato da quelle potenze che negli ultimi due secoli hanno avanzato pretese formali sull’Antartico.

Considerato il nuovo contesto mondiale, l’anacronismo di una società segreta e la necessita di difendere la Sovranità del territorio rimasto sotto il controllo dell’Ordine, i Cavalieri sono stati sciolti dal voto del segreto; l’Ordine ha attualizzato il proprio nome in “Sovrano Ordine dei Cavalieri di AntarcticLand” e nel 2007 il territorio è stato ufficialmente reclamato come Nazione, con il nome di AntarcticLand, dal  42° Gran Maestro dell’Ordine, Giovanni Caporaso Gottlieb, attraverso un atto di richiesta di riconoscimento e di rivendicazione ufficiale del proprio territorio, notificato alle Nazioni Unite attraverso la Corte Suprema di New York.

La notifica è stata effettuata in base alla legge jus gentium e al diritto di autodeterminazione dei popoli riconosciuto dalla Magna Carta delle Nazioni Unite e da altri strumenti regionali e internazionali. Tra queste: la Dichiarazione dei Principi di Legge Internazionale sulle Relazioni Amichevoli e Cooperazione tra gli Stati adottata dall’Assemblea Generale delle NU nel 1970; l’Helsinky Final Act adottato dalla Conferenza sulla Sicurezza e Cooperazione in Europa (CSCE) del 1975; l’African Charter of Human and Peoples’ Rights del 1981; la CSCE Charter of Paris per la Nuova Europa adottata nel 1990; la Dichiarazione di Vienna – Programma d’Azione del 1993[2].


[1] Link al sito governativo: https://antarcticlands.org/antarcticland/

[2] Riaffermata dalla Corte Internazionale di Giustizia in Namibia (caso del Sahara Occidentale) e a Timor Est (per cui il diritto è stato riconosciuto erga omnes).

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Il Tesoro di Ezzelino da Romano

I Da Romano erano i discendenti dell’ecista Arpis, figlio di Alceo, nobile quest’ultimo di sangue faraonico che aveva maritato la figlia del vescovo gnostico Ulpiano, uno dei convenuti al Concilio di Nicea (325 d.C.). Recependo l’incarico del vescovo Frediano, successore di Ulpiano, nel 383 d.C. Arpis aveva guidato una parte della comunità cristiano-gnostica dall’Egitto alla Venetia via mare per scampare alle persecuzioni del vescovo canonico alessandrino Timoteo.

Stabilitisi sui Colli Iberici, nel territorio dell’attuale comune di Castagnero, nel 569 d.C. i discendenti dei migranti egizi dovettero spostarsi nuovamente in risposta alle sempre più frequenti razzie dei Longobardi, trovando riparo sulle colline ai piedi del Monte Grappa, dove posero le fondamenta del villaggio di Romano.[1]

Nel 917, il nuovo capo della comunità, Arpo, discendente di Arpis, guidò l’edificazione del Castello di Romano, in testa ad uno dei colli occupati dai suoi correligionari (dove si trova oggi la “torre ezzelina”, che è in realtà il campanile della vecchia chiesa parrocchiale di Romano, ma le cui fondamenta sono in effetti quelle del maschio del castello). Nel 1035, un pronipote di Arpo, Ecelo (o Ezzelo), ottenne l’investitura feudale (come “Signore” di Onara e di Romano) dall’imperatore Corrado II il Salico, col quale aveva combattuto nella conquista della Svizzera occidentale, della Savoia, del Delfinato e della Provenza. Con Ezzelo ebbe inizio la dinastia degli Ezzelini.

Con Ezzelino III “il Tiranno” (1194 – 1259, r. dal 1223) i possedimenti degli Ezzelini raggiunsero la loro massima estensione, comprendendo approssimativamente le attuali province di Treviso, Belluno, Trento, Vicenza, Padova, Rovigo, Verona e Brescia.


In calce ad un rogito di Andrea Zolinato, notaio pubblico di autorità imperiale attivo a Bassano dal 1491 al 1543, è stata rinvenuta la seguente strofa in endecasillabi:

Ecelini castrum triaedri vertix Il castello di Ezzelino è il vertice di un triedro
est ut thesaurus eius inveniatur ciò significa trovare il suo tesoro
E verbis nova verba Dalle parole nuove parole
Villarum nomina recompone Ricomponi i nomi dei villaggi

Il Triedro è appunto un simbolo delle comunità gnostiche. Nel Triedro possiamo scorgere il “Cristo uomo”, il triangolo iscritto in basso, compreso nella Trinità divina formata da Padre, Cristo Dio e Spirito Santo (i tre triangoli maggiori). Lo stesso cognome “Zolinato” potrebbe mascherare una contrazione di “Ezzelinato”, ovvero “Piccolo Ezzelino”.[2]

Simbolo del Triedro; si noti come tutti gli angoli assumano valori corrispondenti a numeri sacri del ciclo astronomico di precessione. Cfr. G. De Santillana & H. Von Dechend, Il Mulino di Amleto, Adelphi 2003.

Ne dedurremo che Ezzelino III “il Tiranno”, prevenendo la propria morte, avesse criptato la localizzazione del suo immenso tesoro (che si diceva paragonabile alle ricchezze di un sultano orientale) proprio all’interno di un triedro.

Mantenendo le proporzioni del modello originale, è possibile adattare la scala del triedro alla geografia della Marca Trevigiana, ottenendo le seguenti corrispondenze:

Incrocio n.1: Cappella della Madonna del Buon Consiglio, in Valle Felicita (oggi Valle Santa Felicita, a Romano d’Ezzelino -VI-);
Incrocio n.2: Chiesa di San Sebastiano a Lugo (oggi Chiesa di San Pietro a Lugo di Vicenza, frazione Mare, da “Mare”, dèa della natura e della fertilità del popolo veneto, meglio nota come “Reitia”, in origine “Mareitia”);
Incrocio n.3: Villa Chiericati Milan a Sovella (oggi loc. Soella, nel territorio di Ancignano, frazione di Sandrigo -VI-);
Incrocio n.4: Villa Chiericati Cabianca Lambert a Longa (frazione di Schiavon -VI-, oggi Villa Nakamura, Fondazione Showa);
Incrocio n.5: Castellaro di Friola (mulino fortificato in Friola Vecchia, oggi Molino Rossetto nel territorio di Pozzoleone -VI-);
Incrocio n.6 (Vertice): Chiesa dei SS. Giacomo e Filippo a Pianicie (oggi Pianezze -VI-);

Applicando il consiglio della strofa suddetta, come anagramma degli incroci (Felicita, Lugo, Sovella, Longa, Friola, Pianice), otteniamo il seguente messaggio:

«Ecelino ga vesto un fillio a Galpia friollica», ovvero «Ezzelino ha avuto un figlio da Galpia abitante di Friola»

Si rivela così l’esistenza di una discendenza di Ezzelino concepita in tarda età con la giovane Galpia da Friola. Il tesoro indicato da Ezzelino deve allora intendersi come una sorta di certificato di nascita, un’eredità che qualcuno potrebbe oggi rivendicare? In tal caso, che ne sarebbe stato del tesoro materiale, misteriosamente scomparso ai tempi della “Crociata contro il Tiranno” indetta da Papa Innocenzo IV?

Fonte: Giordano Dellai, Il Tesoro di Ezzelino, AttilioFraccaro 2024


[1] L’insediamento scelse il proprio nome nel 917 in onore del Sacro Romano Imperatore, che all’epoca era Berengario d’Ivrea, merovingio da parte della nonna materna (Engeltrude di Tolosa), e per tale ascendenza ritenuto un simpatizzante della causa gnostica.

[2] Il suffisso “ato” in lingua veneta è impiegato nella formazione del diminutivo, esattamente come l’italiano “ino”.

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Assassin’s Creed

Assassin’s Creed

Tutti i Libri in Ordine di Lettura

Una serie singolare, sviluppata inizialmente come videogioco, che racconta l’eterna lotta tra la Confraternita degli Assassini e coloro che intendono istituire il Nuovo Ordine Mondiale. Nella serie, quest’ultimi sono astutamente identificati con i Templari, ma potrebbe trattarsi di un’allegoria per indicare famiglie come i Rothschild, i Rockefeller o i Warburg, che operano oggi proprio in funzione del succitato Nuovo Ordine Mondiale. Maggiori corrispondenze sono state evidenziate ne Le Cronache del Dominio.

Seguono i libri della serie secondo l’ordine più appropriato di lettura, diverso dall’ordine col quale sono stati scritti.

Filmato Introduttivo

01, Rinascimento, Firenze 1476

 

02, Fratellanza, Roma, 1503

03, La Crociata Segreta, Siria 1257

04, Revelations, Siria 1509

05, The Ming Storm, Cina XVI sec.

06, The Desert Threat, Cina XVI sec.

07, Odyssey, Sparta V sec. a.C.

08, Desert Oath, Egitto 70 a.C.

09, La Saga di Geirmund, Wessex IX sec.

10, La Spada del Cavallo Bianco, Wessex IX sec.

11, La Città d’Oro, Costantinopoli 867

12, Black Flag, Caraibi 1715

13, Forsaken, Londra 1735

14, Unity, Parigi 1789

15, The Magnus Conspiracy, Londra 1851

16, Underworld, Londra 1862

17, La Spada di Aizu, Giappone 1868

18, Last Descendants, Oggi

19, La Tomba dei Khan, Oggi

20, Il Destino degli Dei, Oggi

21, Heresy, Oggi e Francia del XV sec.

22, Il Romanzo del Film, Oggi e Spagna del XV sec.


In Traduzione dall’Estero


Mirage (Miraggio), Il Cairo 824

Les Enfants des Higlands (I Figli delle Highlands), Scozia 1296

Les Sorcièrie des Landes (Le Streghe delle Lande), Francia 1609

The Engine of History (Il Motore della Storia), Il Cairo 1869


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Meditazione Statica e Dinamica

Meditazione Statica e Meditazione Dinamica

Quanto alle tecniche di meditazione, possiamo distinguerle in due grandi categorie: le meditazioni statiche e le meditazioni dinamiche. Ambedue hanno in comune l’attenta osservazione interiore, ma mentre nelle prime si sta in una posizione seduta o comunque immobile, nelle seconde il corpo è in movimento.

Le meditazioni statiche sono quelle classiche praticate in Asia da millenni. Sono state concepite ed elaborate per popoli che passavano le loro giornate all’aria aperta, nei quali il lavoro era principalmente un’attività fisica, e vi era molto contatto corporeo tra le persone, dalla nascita fino alla morte: per persone, insomma, il cui principio di identità si fondava più su un senso corporeo ben radicato, che non sulla mente e sull’immagine di un io individuale.

Oggi viviamo nel modo opposto: molti lavorano seduti, fanno poco movimento, il contatto corporeo con gli altri viene limitato ai membri della famiglia, l’identità è assai più un’idea di sé stessi che non un senso del proprio corpo. La maggior parte delle persone in Occidente non percepisce molto attraverso i sensi fisici, ha un «corpo sordo» e lo tratta come un oggetto. Quando rimaniamo seduti in meditazione è difficile che il nostro corpo fisico ed energetico sia vitale, armonizzato e permeabile alle sensazioni. Al massimo, possiamo avvertire un male alla schiena. Per noi occidentali, quando cominciamo a meditare, sono dunque assai utili le meditazioni dinamiche, che ci insegnano a vivacizzare il corpo e a sfogare tutta l’energia compressa, per potere poi, con un corpo più permeabile energeticamente, addentrarci nel silenzio interiore.

Possiamo paragonare la meditazione all’atto di pulire lo specchio – lo specchio della pura coscienza. E dallo strato di polvere depositato sullo specchio dipenderà la scelta del migliore attrezzo per la pulizia.


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La Genesi del Necronomicon

La Genesi del Necronomicon

Necronomicon è il nome di un antico grimorio[1] che per sua stessa ammissione avrebbe ispirato le opere orrorifiche dello scrittore americano Howard Phillips Lovecraft (1890 – 1937, figlio e nipote di massoni[2]), salvo poi che egli stesso, nel 1933, rivelò in una biografia di avere inventato l’intero argomento.[3]

Prima di tale rivelazione, il Necronomicon sarebbe stato (a parole di Lovecraft) una compilazione in lingua araba di formule ed incantesimi che un certo “arabo pazzo” vissuto nel X secolo avrebbe tratto da papiri o tavolette riesumati tra le rovine di Ubar, presso l’odierna Shisr in Oman. Questi formulari, che nell’opera di Lovecraft vengono chiamati Manoscritti Pnakotici, risalirebbero all’antico regno di Magan (coincidente con gli attuali territori di Yemen e Oman, l’egizia Punt), ricordato dalle cronache sumere per l’esportazione in Mesopotamia (e alla foce dell’Indo) di rame, diorite e soprattutto incenso.

La stessa Ubar, chiamata “Ubar dalle Colonne Alte” nel Corano e “Irem dalle Mille Colonne” ne Le Mille e Una Notte, risalirebbe, secondo le prospezioni archeologiche, ad un’età precedente il 2.800 a.C.. Il suo abbandono, datato al 200 d.C., avvenne durante l’occupazione persiano-partica, quando i numerosi livelli sotterranei della città sarebbero collassati su sé stessi. Solo nel 1600 d.C. gli Arabi Hashemiti (che governavano la penisola pur riconoscendo la supremazia del Sultano di Istanbul) vi edificarono una nuova fortezza (circondata da otto corsi murari) a protezione del pozzo che a quanto pare garantirebbe l’approvvigionamento idrico ancora oggi. Il mito fa risalire invece la prima edificazione della città ai giganteschi Jinn, Signori del Fuoco guidati da Shaddad. Al tempo si sarebbe chiamata R’lyeh, dove «il morto Cthulu attende sognando».[4]

Per la biografia dell’“arabo pazzo”, che Lovecraft appellava simpaticamente Abdul Al-Hazred (contrazione di “all has read”, ovvero “[egli] ha letto tutto”) attingiamo dal lavoro di Roberto Volterri e Bruno Ferrante:

<Alla fine del X secolo, più esattamente nell’anno 965 d.C., nacque in Iraq, a Bassora, colui il quale divenne in seguito noto come lo scienziato pazzo del Cairo, ovvero Abu Alì al-Hasan ibn al-Haitham, dagli storici dell’Occidente denominato Al-Hazen. A soli 30 anni egli era totalmente padrone della matematica e della fisica, nonché della filosofia e di molte altre scienze proibite, tanto che il califfo egiziano Al-Hakim, stimandolo moltissimo, lo inviò al Cairo ad approfondire i suoi studi. In questo luogo, osservando le periodiche, rovinose inondazioni del Nilo, Al-Hazen pensò di risolvere il problema proponendo di costruire una diga nella gola di Assuan. Sì, proprio ad Assuan, dove nel 1971 – quasi otto secoli più tardi, però! – fu veramente inaugurata la nota gigantesca diga, alta 114 metri e lunga oltre tre chilometri e mezzo, in grado di dar origine ad un lago di 5.180 km2. Ma la tecnologia ha i suoi tempi lunghi e, nonostante l’idea di Al-Hazen fosse la più geniale, dopo aver esaminato a fondo il luogo e dopo aver discusso con i collaboratori assegnatigli da Al-Hakim gli innumerevoli problemi costruttivi, egli prese atto del fatto che era materialmente impossibile edificarla con gli scarsi strumenti a disposizione. Onestamente espose al califfo – ben noto per aver fatto giustiziare tutti quelli che avevano deluso le sue aspettative – le sue ragioni, aggiungendo però di non essere totalmente responsabile dell’insuccesso, poiché egli si riteneva pazzo. Poiché la legge islamica proteggeva i folli, ritenendoli toccati dalla mano di Dio, Al-Hazen venne imprigionato fino alla morte del poco magnanimo califfo, avvenuta nel 1021. Ma l’arabo pazzo Al-Hazen doveva pur sopravvivere e, per farlo, si dedicò alla traduzione delle opere di Euclide e di Tolomeo, continuando però le sue ricerche. Proibite o meno. Così, fu poi pubblicato il più che ponderoso trattato intitolato Opticae Thesaurus, in cui egli puntualizzò correttamente che la vista non dipende dalla fantomatica emanazione di raggi luminosi che partendo dall’occhio avrebbero raggiunto l’oggetto osservato, ma – proprio il contrario – dipende da radiazioni luminose (forse non proprio così descritte) che, colpendo le parti sensibili dell’occhio (la retina, i coni, i bastoncelli, ecc.) suscitano nel nervo ottico e poi nel cervello la percezione del mondo reale che ci circonda. Leonardo da Vinci e i suoi studi analoghi giunsero solo quattro secoli più tardi.[5]>

È ragionevole ascrivere la visita di Al-Hazen ad Ubar a prima della sua prigionia e il suo viaggio a Costantinopoli negli anni successivi. Qui avrebbe avuto modo di incontrare il monaco Michele Psello, letterato e politico alla corte bizantina, e di consegnargli una copia del Necronomicon. Sarebbe stato proprio Psello, suggerisce Pietro Pizzari[6], ad adottare questo titolo per la sua tradizione in greco (lett. “libro delle leggi che governano i morti”) di quello che in origine era l’Al Azif, termine onomatopeico impiegato nella lingua araba per indicare gli strani suoni notturni emessi da alcuni insetti e interpretati come “l’ululato dei Jinn”. Presumibilmente Al-Hazen vide negli Jinn la prosecuzione della “Stirpe di Cthulhu”, una specie aliena non completamente incarnata che avrebbe abitato la Terra decine (se non centinaia) di milioni di anni fa e i cui spiriti sarebbero stati evocati dai Parti (e prima di loro dai Babilonesi e dai Sumeri) proprio per mezzo dei Manoscritti Pnakotici.

Il passaggio di “qualcosa” dalle mani di Al-Hazen a quelle di Psello è solo il primo anello di una catena che in effetti conduce dall’“arabo pazzo” alle opere di Lovecraft. A meno che non emerga una copia originale del manoscritto, difficilmente potremmo verificare se questo “qualcosa” comprendesse il Necromonicon, ma vale comunque la pena di esaminarne l’intero percorso.

Nel 1453, durante un viaggio in Macedonia sulla via di Costantinopoli, uno scrittore italiano della Corte dei Medici, Leonardo da Pistoia, scoprì quattordici trattati originali appartenuti a Michele Psello, scritti in greco ed attribuiti ad Ermete Trismegisto, maestro di sapienza e figura leggendaria dell’Antico Egitto, guida della “Fratellanza Bianca”[7] tra il 1.333 e il 1.259 a.C.. Ritornato a Firenze, Leonardo consegnò i trattati a Cosimo de’ Medici, che incaricò subito Marsilio Ficino di tradurli dal greco al latino. Il lavoro fu completato nel 1463 e l’opera divenne universalmente nota come Corpus Hermeticum.

Benché il Corpus Hermeticum fosse destinato a diventare il testo fondamentale della futura massoneria speculativa, è altresì noto che Cosimo (come molti altri tra i Medici) appartenesse ad una fratellanza totalmente contrapposta ai fini massonici, la quale era sorta in seguito alla commistione degli Assassini di Masyaf (convocati in Italia a più riprese da Federico II di Svevia, dal 1227) con gli Eleusini arrivati a Firenze nel XIV secolo.[8] Non è pertanto impossibile che Cosimo avesse ritenuto prudente tenere nascosta la scoperta del Necronomicon, semmai gli fosse giunto dalle stesse mani che avevano portato a Firenze gli scritti ermetici.

A tal riguardo scrive ancora la coppia Volterri-Ferrante:

<Secondo una ricercatrice che si firma Laura Bestini, nel 1912, a Firenze, sarebbe stato rintracciato il frammento di un manoscritto bizantino (il Fragmentum Alchemicum Florentinum) conservato nella Biblioteca Riccardiana della città toscana.[9] Il frammento, di limitate dimensioni, avrebbe contenuto poche parole intellegibili e sarebbe stato presto dimenticato. Nel 1965 sarebbe stato fotografato per poi andare perduto nell’alluvione dell’anno seguente. Ciò che sarebbe apparso strano alla ricercatrice fiorentina, sarebbero alcune parole che farebbero riferimento al deserto dell’Arabia, a una località chiamata R’lhee, a qualcosa che non è morto e al passare di eoni. Non ci ricordano forse, queste parole, alcuni passi dei libri di Lovecraft e in particolare il famosissimo distico attribuito al misterioso arabo Al-Hazred? («Non è morto ciò che in eterno può attendere, e con il passare di strane ere anche la morte muore»[10].)[11]>

Il Fragmentum Alchemicum Florentinum, l’unica quasi-prova dell’esistenza del Necronomicon. Fonte: Hera 26, Febbraio 2002.

Da Firenze il Necronomicon sarebbe passato ai Medici della Serenissima, famiglia del patriziato veneziano strettamente imparentata con i Medici di Toscana. Qui sarebbe stato affidato all’umanista Giulio Camillo (detto “Delminio”, 1480 – 1544) e da lui trasmesso più tardi (e per vie traverse) alla Confraternita dei Flagellanti di Loreo, cittadina della provincia di Rovigo che era un tempo caposaldo militare ed economico della Repubblica di Venezia:

<Da quasi cinquecento anni, la domenica successiva alla Pentecoste, durante la solennità della SS. Trinità, a Loreo si celebra una strana cerimonia presso la cosiddetta Confraternita dei Flagellanti. Verso la mezzanotte ha inizio una curiosa cerimonia pubblica durante la quale avviene la vestizione dei nuovi adepti. «Fratelli, che dimandate?», chiede il celebrante. «La misericordia di Dio e la pace di questa compagnia», rispondono in coro i nuovi adepti. Fin qui nulla di strano. Però, più tardi, verso le tre del mattino, il celebrante pronuncia altre strane parole: «Avvertiti tutti i fratelli d’un perfetto silenzio, chiuse tutte le porte e conoscendo il priore essere i tutti fratelli al loro posto e bene preparati». Ora i fradei – ovvero i “fratelli” – escono in processione, nei loro sai rossi, incappucciati, e si avviano alla chiesa del Pilastro per una veglia… cimiteriale. Ancora oggi si mormorano strane cose su tali cerimonie “segrete”. C’è chi sostiene che, addirittura, si debba subire un’ispezione fisica per accertare il sesso dei postulanti, poiché le donne non sono ammesse alla Confraternita. Altri sostengono che al momento della morte di uno dei fradei, sotto il suo capo debba essere posto un mattone e il suo nome debba essere immediatamente cancellato dall’elenco della Confraternita, altrimenti il suo spirito vagherebbe in eterno tra quelle contrade. Chi la sa più lunga sostiene che, durante la cerimonia segreta, la presenza di un estraneo, anche se non visibile, bloccherebbe ogni azione del celebrante. Quasi un’azione magica. Insomma, le dicerie popolari avrebbero creato un alone “esoterico” intorno a una cerimonia che di “esoterico”, di “magico” poco sembra avere. Gli attuali duemila “adepti” – i fradei – non gradiscono molto i vari “si dice”, ma ricordano con orgoglio le origini della loro Confraternita, risalente ai primi anni del 1600. All’epoca, ai confratelli veniva comunque imposta la totale obbedienza al priore, il dovere della penitenza, l’osservanza di una ineccepibile condotta morale, le preghiere, e così via, poiché «procurate, o fratelli, di confessarvi e comunicarvi spesso, e talvolta di far la disciplina in casa divotamente, e con gli altri fratelli nell’oratorio, perché non basta, fratelli, solamente di vestirsi di questo sacco», esortava infatti il priore. Ancor oggi, comunque, un quasi evanescente velo di mistero aleggia da quelle parti poiché la regola della Confraternita recita: «a quelli che vi dimandano direte che vengano ancor essi, se vogliono sapere, che vedranno e sapranno». Ovvero «Non dire mai tutto quello che sai!».[12]>

Quasi certamente la Confraternita non faceva alcun utilizzo dei contenuti del Necronomicon, il quale veniva invece custodito gelosamente affinché non cadesse nelle mani sbagliate. Benché sia probabilmente un falso la notizia secondo cui il Necronomicon sarebbe apparso nell’Indice del Sant’Uffizio pubblicato nel 1559[13], se non fosse stato prioritario mascherarne l’esistenza vi sarebbe stato certamente incluso di diritto.

Curiosamente però il libro sembra essere stato consegnato nelle mani apparentemente meno adatte che si potessero incontrare: quelle del mago inglese Aleister Crowley. Quest’ultimo sarebbe passato furtivamente per Loreo tra il 1919 e il 1920, ovvero tra il suo soggiorno in Villa De Vecchi (Casa Rossa) a Cortenova (LC) e il suo insediamento a Villa Santa Barbara di Cefalù (PA), da cui Mussolini lo espulse a fine aprile del 1923.

Volterri e Ferrante spiegano come il libro sarebbe infine passato da Crowley a Lovecraft:

<Nel 1918 Aleister Crowley è a New York per conferenze sulla magia. Per dare risalto alla sua reputazione letteraria pubblica qualche articolo su The International e su Vanity Fair. Il “caso” vuole che a New York, nello stesso periodo, ci fosse anche Sonia Greene (1883 – 1972), giovane e piacente immigrata ebrea con irrefrenabile desiderio di sfondare nel mondo della letteratura. Il “caso”, ancora, vuole che ella frequenti un circolo letterario chiamato Walkers’s Sunrise Club dove Crowley è stato invitato per dare sfoggio della sua “vena poetica”. In questa circostanza Crowley inizia una “affettuosa amicizia” con l’intraprendente Sonia, la quale apprende dal mago l’esistenza di realtà separate e di strani rituali per entrare in contatto con entità dimoranti in altre dimensioni. […] Il 12 Marzo 1921, a Boston, quando Lovecraft ha trentuno anni, ha luogo il fatale incontro con Sonia Greene – di pochi anni più anziana e sicuramente più matura di lui – e la nascita di una relazione culturale, e in seguito, sentimentale, sfociata nel 1924 in un matrimonio che ha, però, breve vita. Ciò che a noi più importa è che solo pochi mesi dopo averla incontrata e aver con lei creato un rapporto, diciamo così, di natura intellettuale, nell’Ottobre del 1921 Lovecraft menziona per la prima volta il Necronomicon nel racconto The Hound.[14]>

Come esposto in Appunti di Storia Proibita[15], Crowley fu il tramite che dall’impero bancario Rothschild nel 1934 incaricò l’esoterista italiano Giuseppe Cambareri della fondazione della P2, vertice delle Logge Massoniche Internazionali o Ur-Logge.[16] Sono noti inoltre i suoi interessi “luciferini”. Dovremmo dunque pensare che dissimulasse, come un Severus Piton ante litteram? Fatto sta che Crowley non rivelò mai nei suoi scritti o nelle sue conferenze di aver posseduto il Necronomicon.

Tra maggio e giugno 1926 Lovecraft avrebbe quindi visitato il Polesine[17] (compresa Loreo) o almeno è questo ciò che traspare da una specie di “diario”: si tratta di una quarantina di pagine scritte in inchiostro blu su carta comune, corredate di immagini e contenute in una rovinata busta giallastra intestata all’amico Alfred Maurice Galpin (1901 – 1983) residente all’epoca a Montecatini Terme, in Toscana. Insieme alle pagine vi era una cartolina di Venezia in cui si vedevano il Caffè Florian e le Procuratie Nuove, il tutto ritrovato dall’autore Roberto Leggio all’interno di una copia della Voluttà della Vita di Emile Zola, in una bancarella di libri usati a Montecatini. Sull’autenticità del diario permangono comunque forti dubbi.


[1] Libro di incantesimi.

[2] Il padre di H. P. (Winfield Scott Lovecraft) e il nonno materno (Whipple Van Buren Phillips) erano iscritti alla Loggia “Tempio del Sepolcro Mistico” di Providence, nel Rhode Island.

[3] H. P. Lovecraft, Autobiografia: Qualche Notizia su una Non-Entità, 1933.

[4] H. P. Lovecraft, Il Richiamo di Cthulhu, 1928.

[5] R. Volterri e B. Ferrante, I Libri dell’Abisso, Eremon 2014, pp. 62-63.

[6] P. Pizzarri (esoterista), Necronomicon, Atanor 1993.

[7] Fratellanza istituita dal faraone Tutmose III sulle ceneri dei precedenti Ordini dei Mesniu e degli Djedi. Incentrata sul tempio di Hator a Serabit El Khadim (monte Horeb, Sinai), i suoi emissari contribuirono alla costituzione del gruppo dei Terapeuti ad Alessandria e degli Esseni a Qumran.

[8] Cfr. D. Marin, Cronache del Dominio, SoleBlu 2024, p. 164.

[9] Scoperta riportata dal quotidiano La Nazione il 12 maggio 1912.

[10] H. P. Lovecraft, La Città Senza Nome, 1921.

[11] R. Volterri e B. Ferrante, I Libri dell’Abisso, Eremon 2014, pp. 59-60.

[12] R. Volterri e B. Ferrante, I Libri dell’Abisso, Eremon 2014, pp. 40-41.

[13] Notizia riportata in Necronomicon – Il Libro Proibito di Howard Phillips Lovecraft, Fanucci 1994.

[14] R. Volterri e B. Ferrante, I Libri dell’Abisso, Eremon 2014, pp. 53-54.

[15] D. Marin, Appunti di Storia Proibita, SoleBlu 2022, #1.

[16] Come al solito invitiamo a non confondere la P^2 (P-Quadro) con la P2 (P-Due), loggia nazionale di più celebre (quanto infausta) memoria.

[17] Dal punto di vista della geografia antropica, il Polesine si identifica con la provincia di Rovigo; dal punto di vista della geografia fisica viene definito invece “Polesine” il territorio situato tra il basso corso dei fiumi Adige e Po fino al Mare Adriatico, il cui confine occidentale, indefinito, lo separa dalle Valli Grandi Veronesi.