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La Morte di Lady Diana

Incidente od Omicidio Rituale?


Estratto da David Icke, Il Segreto più Nascosto, Macro 2001
Elaborazione e correzione dell’OCR di Stefano Bellotti


Ritengo che Diana sia stata destinata a morire a quell’ora e in quel punto di Parigi molti anni prima. È possibile che ciò sia stato progettato sin dalla sua infanzia, persino dalla nascita. So che può sembrare esagerato, ma quando si entra un po’ addentro alle vicende della Confraternita, ci si rende conto che i suoi membri non formulano i loro piani settimane o mesi in anticipo, ma addirittura secoli.

Il fatto che Diana fosse nata nel 1961 e appartenesse alla famiglia degli Spencer potrebbe essere stato determinante perché diventasse un simbolo di Diana e quindi una vittima sacrificale destinata a morire in un luogo un tempo sacro a Diana, la galleria del Pont de l’Alma, a Parigi. Penso che ci siano ottime probabilità che le cose siano andate esattamente così.

Si è tramato affinché Diana si sposasse col principe Carlo e finisse poi la sua vita nella galleria del Pont de L’Alma. La gente crede che organizzare l’omicidio di Diana avrebbe comportato una laboriosa pianificazione e moltissimo tempo. Sì, questo è probabilmente vero. Ma di tempo ne avevano molto.

Diana Frances Spencer nacque a Park House, nella tenuta reale di Sandringham, nel Norfolk, il 1° luglio 1961, terza e ultima figlia del visconte di Althorp, in seguito ottavo conte Spencer, e di sua moglie Frances Roche. I suoi genitori si separarono quando lei aveva sei anni e divorziarono nel 1969 e sua madre sposò il magnate della carta da parati Peter Shand-Kidd. Diana aveva un fratello più piccolo, Charles, l’attuale conte Spencer, e due sorelle, Jane e Sarah. Un altro figlio era nato prima di Diana, ma era morto e lei era convinta che i suoi genitori avrebbero preferito, al suo posto, un erede maschio. Diana disse di aver avuto un’infanzia molto infelice e nel corso della sua breve vita dovette costantemente bramare quell’amore e quel calore che le era stato negato da bambina. Avendo vissuto a Sandringham conobbe la regina sin da quando era piccola ed era solita giocare con i suoi figli. Si dice che Carlo abbia visto Diana per la prima volta quando questa era ancora in carrozzina. Lei ricordava, per altro senza alcuna nostalgia, che ogni anno, durante le vacanze, veniva mandata nella residenza della regina per vedere il film Chitty Chitty Bang Bang. La scelta del film è interessante, poiché l’autore del libro da cui è tratto è Ian Fleming, agente dei servizi segreti, amico di Aleister Crowley e autore dei romanzi di James Bond. Il film parla di un re e una regina che odiano i bambini. Ingaggiano un accalappia-bambini affinché li adeschi, li rapisca e li metta in gabbia. A questo punto vengono condotti in un castello e chiusi in una prigione sotterranea. Sono tutti richiami simbolici alla realtà e non si può certo credere che i Windsor facessero vedere a Diana questo film per caso. Diana disse a Andrew Morton, secondo quanto egli riporta nel suo libro: «L’atmosfera era sempre strana quando andavamo là e io di solito davo calci e pugni a chiunque ci spingesse ad andare»[21]. Quindi i Windsor avevano le idee chiare su Diana, fin dalla sua nascita. All’età di 13 anni, dopo che suo padre ereditò il titolo di conte di Spencer, Diana si trasferì da Norfolk a Althorp, nel Northamptonshire, terra d’origine della famiglia Spencer. Diana ebbe un grande dispiacere quando suo padre sposò Raine, figlia della scrittrice Barbara Cartland, poiché la detestava profondamente. In Diana: Her True Story, ella racconta come nel settembre 1989 riversò tutti i suoi anni di frustrazione su Raine: «Le dissi cosa pensavo di lei, e non avevo mai provato una rabbia simile. Ricordo di essermi avventata contro di lei. Dissi: “Se solo sapessi quanto noi tutti ti odiamo per quello che ci hai fatto, hai rovinato la casa (Althorp), hai speso tutti i soldi di papà, e per cosa?”». L’empatia che Diana sentiva nei confronti delle persone che hanno problemi emotivi derivava dalle cicatrici che portò con sé per tutta la sua vita.

Gli Spencer appartengono all’Élite. Sono cugini degli Spencer-Churchill e imparentati con la famiglia Marlborough di Blenheim Palace, nello Oxfordshire, dove nacque Winston Churchill. Tra gli altri antenati figurano il duca di Marlborough e Sir Robert Walpole e la famiglia Spencer ereditò una considerevole fortuna da Sarah, duchessa di Marlborough. Gli Spencer si imparentarono anche con i Cavendish, i duchi di Devonshire presso la Chatsworth House, e questo ramo divenne noto come Spencer-Cavendish. Diana condivideva col principe Carlo degli antenati comuni, come il terzo duca di Devonshire e, soprattutto, re Giacomo I, il primo re Stuart di Inghilterra e Scozia, e finanziatore di Francis Bacon. Fu re Giacomo a rivestire un ruolo altamente significativo nell’espansione della Confraternita, nella formazione della Virginia Company che ancora possiede gli Stali Uniti, e nella pubblicazione della versione biblica di re Giacomo. Anche Diana discendeva, per vie diverse, dai re Stuart, Carlo II e Giacomo II, che la collegavano, come nel caso di Giacomo I, con la dinastia francese dei Merovingi. Carlo II ebbe così tanti figli fuori dal matrimonio che Dio solo sa dove sono oggi i suoi discendenti. Una cosa è certa, cioè che la Confraternita lo sa. Come succede per tutte le famiglie dell’Élite, gli Spencer sono una stirpe importante e Diana era imparentata con un’infinità di famiglie aristocratiche, compresi i conti di Lucan. Inoltre, gli Spencer hanno legami di sangue con molte eminenti famiglie americane, e sono imparentati alla lontana con i Rockefeller. Hanno una lunga storia di asservimento al re e la tradizione si è mantenuta col padre di Diana. Egli fu scudiero di re Giorgio VI (che si sposò con la regina madre) e della regina Elisabetta. La sorella di Diana Jane, è sposata con Sir Robert Fellowes, segretario privato della regina all’epoca in cui morì Diana. Entrambe le nonne di Diana, la contessa Spencer e Ruth Lady Fermoy, appartenevano al circolo ristretto della corte della regina madre, come pure quattro delle sue prozie. Gli Spencer e la regina madre erano molto amiche e furono Lady Fermoy e la regina madre a combinare il matrimonio tra Diana e il principe Carlo. Tutto questo assume un significato particolare se si pensa alla vera natura della regina madre.

Il conto alla rovescia per il matrimonio iniziò quando Diana incontrò il principe Carlo a Althorp, mentre costui aveva una relazione con sua sorella Sarah, nel 1977. Diana aveva 16 anni, ma fu tre anni dopo che i Windsor cominciarono a dedicarsi a lei. Con la regina madre e Lady Fermoy che tramavano dietro le quinte, Diana venne invitala a un ballo a Buckingham Palace per celebrare il 30° compleanno di Carlo. Allora, nel luglio 1980, un amico di Carlo, Philip de Pass, le chiese di rimanere con loro, in presenza del principe. Per dirla con le parole di Diana. Carlo fu tutto preso da lei e “si lanciò praticamente su di me”[22]. Le chiese di andare con lui a Buckingham Palace il giorno dopo e a settembre la invitò a trascorrere le vacanze insieme ai Windsor nella residenza scozzese di Balmoral. In seguito, Carlo le chiese di sposarlo e lei accettò. «Ti amo tantissimo», gli disse Diana. «Ma cos’è l’amore?». rispose Carlo[23]. Questa affermazione di Carlo la dice lunga sui Windsor e su come allevano i loro figli. Questi non capiscono cos’è l’amore perché ne danno e ne ricevono davvero poco. Immaginate di essere un bambino e di dovervi mettere in fila con tutti gli altri per stringere la mano di …

CONTINUA…

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Apparizioni Televisive

Atlantide

Intervista su Atlantide per il programma “Voyager” (RAI2) condotto da Roberto Giacobbo, in occasione della pubblicazione con Eremon di “Atlantidi” (2010), oggi ristampato da Armenia come “Le Tre Età di Atlantide” (2022).

Mura Poligonali di Cosa e Orbetello

Puntata della trasmissione “Velisti per Caso” (Sky e RAI3) condotta da Syusy Blady e Patrizio Roversi. Ospiti l’Associazione Pangea e l’archeologo Giuseppe de Giosa. Discussa l’origine dei Popoli del Mare, in particolare la visione di Mario Pincherle.

Grotta dei Re, 2012

Missione congiunta agli insediamenti dei Popoli del Mare in Calabria, trasmessa dalla trasmissione “Voyager” (RAI2) di Roberto Giacobbo. Presenti l’Associazione Pangea, la Geographical Research Exploring e il Gruppo Speleo-CAI (Feltre).

Cerimonia di Iniziazione alla Massoneria, 2013

Storica intervista sull’iniziazione massonica, tenuta nel 2013 in occasione della manifestazione “Incontri Senza Censura” della libreria “La Bassanese” di Marco Bernardi, a Bassano del Grappa (VI). All’epoca usciva con Mondadori “Il Segreto degli Illuminati”, oggi ripubblicato con SoleBlu come “Gli Eredi di Atlantide”.

Missione a Visoko, 2013

Dal 1 al 4 maggio 2013, la Geographical Research Association, assieme al Gruppo Speleologico CAI di Feltre e alla Scuola di Speleologia “Ennio Gherlizza” del CAT di Trieste, è stata ospite della fondazione Bosnian Pyramid of the Sun di Semir Osmanagić. La missione si è proposta di condurre un’esamina del sito e una serie di esplorazioni nel contesto della Valle di Visoko, presso Sarajevo. Riprese della trasmissione “Voyager” di Roberto Giacobbo (RAI2).

Diego Marin a Nocturnal, 2021

La mia intervista al programma “Nocturnal” di Roberto La Paglia, chiacchiere in libertà sulle frontiere della fisica e dell’archeologia.

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L’Importanza di Distinguere tra Attaccamento e Godimento

di Piero Ferrucci, Crescere: Teoria e Pratica della Psicosintesi (NEA), Astrolabio 2020, pp. 204-206

Molte tradizioni spirituali affermano che possiamo raggiungere la liberazione solo abbandonando i nostri attaccamenti e sbarazzandoci della nostra avidità innata. Il desiderio tende infatti a limitare la percezione della realtà: «un ladro vede solo portafogli», recita un detto indiano. Questo insegnamento è stato spesso interpretato erroneamente, come un’ingiunzione a distruggere in maniera sistematica e violenta ogni traccia di desiderio in noi stessi. Se è vero che questa procedura può funzionare con alcuni individui con una vocazione per l’ascetismo, molto più spesso genera risultati esattamente contrari alle aspettative: uno prova a reprimere i desideri, ma riesce solo ad alimentarli con l’energia di questa stessa costrizione; dopo che un desiderio è stato represso per qualche tempo, può tornare alla ribalta in maniera drammatica, oppure emergere con un aspetto diverso, oppure scomparire apparentemente ma in realtà controllare, invisibile, l’individuo che ha cercato di eliminarlo.

[Roberto] Assagioli (1888 – 1974) asseriva che si può arrivare alla libertà del non-attaccamento in modo assai più pratico e meno tormentoso: con un apprezzamento sempre più pieno della bellezza. Di solito desideriamo ciò che consideriamo bello; anziché negare l’esistenza di quell’attrazione, dice Assagioli, dovremmo lasciare che altre ne nascano al suo fianco; imparando a espandere la capacità di apprezzare la bellezza, attenuiamo i nostri attaccamenti fino al punto di indebolirli e perfino di farli scomparire.

L’errore del moralista, secondo Assagioli, sta nel confondere il godimento con l’attaccamento: il godimento di qualsiasi genere è un evento psichico di per sé benefico; ma a complicare le cose interviene il nostro desiderio di riprodurre la stessa situazione: e così nasce l’attaccamento. I due eventi sono di natura diversa, ed è bene distinguerli l’uno dall’altro: il godimento è puro e gratuito, l’attaccamento è avido e pieno di aspettative; il godimento vive nel presente, l’attaccamento si rifà al passato o si proietta nel futuro; il godimento è aperto alla vita, l’attaccamento la vuole invece programmare.

I nostri attaccamenti sono inversamente proporzionali alla capacità di godere: come mi disse un giorno Assagioli,

«L’approccio radicale consiste nel godere di più. Se si gusta un frutto, si può imparare a gustare tutti i tipi di frutta. Se si può godere di tutto non ci si attacca a nulla, perché si passa da un godimento all’altro. Si passa dal godimento di un frutto a quello di un libro a quello del cielo stellato.

«Se si apprezza tutto, si rimane liberi. E se si sente un desiderio che per varie ragioni è impossibile o non è opportuno soddisfare, ci si può rivolgere a godere di qualcos’altro.

«C’è sempre qualcos’altro di cui si può godere.»[1]

È vero anche l’opposto di tutto questo: se vediamo la bellezza solo in una persona o in un oggetto, escludendo tutto il resto, ne rimaniamo come stregati. Cadiamo nella convinzione implicita e illusoria che impadronendoci di quella entità saremo capaci di possedere la bellezza in sé. …

Il godimento è stato spesso associato al gusto, come dimostra l’esistenza di espressioni come “buon gusto”, “cattivo gusto”, e “assaporare”. E viceversa, la mancanza di godimento può anche essere compresa in termini di cibo: spesso inghiottiamo ciò che mangiamo, forse anche mentre leggiamo o guardiamo la televisione, senza prendere abbastanza tempo per assaporarlo. Questo modo di mangiare è parallelo alla maniera in cui a volte entriamo in relazione col mondo esterno in generale: ce ne appropriamo in modo affrettato, non ci fermiamo abbastanza per assaporarlo pienamente e quindi per assimilarlo. Poche persone sanno come gustare un pezzo di musica o un poema, un buon libro o un paesaggio, lasciandosene poi impregnare, cogliendo tutte le sfumature che un atteggiamento affrettato inevitabilmente si lascia sfuggire.


[1] Roberto Assagioli, comunicazione personale registrata, Firenze 1970.

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CoCreatori del Cosmo

Il Tuo Potere nella Danza dell’Universo

(Un Innovativo Manuale di Self-Help)

Lo scopo di questo manuale di self-help è metterti tranquillo. Per troppo tempo ci è stato spiegato, in nome del pensiero illuminista, che l’apparizione della vita e dell’uomo su questo pianeta sono state frutto del caso, così che la nostra esistenza si troverebbe in balia dell’accidente. Dovremmo perciò stare attenti, controllare tutto, assicurarci e continuare a chiederci se abbiamo fatto abbastanza. Non esistendo poi una ragione “reale” per vivere, la miglior cosa parrebbe adeguarsi all’ambiente per avere meno grane possibili, sopprimendo tutte le nostre follie e particolarismi, omologandoci, e accettando di buon grado che la medesima sorte spetti ai nostri figli, rimbrottati e derisi già sui banchi di scuola per i loro sogni.

Questo libro è qui per scombinare le carte. Se nel XVIII-XIX secolo quel poco di scienza che avevamo sembrava in effetti confermare l’idea dell’uomo-macchina, privo di scopo e di destino, la migliore comprensione che ne è venuta con la rivoluzione quantistica dei primi ‘900 ha rivelato una realtà completamente diversa. Il nuovo paradigma richiede tuttavia una padronanza del linguaggio matematico che non può venire da “letture da spiaggia”; ciononostante la brama di denaro ha fatto sì che stuoli di coach improvvisati fingessero di comprendere, proponendo al pubblico strane fantasie ben condite dall’aggettivo “quantico”, alimentando una letteratura cringe che ha suscitato giustamente le critiche della comunica scientifica, lasciando intendere agli spettatori che la rivoluzione quantistica in fondo non ci riguardasse.

Avendo avuto la fortuna di laurearmi in fisica, proseguendo poi con una formazione autodidatta in storia, filosofia, esoterismo e psicologia, ho potuto accendere di nuovo il dibattito senza scadere nel banale. Ho perciò evidenziato come dalla disamina di queste discipline la bilancia penda decisamente a favore dell’esistenza di una componente spirituale e di una “mano” (o daimon) che fa accadere solo ciò che “deve” accadere. Se controlliamo “tutto” (il che è impossibile), il “danno” verrà comunque dall’unica direzione in cui non abbiamo guardato; e quando accade il “danno”, esso viene per istruire, se non chi lo subisce, almeno gli altri che ne sono coinvolti.

Il “male” viene nel mondo per consentire all’amore di esprimersi. Se c’è chi soffre, è per far sbocciare la compassione. E la più piccola vicenda umana svolge un ruolo nell’evoluzione dell’Universo e della “mente” di Dio.


Ti do la libertà di scaricare gratuitamente il manuale. Se trovi il lavoro meritevole, ti chiedo in cambio di farmi conoscere come ricercatore e counselor, di lasciare una recensione su amazon o, se ti è possibile, di acquistare una copia cartacea. L’edizione è personalizzata sulla base dello Zodiaco a 15 Case.


Ofiuco, Spirito, 3 Gennaio – 26 Gennaio

Sagittario, Fuoco, 27 Gennaio – 19 Febbraio

Capricorno, Terra, 20-28 Febbraio, 1-15 Marzo

Ragno, Spirito, 29 Febbraio

Unicorno, Spirito, 16 Marzo – 20 Marzo

Acquario, Aria, 21 Marzo – 13 Aprile

Pesci, Acqua, 14 Aprile – 7 Maggio

Ariete, Fuoco, 8 Maggio – 31 Maggio

Toro, Terra, 1 Giugno – 24 Giugno

Gemelli, Aria, 25 Giugno – 18 Luglio

Cancro, Acqua, 19 Luglio – 11 Agosto

Leone, Fuoco, 12 Agosto – 4 Settembre

Vergine, Terra, 5 Settembre – 28 Settembre

Bilancia, Aria, 29 Settembre – 22 Ottobre

Aquila, Metallo, 23 Ottobre – 15 Novembre

Caduceo, Metallo, 16 Novembre – 9 Dicembre

Scorpione, Acqua, 10 Dicembre – 2 Gennaio

manuale di self-help

 

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Nicolai Lilin, Sbagliato Ritenere Navalny Un Oppositore Di Putin

Scrittore Russo All’ANSA: In Occidente Abbiamo Un’Immagine Distorta

di Mauretta Capuano, 16 febbraio 2024, originale su ANSA.it

L’Occidente ha «un’immagine assolutamente distorta» di Alexei Navalny, il dissidente russo morto in carcere, a 47 anni. Lo scrittore russo naturalizzato italiano Nicolai Lilin, invita ad approfondire «quali siano le origini di questi personaggi» per capire «chi siano veramente».

Navalny «non è mai stato un politico, è sbagliato dire che era un oppositore di Putin. Era uno strumento di propaganda, ma non un elemento politico perché l’elemento politico comprende l’esistenza di un programma, di un’idea politica, ciò che Navalny non aveva. Era un blogger che attraverso i social diffondeva le proprie opinioni» dice all’ANSA lo scrittore che dopo vent’anni passati in Italia ora vive all’estero.

L’autore del bestseller Educazione Siberiana (Einaudi) e tra gli altri di un libro dedicato a Putin, L’Ultimo Zar (Piemme), sottolinea che Navalny «è nato nell’ambiente dell’estrema destra russa, era un nazista. Dall’inizio della sua attività partecipava a un movimento che si chiamava in Russia La marcia russa, un’organizzazione che è stata gestita all’epoca degli oligarchi che poi sono stati tutti sterminati da Putin. Oligarchi nazisti, gente che adorava Hitler, il Terzo Reich, che girava con le svastiche e faceva i saluti romani. Navalny spesso si esibiva nel saluto romano, ci sono le foto, e non nascondeva la sua matrice nazista». Poi cosa è successo? «Quando Putin ha massacrato tutti i nazisti, Navalny ha trasformato se stesso in un progetto da vendere.

«Lavorava con una grande squadra di professionisti, hanno fatto un blog, notiziari, piattaforme social e così via. Era un’organizzazione che ha cominciato a ricevere sponsorizzazioni dall’Occidente e Navalny da nazista si è trasformato in un libertario». Navalny, incalza Lilin era «un elemento di disturbo in Russia che lavorava per gli interessi del mercato occidentale. Per questo è stato internato nel carcere. Io sono contrario a questa carcerazione, ma sappiamo che la Russia funziona così, è un sistema autoritario e se ti comporti in un certo modo vieni punito in un certo modo. Poi, quello che è successo in carcere è un mistero» dice. «Nel mio canale privato Telegram ieri ho condiviso un video dove lui appariva, durante l’ennesimo processo, sano, tranquillo, in forze. Oggi è morto. Quindi è chiaro che non aveva una malattia. È stata una morte veloce. La realtà la possiamo solo ipotizzare. Un suo vecchio collaboratore ha fatto una strana dichiarazione: “può darsi sia stato avvelenato da coloro dei quali da molto tempo si fidava”.

«Quello che non raccontano in Occidente è che nell’ambiente del movimento anti-Putin in Russia da tempo dicono che l’Occidente sfrutta diversi elementi per i propri interessi e quando questi personaggi diventano una “cartuccia sparata”, come nel caso di Anna Politkovskaja e altri, scatta un meccanismo per cui gli occidentali eliminano queste persone per sfruttarle come martiri. È un’altra teoria che gira negli ambienti liberali russi perché tutti questi morti sono strani» sottolinea Lilin. Certo è, continua lo scrittore, che «a Putin la morte di Navalny in carcere non serviva proprio nulla. A Putin Navalny serviva come un detenuto per mostrare a tutti che il sistema putiniano può usare la legge per reprimere coloro che cercano di sabotare il funzionamento dello Stato. A Putin non serviva ammazzarlo. C’era più interesse in Occidente per trasformarlo in martire e portarlo avanti come bandiera della libertà».

In Russia ci sono «i veri oppositori di Putin, persone di estrema sinistra, tanti comunisti che sono stati in carcere ma che non fanno gli interessi dell’Occidente, fanno gli interessi della Russia e per questo Putin li lascia vivere. L’Occidente non capisce la Russia, questo è il problema più grande. L’Occidente è diventato troppo arrogante. Siamo chiusi nel nostro mondo piccolo che sta colassando. Non sappimao neppure l’80% della realtà oggettiva. Non c’è più posto per nessuna egemonia» dice senza mezzi termini Lilin.

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Il Sogno dei Faraoni Neri

di Maurizio Damiano Appia

Un viaggio attraverso i deserti: quindici anni di studio e spedizioni. Un itinerario geografico e antropologico in una terra ancora vergine, ma soprattutto un viaggio archeologico e storico a ritroso nel tempo, alla ricerca delle vestigia di antiche civiltà scomparse e spesso dimenticate a causa di un potente vicino, l’impero egizio che sempre cercò di sottometterle. Queste terre diedero vita a sovrani che per oltre un secolo riuscirono a unificare la Nubia con l’Egitto e a regnare sopra le due nazioni: l’impero dei faraoni neri. Ricacciati a sud dai nuovi signori d’Egitto, i re neri crearono una delle culture più evolute di tutta l’Africa Nera. L’autore racconta la scoperta delle miniere d’oro e la vita delle genti che ancora popolano le terre nubiane.

​Pubblicato nel 1994, il testo di Damiano-Appia è oggi di difficile reperibilità. Pertanto ho ritenuto di non cagionare danno all’autore ma all’opposto di restituirgli lustro rendendo disponibili le scansioni in bianco e nero della sua opera. In caso contrario sarà sufficiente un avviso alla mia casella di posta elettronica (dmarin.math@gmail.com) e provvederò a rimuovere il materiale.

DOWNLOAD SCANSIONI

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Hamas: Israele contro Israele

Hamas: Israele contro Israele

Da David Icke, Ricordati chi sei, dove vivi e da dove provieni, Macro Edizioni 2013, p. 260- 271

Vuole una mano per distruggere i Palestinesi? Signorsì, mister Rothschild

È impossibile diventare  presidente degli Stati Uniti se non si ha il supporto del Comitato americano-israeliano per gli affari  pubblici (AIPAC, American Israel Public Affairs Committee). Sembra qualcosa che ha a che fare con il governo, e in effetti, sebbene non ufficialmente, è così. Sotto molti aspetti l’AIPAC è il governo. Si tratta di un gruppo lobbystico sionista rothschildiano, uno dei più grandi d’America, sostenuto da una scorta illimitata di denaro. Pensiamoci per un momento. Una delle maggiori lobby con sede a Washington D.C., forse la maggiore in assoluto, rappresenta gli interessi di una potenza straniera. È praticamente impossibile assicurarsi un’alta carica politica di qualunque tipo se l’AIPAC non concede la sua approvazione ed è una vera lotta persino diventare un membro del Congresso o del Senato se l’AIPAC si oppone. Alan Hart, ex corrispondente della “BBC” e di “Independent Television News”, nel suo libro Zionism: The Real Enemy of the Jews (Sionismo: il vero nemico degli ebrei) scrive: «Gli ebrei costituiscono meno del 2% della popolazione americana, eppure è da loro che arriva il 50% dei contributi per le campagne politiche». Il “Washington Post”, di proprietà dei sionisti  rothschildiani, riportò che «tra il  50  e il 70%» dei contributi per le campagne elettorali  proveniva da fonti sioniste rothschildiane. La cifra si riferisce in maniera preponderante ai mega-ricchi sionisti rothschildiani e non rappresenta neppure la metà del 70% della popolazione ebraica (Fig. 246). Oltre la metà dei 40 maggiori donatori che nel 2008 contribuirono alle campagne presidenziali di Barack Obama e John McCain faceva parte di multinazionali di  proprietà di sionisti rothschildiani. Finanziarono l’uomo che volevano veramente vedere come presidente ma anche il suo avversario, in modo da poter controllare il risultato. I candidati alla presidenza e alla vicepresidenza americana possono anche differire tra loro in qualche dettaglio (anche se sempre meno), ma ogni volta concordano su un punto: Israele ottiene ciò che vuole. E come potrebbe essere diversamente, dal momento che i Rothschild possiedono il governo degli Stati Uniti così come Israele? Il giornalista investigativo Wayne Madsen descrive molto bene la situazione:

«La lobby d’Israele possiede il Congresso, i media, Hollywood, Wall Street, entrambi i partiti politici e la Casa Bianca. Discorsi di questo genere fanno si che la lobby licenzi le persone, come abbiamo visto di recente nel caso della corrispondente dalla Casa Bianca Helen Thomas e del presentatore della “CNN” Rick Sanchez.Tuttavia, molti americani si stanno stancando dell’arroganza della lobby israeliana e dei suoi atteggiamenti fanatici verso chiunque metta in discussione la sua meschina influenza e il suo ridicolo insistere che Israele dev’essere sostenuto per via di qualche antica favoletta…»

Obama è uno schiavo dei sionisti rothschildiani. L’hanno fatto diventare presidente e gli impongono cosa dire e cosa fare. Deve comportarsi da bravo ragazzo e non menzionare mai il sistematico genocidio di un’intera popolazione, i crimini di guerra o lo spregevole trattamento che le Forze di “Difesa” Israeliane (IDF) riservano ai bambini palestinesi (Fig. 247). Nel 2011 il blocco militare di Gaza imposto dagli israeliani portò a un tasso di disoccupazione pari al 45%, uno dei più alti del pianeta. Ma il potere di acquisto della paga percepita da chi invece un lavoro ce l’aveva è precipitato del 34% in cinque anni. Due terzi della popolazione di Gaza è composta da rifugiati. Gaza non ha un aeroporto o un porto marittimo per ricevere rifornimenti. Ogni cosa deve passare attraverso Israele. L’occupazione da parte di Israele della West Bank palestinese include oltre 600 punti di controllo e posti di blocco. Alle ambulanze palestinesi, che trasportano feriti gravi o donne che stanno per partorire, viene invariabilmente impedito di passare. Nel 2001 un’ambulanza palestinese impiegava in media dieci minuti per compiere il suo tragitto. Nel 2011 quasi due ore. Il razzismo di Israele va al di là di ogni immaginazione. La «Associated Foreign Press» ha riferito che Israele starebbe per costruire un “museo della tolleranza” su un cimitero musulmano nonostante le proteste di coloro che lì hanno sepolto la propria famiglia. Un tribunale israeliano ha semplicemente decretato che quello non era più un cimitero. E le salme? Si sono dovute de-manifestare? La macchina dello Stato di Israele è senza cuore o empatia; è violenta, crudele e gongola quando vede soffrire le proprie vittime. Il Knesset, il Parlamento israeliano, ha approvato una legge che impedisce a chiunque di boicottare i prodotti israeliani per protestare contro il fascismo del suo governo, e questo permette alle aziende di citare in giudizio i fautori del boicottaggio pur senza avere alcuna prova di arrecato danno o perdita. La legge si riferisce anche al boicottaggio di merci prodotte illegalmente presso sedi israeliane sottratte con la forza ai palestinesi. Ai boicottatori viene impedito di fare offerte per appalti pubblici e la legge dice: «È proibito intraprendere un’azione di boicottaggio dello Stato di Israele, incoraggiare la partecipazione a un boicottaggio e fornire assistenza o informazioni allo scopo di promuovere un boicottaggio». Fascismo, fascismo, fascismo. Persino un comandante dell’esercito israeliano nel 2011 parlò pubblicamente di “terrorismo ebraico” contro i palestinesi della West Bank occupata da ebrei estremisti insediatisi illegalmente. Il generale Avi Mizrahi disse che l’insediamento di Yitzhar, una delle roccaforti ebraiche più “radicali” (folli), sarebbe dovuto essere chiuso perché era sua opinione che si trattasse di una fonte terroristica contro la Palestina. L’ultra-estremista Avigdor Lieberman, ministro degli Esteri israeliano, vive illegalmente nella West Bank. «Ciò che accade in quel territorio è terrorismo», ha detto il generale Mizhari. I coloni ebrei incendiano le moschee e gli oliveti palestinesi, compiono atti di vandalismo sulle proprietà e uccidono la gente. È questo che i palestinesi devono subire quotidianamente, senza contare le crudeltà costantemente inflitte dall’esercito israeliano. Mentre scrivevo questo capitolo le truppe israeliane sradicavano 300 olivi di proprietà dei palestinesi e dichiaravano quel terreno una zona militare. Proprio così. E ciò accade ogni giorno. Inoltre, una commissione del Parlamento israeliano ha approvato la prima stesura di una legge che costringerà i palestinesi a pagare i costi di demolizione ogniqualvolta le truppe israeliane abbatteranno le loro abitazioni. Dal 1967, anno in cui è iniziata l’occupazione, Israele ha demolito più di 25.000 case palestinesi, il 90% per ragioni “amministrative”. La gente viene accusata di non essere in possesso di un’autorizzazione per vivere in quel luogo oppure l’esercito decide di confiscare quei terreni, Le famiglie che vivevano lì sono diventate dei senzatetto. Sempre a partire dall’occupazione, ai palestinesi non è stato più concesso alcun permesso edilizio. Le case vengono distrutte non ruspe meccaniche vendute all’esercito israeliano dalla Caterpillar Inc., che ha sede negli Stati Uniti. Il governo israeliano ha anche approvato la formazione di un comitato per “ebraicizzare” i nomi delle città e dei siti storici palestinesi ed eliminare così l’identità di un popolo. Si tratta di un vero e proprio genocidio.

Nel 2011 il freddo e insensibile primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu annunciava che intendeva rendere le condizioni dei prigionieri palestinesi ancora più critiche. Si riferiva ai circa 11.000 uomini, donne e bambini palestinesi detenuti nelle prigioni israeliani, molti senza imputazioni di sorta, che si facevano carico del sostentamento delle proprie famiglie. I prigionieri vengono tenuti in isolamento, subiscono controlli notturni e torture, non possono fare il bagno o indossare abiti puliti e viene loro impedito di ricevere visite dai familiari. Niente anima. Nessuna empatia. E tuttavia questo è ancora troppo poco per lo spietato Netanyahu. «Ho deciso di riformare il trattamento riservato ai terroristi incarcerati», dichiarò nel giugno del 2011. «Daremo loro tutto ciò che meritano secondo la legge internazionale ma nulla di più». No, non lo faranno. Il trattamento che Israele infligge ai prigionieri non tiene assolutamente conto della “legge internazionale”. Israele contravviene alla fondamentale decenza umana nel modo in cui tratta (e tortura) i detenuti palestinesi, inclusi i bambini. Sin dall’occupazione di Gaza e della West Bank avvenuta nel 1967, Israele ha incarcerato circa 700.000 palestinesi. È il 20% della popolazione palestinese e il 40% della popolazione maschile. Il sistema dei tribunali militari israeliani controlla i processi, le sentenze e la carcerazione dei detenuti palestinesi e nomina sia gli avvocati dell’accusa sia i giudici. Invece, gli israeliani che vivono in quelle stesse zone sono soggetti soltanto alla legge civile. Sahar Francis, direttore di Addameer, l’associazione che si occupa di diritti umani e del sostegno ai prigionieri, ha detto che le persone incarcerate, compresi i bambini, vengono privati del sonno, ricevono minacce di abusi sessuali e violenze fisiche, e sono costretti a passare lunghi periodi in totale isolamento; inoltre, per estorcere una confessione, li si minaccia di arrestare i loro familiari. E prosegue:

«Specialmente nel caso dei più giovani, li si terrorizza persino prima di giungere all’interrogatorio, così da ottenere più facilmente una loro confessione. A quel punto saranno davvero terrorizzati. Vengono umiliati. Mentre li portano al centro di detenzione iniziano a picchiarli, a prenderli a calci e ad abusare di loro. Questo influisce sulla fiducia [dei detenuti: N.d.A.] e sul modo in cui successivamente verrà condotto tutto l’interrogatorio.

«In alcuni casi si utilizza anche l’elettroshock. Oppure i detenuti vengono bendati e legati alla sedia. Gli si spinge indietro la testa e si inizia a far cadere sul volto l’acqua contenuta in una tazza, una goccia alla volta, e questo dà loro l’impressione di non riuscire a respirare. [La tortura; N.d.A.] è molto comune. Molto comune».

Visto quello che fanno in pubblico, immaginate cosa succede quando nessuno li vede; ma Israele fa ciò che vuole, incontestato. Netanyahu annunciò inoltre che 30.000 palestinesi della comunità beduina sarebbero stati allontanati dalla loro terra e costretti a stabilirsi in zone decise dal governo israeliano. Esattamente,ì. Nessun dibattito; nessun diritto di essere ascoltati. Israele condanna i nazisti in Germania e poi istituisce uno stato fascista. È pura ironia o invece è possibile che la forza che sta dietro i nazisti sia la stessa che sta dietro ad Israele? Io penso di sì, sapete, ed è una forza che inizia con la lettera “R”. Stiamo parlando del medesimo regime israeliano che, secondo quanto disse la prostituta politica e “mutaforma” Tony Blair davanti a un uditorio di sionisti rothschildiani, sarebbe «un modello per questa regione» (ancora, Blair, ancora, sto per avere un orgasmo). «Israele è la terra del popolo di Dio, a eccezione dei palestinesi, e sono orgoglioso di leccare qualunque cosa vogliate così potrò godere della vostra gloria e trovare i vostri assegni nella cassetta della posta» (Ohhhhh, grazie, Blair, con questo sono proprio arrivato all’apice. Ora vai e prepara del tè). Non deve sorprendere il fatto che Blair fosse stato nominato “delegato speciale” per il Medio Oriente per rappresentare le Nazioni Unite, gli USA, l’Unione Europea e la Russia. L’ennesima nomina di un bugiardo parassita sionista rothschildiano per assicurare che la causa di Israele sia la sola a essere promossa. Le Nazioni Unite, gli USA, l’Unione Europea e la Russia sanno tutto questo, naturalmente, ma sono controllate dai Rothschild. Chris Gunness, un portavoce dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi, ha detto: «È difficile comprendere la logica di una politica creata dall’uomo che deliberatamente impoverisce così tante persone potenzialmente produttive e ne condanna centinaia di migliaia a una vita di indigenza». Oh, ma la logica è semplice, Chris. L’intenzione è quella di distruggerli, amico. Obama o qualunque altro presidente o primo ministro, cosa dicono riguardo a questo? Nulla. Mentre stavo scrivendo questo libro, Obama ha parlato al Comitato americano-israeliano per gli affari pubblici (AIPAC) delle politiche americane (rothschildiane) per il Medio Oriente. Il primo discorso sull’argomento, appena successivo alla nomina di Obama come presidente, secondo «The Wall Street Journal» è stato scritto da James Steinberg (sionista rothschildiano), Daniel Kurtzer (sionista rothschildiano) e Dennis Ross (sionista rothschildiano). Pensate ci sia una possibilità che il discorso possa essere stato influenzato in qualche modo? Non ci sarebbe da meravigliarsi, visto che la rete dei Rothschild possiede Obama, armi, bagagli e teleprompter, così come Israele: una sua creazione (Fig. 248). Attualmente l’AIPAC è capeggiato da Lee “Rosy” Rosenberg di Chicago, un caro amico e finanziatore di Obama che probabilmente è in ottimi rapporti con Wolf Blitzer (sionista rothschidiano), presentatore di spicco della «CNN» e un tempo portavoce dell’AIPAC nonché corrispondente per il «Jerusalem Post» (Fig. 249). Difficilmente Obama deluderebbe un amico e sponsor come “Rosy” e l’organizzazione che tiene tanto in considerazione (Obama si avvia a vincere una seconda elezione) dicendo qualcosa su Israele che non sia stata pre-concordata. Nel suo discorso all’AIPAC Obama ha detto:

«Sono stato raggiunto alla Casa Bianca dal primo ministro Netanyahu e abbiamo riaffermato quella verità fondamentale che ha guidato i nostri presidenti e primi ministri per oltre sessant’anni, ovvero che, sebbene talvolta potremmo non essere concordi, come può succedere tra amici [sì, certo; N.d.A.], i legami tra Stati Uniti e Israele non si possono spezzare e l’impegno degli Stati Uniti nei confronti della sicurezza di Israele è inoppugnabile».

Questo oltraggio è andato avanti per più di sessant’anni, perché per tutto quel tempo i Rothschild hanno esercitato il controllo su Israele e sul governo degli Stati Uniti. “Inoppugnabile” significa indipendentemente dalla portata delle atrocità commesse da Israele. Esatto, proprio così. Ecco cos’ha detto Obama su due Paesi che hanno condotto continue e orribili guerre fatte di violenza e persecuzioni, palesi e non, contro la popolazione bersaglio:

«L’impegno dell’America nei confronti della sicurezza di Israele proviene da qualcosa di molto più profondo; e questi sono i valori che condividiamo. Come due persone che lottano per conquistare la propria indipendenza contro opprimenti avversità, noi capiamo che preservare la sicurezza per la quale combatterono i nostri padri dev’esser il compito di ogni generazione. Siamo vibranti democrazie e riconosciamo che le libertà a noi tanto care devono essere costantemente nutrite. E in quanto nazione che ha accolto lo Stato di Israele subito dopo la sua indipendenza, sentiamo un forte impegno verso la sua sopravvivenza come patria forte e sicura per il popolo ebraico».

Se Obama non fosse un narcisista sociopatico, a quel punto si sarebbe sentito soffocare. Ma ormai stava nel mondo delle fate…

«Sappiamo anche quanto quella ricerca di sicurezza possa essere difficoltosa, specialmente per una piccola nazione come Israele con vicini problematici. L’ho visto io stesso. Quando ho poggiato la mia mano sul Muro del Pianto e ho affidato la mia preghiera alle sue antiche pietre, ho pensato a tutti i secoli in cui i bambini di Israele hanno desiderato ardentemente di fare ritorno alla loro antica patria».

Diamine, adesso sono io che mi sento soffocare. Dev’essere perché sto vomitando. Questa «piccola nazione come Israele» ha uno degli eserciti più equipaggiati del mondo, che praticamente viene rifornito dai governi americani e sostenuto economicamente dai contribuenti americani. Come ha detto lo stesso Obama:

«Siccome comprendiamo le difficoltà che Israele sta affrontando, io e la mia amministrazione ci siamo posti la sua sicurezza come priorità. È per questo che abbiamo incrementato la collaborazione tra i nostri due eserciti fino a livelli mai raggiunti prima. È per questo che stiamo mettendo a disposizione dei nostri alleati israeliani le nostre tecnologie più avanzate. Ed è per questo che, nonostante un periodo così duro dal punto di vista fiscale, abbiamo incrementato i finanziamenti agli eserciti stranieri portandoli a livelli record.

«Ciò comprende un supporto aggiuntivo (oltre il normale appoggio militare) per il sistema anti-missile Iron Dome. Si tratta di un poderoso esempio della cooperazione israelo-americana, che ha già permesso di intercettare missili da Gaza e aiutato a salvare le vite di israeliani innocenti. Quindi non abbiate dubbi, manterremo alto il livello qualitativo dell’esercito israeliano».

Il «livello qualitativo dell’esercito» in realtà è il dominio qualitativo dell’esercito israeliano gentilmente concesso dal popolo d’America (a cui non è mai stato chiesto un parere in proposito) e da un vasto numero di persone che versano in condizioni finanziarie disperate. Case per gli americani? No: bombe per Israele. La verità è che il governo americano non intende fare ciò che è meglio per la sua gente. Il ruolo del governo (di tutti i governi) consiste nell’adempiere alle richieste e fare gli interessi della rete rothschildiana che possiede e controlla Israele. Comprendere questo fatto permette di capire più facilmente perché la priorità delle amministrazioni americane non è quella di fornire case agli americani ma bombe a Israele, per minacciare, torturare e uccidere palestinesi indifesi.

Genocidio Sistematico

Osservate le cartine della Fig. 250. L’area più scura a sinistra è la terra palestinese prima della campagna di terrore che nel 1948 portò alla violenta creazione di Israele; a destra la terra palestinese nel 2000. Oggi ce n’è ancora meno poiché i “coloni” ebrei, incitati e assistiti dal proprio governo, hanno sottratto sempre più territori, abbattendo con i bulldozer le case dei palestinesi e costringendoli ad andarsene. Questo è genocidio , ovvero “il sistematico ed esteso sterminio, effettivo o tentato, di un intero gruppo nazionale, razziale, religioso o etnico”. Obama non ha mai parlato di questo argomento perché se lo facesse cadrebbe in disgrazia; e lui lo sa bene (Fig. 251). Nel 2011 Obama disse che i confini di Israele e Palestina avrebbero dovuto essere riportati a com’erano prima del 1967; ma questo discorso-spazzatura aveva il solo scopo di dire ai musulmani ciò che volevano sentirsi dire come parte di un’operazione globale ben più ampia. Obama sa fin troppo bene che Israele non acconsentirà mai a tornare ai confini originari o a qualunque altra cosa del genere. Il finto “contrasto” tra lui e lo spietato primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu di tanto in tanto viene fatto circolare tra i media per vendere una menzogna, ovvero che Obama sta dalla parte del mondo islamico. Da almeno trent’anni ripeto che Israele non è interessato a una “soluzione pacifica”. I sionisti  rothschildiani vogliono tutto, e questo significa la distruzione sistematica del popolo palestinese (Fig. 252). Devono guadagnare tempo per far sì che ciò accada e nel corso dei decenni è proprio a questo che sono serviti i vari “negoziati di pace”, “piani di azione” e “colloqui su colloqui”: guadagnare tempo. Indipendentemente da ciò che offrono i palestinesi, e hanno veramente ben poco di prezioso da offrire, ci sarà sempre un motivo per cui Israele non lo accetterà. Ogni volta c’è qualche nuova richiesta, così com’è stato fin dall’inizio. L’unica concessione a cui i fascisti del governo israeliano sono interessati è che i palestinesi si tolgano dai piedi una volta per tutte. La maggior parte della gente non lo sa, ma al centro di tutto questo, anche se sotto diverse forme, c’è sempre stato un Rothschild, per la precisione il generale Danny Rothschild. Si unì alle Forze di Difesa Israeliane (IDF) nel 1964 e quattro anni dopo passò a occupare posizioni superiori (ovviamente) nei corpi dell’intelligence (in altre parole il Mossad, che gestisce ogni cosa). Successivamente Rothschild divenne assistente di Moshe Levi, capo si stato maggiore delle IDF, e fu promosso al grado di generale di brigata e comandante delle unità IDF nel sud del Libano. In seguito divenne anche vice direttore del Direttorato dell’Intelligence Militare e direttore del Dipartimento di ricerca. In quest’ultimo ruolo fu responsabile delle ricerche e analisi sulla “strategia nazionale”, sia dal punto di vista politico che militare, prima e durante la guerra del Golfo del 1991. Dopo la guerra venne promosso generale e nominato coordinatore delle attività governative nei territori, il che significa controllare le terre palestinesi occupate, Gaza e la West Bank. Le azioni e le dichiarazioni politiche di Rothschild rivelano che costui è stato una delle forze principali dietro il trattamento disumano inflitto ai palestinesi, tra cui anche l’uccisione di bambini e il furto delle loro terre. Anche se si è ritirato dalla carriera militare, Rothschild è ancora molto attivo nell’ambito di think tanks come la Banca Centrale di Israele e altre organizzazioni connesse alle attività politiche, finanziarie, militari e di intelligence. Danny Rothschild ha sicuramente giocato un ruolo molto significativo nella strategia del “guadagnare tempo” di cui sto parlando, e l’influenza che esercita sulle politiche israeliane è fondamentale per rappresentare in Israele la sua vile famiglia. Uno dei modi principali con cui gli israeliani temporeggiano su ogni accordo consiste nel dire che non possono negoziare con il governo palestinese perché si tratta di un’organizzazione terroristica nota come Hamas. Beh, che buffo. Israele ha creato Hamas come spauracchio da utilizzare come scusa per non negoziare e quindi avere più tempo a disposizione per terminare il proprio operato.

L’altro spauracchio che sta riemergendo in Medio Oriente per spaventare le persone è chiamato “Fratellanza musulmana”, coinvolta nella “rivoluzione popolare” (certo, come no) in Egitto. Anche la Fratellanza musulmana ha un retroterra interessante. Fu fondata da Gran Bretagna e America nel 1924 dopo il crollo dell’Impero Ottomano ed è tuttora controllata dalle stesse persone, sebbene negli anni abbia servito anche gli interessi di nazisti, israeliani, russi, francesi e tedeschi. Attualmente Israele è tra i maggiori sponsor della Fratellanza musulmana, implicata nella fondazione di Hamas. Robert Dreyfuss è l’autore di Devil’s Game: How the United States Helped Unleash Fundamentalist Islam (Il gioco del diavolo: come gli Stati Uniti hanno contribuito a scatenare il fondamentalismo islamico). Dreyfuss scrive: «Dal 1967 fino alla fine degli anni Ottanta Israele ha aiutato la Fratellanza musulmana ad affermarsi nei territori occupati. Ha assistito Ahmed Yassin, il leader della confraternita, nella creazione di Hamas, scommettendo sul fatto che il suo carattere islamista avrebbe indebolito l’OLP». L’OLP, l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, all’epoca era la più importante rappresentanza ufficiale degli interessi palestinesi. Dreyfuss sottolinea anche che «durante gli anni Ottanta, a Gaza e nella West Bank la Fratellanza musulmana non appoggiò la resistenza all’occupazione israeliana. La maggior parte delle sue energie si riversò nella lotta contro l’OLP, specialmente le sue fazioni più a sinistra, quelle dei campus universitari». Charles Freeman, un  tempo ambasciatore per l’Arabia Saudita, disse: «Israele ha dato inizio a Hamas. Era un progetto dello Shin Bet [l’agenzia di intelligence per gli affari interni di Israele; N.d.A.], che sentì di poterlo usare per circondare l’OLP». David Shipler, un reporter del «New York Times», cita quanto avrebbe detto il governatore militare israeliano della striscia di Gaza, ovvero che Israele finanziò i fondamentalisti islamici per osteggiare l’OLP. Ecco le parole si Shipler:

«Politicamente parlando, i fondamentalisti islamici talvolta sono stati considerati utili per Israele, in quanto si scontravano con i sostenitori laici dell’OLP. La violenza tra i due gruppi scoppiava occasionalmente nei campus universitari della West Bank. Il governatore militare israeliano della Striscia di Gaza, brigadier generale Yitzhak Segev, una volta mi raccontò di aver finanziato il movimento islamico come contrappeso all’OLP e ai comunisti. “Il governo israeliano mi ha fornito un budget e il governo militare lo ha dato alle moschee”, ha detto».

L’OLP, capitanato da Yasser Arafat, disse che Hamas agiva con l’appoggio diretto dei “regimi reazionari arabi” insieme agli occupanti israeliani. Arafat dichiarò a un giornale italiano: «Hamas è una creazione di Israele che, all’epoca del primo ministro Shamir, diede denaro a più di 700 istituzioni, tra cui scuole, università e moschee». Arafat disse, inoltre, che il primo ministro israeliano Yitzhak Rabin aveva ammesso in presenza sua e del presidente egiziano Mubarak che Israele aveva sostenuto Hamas. Le cose vanno così. Ogni volta che si presenta un’occasione per un “accordo sulla pace” che porterebbe a un risultato non voluto da Israele, Hamas o la Fratellanza musulmana (oppure il Mossad) sferrano un attacco terroristico che viene utilizzato come scusa per porre fine ai “negoziati”. Israele ordina ai suoi agenti di Hamas di bombardare l’esercito israeliano con la forza equivalente a quella di una cerbottana per giustificare (come “rivalsa”) il bombardamento super tecnologico e le carneficine perpetrati nei confronti dei palestinesi. I rappresentanti di Hamas che non stanno al gioco di Israele sono quelli presi di mira. Nel 2010 gli agenti del Mossad entrarono a Dubai con falsi passaporti inglesi e, ripresi da telecamere di sicurezza all’interno di un hotel, si recarono nella stanza da Mahmoud al-Mabhouh, un alto funzionario di Hamas, e lo uccisero; subito dopo passarono nuovamente con calma davanti alle stesse telecamere. Le immagini vennero postate su internet e le autorità conoscevano chi aveva commesso l’omicidio ma, come sempre, nulla venne fatto (Fig. 253). Israele fa ciò che vuole, come dimostra anche l’uso illegale dei passaporti britannici; ma a quel tempo il ministro degli Esteri del Regno Unito era David Miliband (sionista rothschildiano, London School of Economics). Il Mossad è attivo in tutte le nazioni più grandi e anche nella maggior parte delle altre. L’ex ministro degli Esteri francese Roland Dumas disse che gli israeliani «in Francia fanno quello che vogliono e controllano l’intelligence francese…».

La bomba di Oslo e l’uccisione di massa avvenuta sull’isola di Utoya il 22 luglio del 2011 avevano impresso il marchio di fabbrica degli esperi rothschildiani del Mossad. I giovani assassinati si erano radunati per un evento del movimento giovanile del Partito laburista norvegese che, stando alle voci, era in procinto di condurre una campagna di boicottaggio dei prodotti israeliani. I ministri del Partito laburista si erano fatti sentire con forza sul trattamento che Israele riserva ai palestinesi e il governo si era espresso dicendo che avrebbe riconosciuto la Palestina come stato, suscitando le ire di Israele. Sostenere la giustizia verso i palestinesi può equivalere a una sentenza di morte. Nel 2010 i commando israeliani assassinarono sulla nave Mavi Marmara nove attivisti turchi che stavano cercando di consegnare urgentemente dei beni di prima necessità nella Striscia di Gaza occupata da Israele. La nave venne bloccata illegalmente in acque internazionali. Un’inchiesta delle Nazioni Unite sui diritti umani rivelò che Israele era colpevole di omicidio premeditato e di inutili brutalità e torture. Nel rapporto si leggeva che c’erano «prove evidenti per sostenere la persecuzione dei seguenti crimini nei termini dell’art. 147 della Quarta Convenzione di Ginevra: omicidio volontario; tortura o trattamento inumano; il fatto di cagionare intenzionalmente grandi sofferenze o di danneggiare gravemente l’integrità corporale o la salute». Ma cosa venne fatto? Nulla. Il rapporto metteva bene in luce i metodi di Israele perché vi si leggeva che «la condotta dell’esercito e di altri funzionari israeliani verso i passeggeri della flottiglia non solo è stata spropositata rispetto alla situazione, ma ha anche dimostrato un’indicibile violenza, totalmente inutile, denunciando un inaccettabile livello di brutalità». Questo è il disgustoso e perverso regime che i leader americani definiscono «l’unica democrazia del Medio Oriente» e che secondo quella prostituta di Blair sarebbe «un modello per la regione». Digitate su YouTube le parole An American Jew Subjected to Torture in Jerusalem (Un ebreo americano sottoposto a tortura a Gerusalemme) e vedrete quanto costoro siano democratici. Nel 2011 si pianificò di far dirigere verso Gaza un’altra flottiglia e il 25% di coloro che si trovavano a bordo era composto da incredibili, fantastici ebrei anti-sionisti pronti a dire: «non in mio nome».

A una nave posseduta in comproprietà da attivisti svedesi, greci e norvegesi che speravano di unirsi alla flottiglia venne tranciata l’elica, un deliberato atto di sabotaggio perpetrato mentre era ormeggiata nel porto di Atene. Il Mossad è qualcosa di patetico, al di là di ogni immaginazione. Sono ragazzotti in pantaloni corti che pensano di essere “veri uomini” (il fatto di essere scarsamente dotati va a ledere la loro autostima). Ma ci sono anche “vere donne” che agiscono come “veri uomini”. Hillary Clinton, la donna-esca sionista rothschildiana e segretario di Stato degli USA, dissuase la flottiglia dal fare rotta verso Gaza, secondo gli ordini impartiti dai suoi capi, da Chateau Rothschild e da Tel Aviv. Disse:

«[…] noi non crediamo che la flottiglia rappresenti un atto utile o necessario a favore del popolo di Gaza. Proprio durante questa settimana il governo israeliano ha approvato un significativo provvedimento per la costruzione di abitazioni a Gaza. A Gaza saranno fatti entrare materiali per l’edilizia e noi non crediamo sia di aiuto la presenza di flottiglie che tentano di provocare reazioni entrando nelle acque israeliane e creando una situazione nella quale gli israeliani avranno poi il diritto di difendersi».

Dunque, innanzitutto è palesemente utile rifornire persone bisognose e in gravi difficoltà a causa del blocco attuato da Israele; secondo, la flottiglia non aveva lo scopo di entrare nelle “acque israeliane”, bensì nelle acque palestinesi al largo della costa di Gaza. Naturalmente la Clinton non menzionò il fatto che gli assassinii a sangue freddo inflitti alla precedente flottiglia erano avvenuti in acque internazionali e contro la legge internazionale. Ma la verità è che esiste una legge per Israele e un’altra per coloro che Israele intende distruggere. Nel 2011 George Papandreou (sionista rothschildiano, Gruppo Bilderberg, London School of Economics), primo ministro greco (nato in America) impegnato a distruggere l’economia del proprio Paese, impoverire il suo stesso popolo e svenderlo alle banche e alle multinazionali rothschildiane, con il suo governo cercò di fermare la flottiglia mentre lasciava le acque greche per dirigersi verso Gaza. Papandreou aveva da poco ricevuto una visita di Netanyahu nonché i suoi ordini. Il tema del “diritto di Israele a difendere sé stesso” è già stato utilizzato come scusa per le carneficine di civili palestinesi e si pianifica di riciclarlo costantemente per giustificare la “prima mossa” da parte di Israele, ovvero attaccare prima di essere attaccati, quando invece l’“avversario” che si sta prendendo di mira non aveva alcuna intenzione di farlo. Praticamente la si potrebbe chiamare una “rivalsa anticipata”. Ci sono persino campagne condotte da americani contro l’apartheid israeliano e americani che finanziano abusi nei confronti di cittadini colombiani, arrestati e portati dinanzi al grand jury per aver fornito supporto a “organizzazioni terroristiche straniere”. A questo proposito il governo degli USA ha esteso drasticamente la definizione di ciò che costituisce un supporto materiale a tali organizzazioni. Condurre pacificamente campagne in nome della giustizia e viaggiare per incontrare persone palestinesi e colombiane vittime di angherie viene ritenuto “supporto materiale al terrorismo”, ma bombardare innocenti in Libia è compiere il lavoro di Dio. Abbiamo la stessa influenza sionista rothschildiana anche in Gran Bretagna e in molte altre parti del mondo. Il Canada, ad esempio, è controllato da cima a fondo dai sionisti rothschildiani. La versione britannica dell’AIPAC è la rete degli Amici di Israele, presente in ogni partito politico; un’indagine rivelò che l’80% dei membri del Parlamento del Partito conservatore (attualmente al potere) era composto da Amici di Israele. L’obiettivo dichiarato è sempre quello di appoggiare qualunque cosa vada bene per Israele (o meglio, per i Rothschild che ne sono proprietari). Il primo ministro britannico David Cameron è un sionista rothschildiano, così come lo è anche il leader dell’“opposizione”, il laburista Ed Miliband, che ebbe il posto dopo una campagna in cui il solo altro candidato “serio” era suo fratello David Miliband (sionista rothschildiano). Gli ebrei che vivono nel Regno Unito (e molti non sono sionisti rothschildiani) sono soltanto 280.000 su una popolazione nazionale di 62 milioni di abitanti. Un importante finanziatore di Cameron e del suo Partito conservatore è stato il miliardario Poju Zabludowicz, commerciante di armi, che ha anche fatto delle donazioni agli Amici di Israele conservatori. La forza manipolatrice più influente nel governo di Tony Blair e Gordon Brown era Peter Mandelson (sionista rothschildiano), che ostentò il suo stretto legame con i Rothschild trascorrendo le vacanze nella loro tenuta sull’isola greca di Corfu. I Rothschild controllavano Blair così come anche Bill Clinton e George Bush junior (Fig. 254). Questo stesso legame portò Blair a trascinare la Gran Bretagna in guerra per sostenere entrambi i presidenti, a loro volta sollecitati da Israele (i Rothschild). I Rothschild orchestrarono le invasioni dell’Afghanistan e dell’Iraq, la guerra al terrorismo e la conseguente giustificazione: l’“11 settembre”.

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Il Sistema del Debito

La Truffa che Mette Tutti d’Accordo: Destra, Sinistra e Centro

Estratto da D. Marin, Cronache del Dominio, 2024

Immaginiamo… La nostra nazione si chiama “Pollolandia” e la valuta corrente è il “Grano”. Adesso contiamo… i miei grani, i tuoi, quelli di tutti, in ogni forma possibile: banconote, conti correnti, carte, … Tutti insieme fanno 1.000 grani. Ipotizziamo che corrispondano al valore di 1.000 tonnellate d’oro.

Quest’anno lo Stato necessita di 20 grani per pagare i dipendenti pubblici, di cui però non dispone. Il Ministero del Tesoro deve allora valutare tre possibili soluzioni:

1. Emissione di Titoli di Stato (BOT). Acquistando un BOT il cittadino sta di fatto firmando un contratto con cui si impegna a prestare allo Stato una parte dei propri soldi, tipicamente per 5 o 10 anni, alla conclusione dei quali attende di recuperarli con un piccolo interesse. Tale soluzione è evidentemente parziale e temporanea. Le istituzioni possono convincere ad aderirvi solo una piccola parte dei cittadini. Inoltre lo Stato si trova costretto ad aumentare consistentemente il proprio PIL, poiché alla scadenza dei titoli deve restituire il denaro (con gli interessi) ai cittadini creditori, dovendo comunque continuare a stipendiare i propri dipendenti pubblici. Se il PIL non aumenta sensibilmente, il Ministero a quel punto deve affrontare una mancanza di denaro superiore a quella rilevata inizialmente;

2. Tassazione esplicita. Lo Stato impone nuove tasse con motivazioni più o meno credibili. Si tratta di un’eventualità compatibile con un governo tecnico (che non ha bisogno di elettori) ma poco conciliabile con la politica del consenso che ogni uomo di Stato porta avanti per amore della ricchezza e della fama;

3. Tassazione implicita. Lo Stato stampa nuova valuta.

Il Ministero riesce a recuperare 10 grani con i BOT; quindi stampa nuova valuta per altri 10 grani, così da raggiungere il totale dei 20 grani mancanti. A questo punto la valuta totale della nazione conta 1.010 grani, corrispondenti però sempre a 1.000 tonnellate d’oro. Se prima 1 grano valeva quanto una tonnellata d’oro, adesso la stessa valuta può comprarne 990 chilogrammi. Tutti i cittadini sono stati impoveriti proporzionalmente al proprio capitale, e da un certo punto di vista si potrebbe considerarlo un sistema ragionevole. Gli stipendi ovviamente devono essere aumentati. Se un lavoratore prima guadagnava 1 grano al mese, adesso deve guadagnare 1,01 grani, un adeguamento che nell’epoca pre-Euro veniva garantito dal cosiddetto sistema della “Scala Mobile”.

Tutto a posto quindi? No… Perché Pollolandia, come praticamente tutte le nazioni civili, ha firmato un accordo suicida con i più grandi magnati della Terra. Fanno eccezione i BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa) e pochi altri, come Cuba, l’Iran e la Siria. Altre eccezioni erano l’Iraq e la Libia, ma il disturbo è stato tolto.

L’accordo suicida priva il Ministero del Tesoro del proprio diritto a stampare valuta. Tale diritto è stato ceduto ad un ente privato chiamato “Banca Centrale”. Oggi abbiamo l’arcinota BCE (Banca Centrale Europea), i cui azionisti sono le Banche Centrali Nazionali, come la “Banca d’Italia”, che a sua volta è posseduta da azionisti rigorosamente privati che sono i titolari delle Banche Commerciali, come Intesa San Paolo, Unicredit, Assicurazioni Generali, Banca Carige, BNL, ecc.

Lo Stato quindi incarica la Banca Privata di stampare 10 grani. La Banca spende pochissimi centesimi per ogni banconota stampata, e praticamente nulla per la valuta creata all’interno di depositi virtuali. Come abbiamo detto più su, i veri pagatori sono i cittadini, tutti i cittadini, la cui valuta viene privata di parte del suo valore.

Ciononostante la Banca Privata approfitta della confusione naturale del processo per registrare un prestito effettivo di 10 grani. Lo Stato diventa debitore verso la Banca di 10 grani che in realtà sono stati tolti ai cittadini. Quest’ultimi sono così imbrogliati due volte: non solo sono stati tassati senza venirne informati esplicitamente (abbassando il potere d’acquisto del loro denaro), ma sono altresì divenuti debitori per un prestito che di fatto non è mai avvenuto.

Certamente la Banca Privata non chiederà mai di riavere indietro tutto il denaro da lei creato. La verità è che anche i 1.000 grani iniziali devono per forza esser stati creati dalla Banca, per cui il Debito dello Stato verso la Banca, che tutti noi conosciamo come “Debito Pubblico”, corrisponde inevitabilmente alla totalità della valuta presente nel Paese, considerata, come dicevamo, in ogni possibile forma (banconota, conto corrente, carte, ecc.). Restituirlo vorrebbe dire non avere più denaro a disposizione.

La Banca chiede tuttavia che ogni anno le venga pagato un interesse su questo debito, che per Pollolandia (e per l’Italia) si aggira intorno al 3% del valore nominale. Ciò vuol dire che Pollolandia deve pagare alla Banca 30 grani l’anno senza alcuna ragione valida. (Per l’Italia, con un Debito di circa 3.000 miliardi di Euro, si tratta di 90 miliardi di Euro l’anno, circa il triplo del denaro annualmente a disposizione per la fornitura dei servizi pubblici.)

Con tale strategia si ottengono due risultati. Il primo è l’arricchimento spropositato delle élite. Il secondo è la trasformazione dello Stato in una vasca che perde. Per quanto ogni anno si produca e si riempia la vasca, questa continua a venire svuotata da sotto con il sistema del debito. Ogni anno i cittadini devono produrre più dell’anno precedente. Se la tecnologia in costante progresso permet-terebbe di produrre la stessa ricchezza in minor tempo, garantendo ai lavoratori gli stessi stipendi con meno ore di lavoro, il sistema del debito li costringe a lavorare sempre le stesse ore in quanto è aumentata la ricchezza da produrre. In questo modo la popolazione viene mantenuta occupata; i cittadini hanno poco tempo libero, e in quel poco non riescono a rilassarsi, sono troppo stanchi per informarsi, per comprendere, o per organizzare un mondo diverso.

Poiché attualmente l’accesso alla politica nazionale avviene rigorosamente per appoggi famigliari o per tramite della Massoneria, sono i cosiddetti “Osservatori” a scegliere i politici. E quest’ultimi devono essere obbedienti, abbastanza intelligenti da comprendere gli ordini ma non abbastanza da criticarli, e soprattutto… corruttibili. Il politico deve necessariamente possedere uno “scheletro nell’armadio”, che possa emergere opportunamente in caso di disobbedienza. Così il politico si guarderà bene dall’agire contro le direttive. Ogni politico accetta tacitamente di non contestare il sistema del debito, e semmai valutasse comunque di disobbedire, avrebbe firmato la propria condanna a morte, come accadde ad Aldo Moro nel ’78 (o a Kennedy ed Abramo Lincoln in America, per la stessa ragione).

Come siamo arrivati a questo? Molto semplice: i banchieri hanno individuato un nobile ambizioso e gli hanno offerto la possibilità di diventare re di una grande nazione. Gli hanno fornito un esercito (o i soldi per comprarlo); oppure, come nel caso Inglese, hanno corrotto il Parlamento affinché gli affidasse la Corona. In cambio hanno ottenuto l’esclusiva nella creazione di denaro, ovvero l’istituzione di una Banca Centrale (Privata).

In Italia qualcun altro pagò Carlo Alberto di Savoia e suo figlio Vittorio Emanuele II. Prima di salpare da Quarto, la notte tra il 5 e il 6 maggio 1860, gli accordi erano stati siglati. Non bastavano i Mille. Coi soldi dei banchieri i Savoia pagarono gruppi di banditi del Regno di Napoli affinché fungessero da quinta colonna, sabotando il Regno dall’interno. Oggi li chiamiamo “mafiosi”, e quello fu il primo “Accordo Stato-Mafia”. (Il contatto avvenne facilmente tramite la Massoneria.) Ma il denaro dei banchieri non fu sufficiente a pagarli. In cambio si dovette accettare anche la partecipazione silenziosa della Mafia agli affari pubblici, che continua ancora oggi. Un politico che propagandi la lotta alla Mafia sta ovviamente mentendo. Se ha ottenuto il posto, è perché ha accettato il compromesso. Come ha accettato di non mettere mai in discussione il sistema del debito, che nel caso italiano ebbe inizio con il patto stipulato dai Savoia, che in cambio del potere sulla Penisola accettarono di imporre alla propria gente un guinzaglio che potrà solo continuare a restringersi, fino a privarli del tutto della libertà.

Non esiste alcun politico onesto. Se fosse onesto si opporrebbe al Sistema del Debito, ma se lo facesse non sarebbe più un politico, anzi, molto probabilmente non sarebbe nemmeno in vita.

Dal Conflitto dei Balcani (scoppiato nel 1991), fino alle Rivoluzioni Colorate di Georgia ed Ucraina (protrattesi al 2014), passando per le Primavere Arabe, un tesoro incalcolabile è piovuto dai cieli d’America nelle tasche di qualunque squadra paramilitare fosse ritenuta capace di far crollare i regimi disallineati di Europa, Nord-Africa e Medio Oriente (ovvero quei governi che si ostinavano a mantenere una Banca Centrale pubblica).

Un nutrito gruppo di analisti attribuisce gran parte di suddette operazioni a delle fondazioni ri-conducibili all’imprenditore George Soros, distinguendo per maggiore impegno l’Open Society, di cui lo stesso è fondatore e consigliere. I destinatari dei finanziamenti sarebbero stati scelti unicamente sulla base delle capacità militari e dell’uso efficace della propaganda, senza alcun peso per gli aspetti morali. In Ucraina, ad esempio, sarebbero stati foraggiati a più riprese i golpisti di “Svoboda”, partito dichiaratamente nazista che nel 2014 contribuì con tre ministri alla costituzione del primo governo Yatseniuk.

Più indietro nel tempo la stessa strategia sarebbe stata applicata all’America Latina e all’Africa Subsahariana, favorendo tra gli altri gli omicidi dei presidenti Salvador Allende (in Cile, nel 1973) e Thomas Sankara (in Burkina Faso, nel 1987).

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La Più Bella Donna della Città

La Più Bella Donna Della Città.

di Charles Bukowski (Autore)

Cass era la più giovane e la più bella di cinque sorelle. Cass era la più bella ragazza della città. Mezza pellerossa, con un corpo flessuoso e strano, come quello di un serpente, focoso, con occhi altrettanto focosi. Cass era fuoco fluido in movimento. Era come spirito intrappolato in un involucro che non riusciva a contenerla. Aveva capelli neri e lunghi di seta che si muovevano e volteggiavano nello spazio, proprio come il suo corpo. Il morale l’aveva sempre alle stelle o sotto le scarpe. Non c’erano vie di mezzo per Cass. Qualcuno diceva che era pazza. Gli stupidi dicevano così. Gli stupidi non avrebbero mai capito Cass. Gli uomini la vedevano solo come una macchina da sesso e a loro non fregava se fosse pazza o meno. E Cass danzava e flirtava, baciava gli uomini ma, eccetto che per un paio di casi, quando si arrivava al dunque con Cass, Cass in qualche modo se la svignava, rifuggiva dagli uomini.

Le sorelle la accusavano di non sfruttare la sua bellezza, di non usare il cervello, ma Cass aveva cervello e anima; dipingeva, danzava, cantava, modellava la creta, e quando le persone erano abbattute nello spirito e nella carne, Cass sentiva un profondo dolore per loro. Aveva un cervello diverso da tutti gli altri; non aveva proprio senso pratico. Le sue sorelle erano gelose di lei perché attraeva i loro uomini, e loro erano incazzati perché pensavano che lei non ne approfittasse a dovere. Aveva il vizio di essere gentile con quelli più brutti; i cosiddetti uomini attraenti le facevano ribrezzo – “Non hanno palle”, diceva, “non hanno grinta. Se ne vanno in giro con i loro piccoli lobi delle orecchie perfetti, le narici ben proporzionate… belli fuori e vuoti dentro…”. Aveva un temperamento al limite della pazzia; aveva un temperamento che alcuni definivano pazzia.

Il padre era morto alcolizzato e la madre era scappata abbandonando le figlie. Le ragazze erano andate da un parente che le aveva scaricate in un convento. Il convento era stato un posto infelice più per Cass che per le sorelle. Loro erano gelose di Cass e Cass battagliava sempre con quasi tutte loro. Aveva segni di rasoiate sul braccio sinistro, di quando aveva cercato di difendersi in due liti in particolare. Aveva anche una cicatrice indelebile lungo la guancia sinistra che invece di sminuire la sua bellezza la esaltava.

L’avevo incontrata al West End Bar diverse sere dopo che era uscita dal convento. Essendo la più giovane delle sorelle aveva lasciato il convento per ultima. Era entrata nel bar ed era venuta a sedersi vicino a me. Probabilmente ero l’uomo più brutto della città e questo potrebbe avere influito.

“Bevi?” le chiesi.

“Certo, perché no?”

Non credo ci sia stato nulla di insolito nella nostra conversazione quella sera, era semplicemente la sensazione che dava Cass. Lei aveva scelto proprio me, punto e basta. Nessuna pressione. Le piaceva bere e bevve parecchio. Non sembrava maggiorenne, ma la servirono comunque. Forse aveva falsificato il documento di identità, non lo so. Comunque sia, ogni volta che tornava dal bagno e veniva a sedersi accanto a me, mi inorgoglivo tutto. Non solo era la donna più bella della città, ma anche una delle più belle che avessi mai visto. Una volta le misi un braccio intorno alla vita e la baciai.

“Mi trovi carina?” mi chiese.

“Sì, ovvio, ma c’è qualcos’altro… c’è qualcosa di più dell’aspetto fisico…”

“La gente mi rinfaccia sempre di essere carina. Pensi sul serio che io sia carina?”

“Carina non è il termine giusto, non ti rende affatto giustizia.”

Cass frugò nella borsetta. Pensavo stesse cercando un fazzoletto. Tirò fuori uno spillone. Prima di riuscire a fermarla, si era già infilata lo spillone nel naso, da parte a parte, appena sopra le narici. Provai disgusto e orrore.

Mi guardò e scoppiò a ridere: “Adesso mi trovi ancora carina? E adesso come mi trovi, amico?”

Le sfilai lo spillone e le tamponai il sangue con il fazzoletto. Diverse persone, incluso il barista, avevano visto tutta la scena. Si avvicinò il barista:

“Senti”, disse a Cass, “fai un’altra scena del genere e ti sbatto fuori. Non abbiamo bisogno delle tue sceneggiate qui dentro”.

“Oh, vaffanculo amico!” disse lei.

“Meglio che la fai rigare dritto!” mi disse il barista.

“Farà la brava”, dissi io.

“Il naso è mio”, disse Cass, “e lo gestisco io!”

“No”, dissi, “mi fai del male.”

“Mi stai dicendo che se m’infilo una spilla nel naso fa male a te?”

“Sì, proprio così. Dico sul serio.”

“Okay, non lo farò più. Su con la vita.”

Mi baciò, con un ghigno sulle labbra mentre lo faceva e si tamponava il naso con il fazzoletto. Alla chiusura del bar ce ne andammo a casa mia. Avevo qualche birra e restammo alzati a chiacchierare. Fu in quel momento che capii che lei era una creatura colma di gentilezza e di amore. Si dava completamente senza neanche saperlo. Al tempo stesso aveva scatti selvaggi e di totale incoerenza. Schizzata. Una bella schizzata spirituale. Probabilmente qualche uomo, o qualcosa, l’avrebbe rovinata per sempre. Speravo di non essere io.

Andammo a letto e dopo aver spento la luce Cass mi chiese: “Quando vuoi farlo? Adesso o domani mattina?”.

“Domani mattina”, dissi e mi voltai di schiena.

La mattina mi alzai e preparai un paio di caffè, il suo glielo portai a letto.

Lei si mise a ridere. “Sei il primo che conosco che non l’ha voluto fare subito la sera stessa.”

“Va bene così”, dissi, “possiamo anche non farlo del tutto.”

“No, un attimo, adesso voglio farlo io. Lascia che mi rinfreschi un po’.”

Cass andò in bagno. Uscì poco dopo, era stupenda, i capelli lunghi rilucevano gli occhi e le labbra rilucevano, lei riluceva… Mise in mostra il corpo con tutta calma, come una cosa speciale. Poi scivolò sotto le lenzuola.

“Forza, stallone.”

Mi infilai nel letto.

Baciava con un senso di totale abbandono, ma senza furia. Con le mani le percorsi tutto il corpo, gliele infilai tra i capelli. La cavalcai. Era calda, e stretta. Cominciai a menare colpi lentamente, volevo che durasse. I suoi occhi erano dentro i miei.

“Come ti chiami?” chiesi.

“Che diavolo di differenza fa” chiese lei.

Scoppiai a ridere e continuai. Dopo si rivestì e io la accompagnai in macchina al bar, ma era difficile da dimenticare. Non lavoravo e dormii fino alle due del pomeriggio, poi mi alzai e mi misi a leggere il giornale. Ero nella vasca quando lei arrivò con una grossa foglia – un’orecchia di elefante.

“Sapevo che eri nella vasca”, disse lei, “così ti ho portato una cosa per coprirti l’affare, bel nudista.”

Gettò la foglia sopra di me dentro la vasca.

“Come facevi a sapere che ero nella vasca?”

“Lo sapevo.”

Quasi ogni giorno Cass arrivava mentre ero nella vasca. A orari diversi ma raramente sbagliava, con la sua orecchia di elefante. E poi facevamo l’amore.

Una o due notti mi telefonò e dovetti pagare la cauzione per farla uscire di prigione per ubriachezza e rissa.

“Sti figli di puttana”, diceva, “solo perché ti offrono un paio di bicchieri credono di poterti entrare nelle mutande.”

“Dal momento che accetti che ti offrano da bere sei tu che vai in cerca di guai.”

“Ma penso sempre che siano interessati a me, non solo al mio corpo.”

“A me interessate tu e il tuo corpo. Dubito però che la maggior parte degli uomini riesca a vedere oltre il tuo corpo.”

Lasciai la città per sei mesi, vagabondai un po’ in giro, tornai. Non avevo dimenticato Cass, ma avevamo avuto una specie di discussione e mi andava di cambiare aria comunque, e quando tornai mi immaginai che lei se ne fosse andata, ma non ero seduto da neanche mezz’ora al West End Bar ed eccola entrare e sedersi accanto a me.

“Bene, bastardo, vedo che sei tornato.”

Le ordinai da bere. Poi la guardai. Si era messa un abito con il collo alto. Non l’avevo mai vista vestita così. E sotto agli occhi, conficcate, spuntavano due capocchie di vetro. Si vedevano solo le capocchie, ma gli spilli erano conficcati nel viso.

“Dannazione, stai ancora tentando di distruggere la tua bellezza, eh?”

“No, è la moda, scemo.”

“Sei pazza.”

“Mi sei mancato”, disse lei.

“Ti vedi con qualcuno?”

“No, non vedo nessuno. Solo te. Però faccio marchette. Costo dieci dollari. Ma per te è gratis.”

“Togliti quelli spilli.”

“No, è una moda passeggera.”

“Mi rende profondamente infelice.”

“Dici davvero?”

“Cazzo, sì, dico davvero.”

Cass sfilò lentamente gli spilli e li ripose nella borsetta.

“Perché mortifichi la tua bellezza?” chiesi. “Perché non ci convivi?”

“Perché la gente pensa che sia l’unica cosa che ho. La bellezza non vale niente, la bellezza passa. Non sai quanto sei fortunato a essere brutto, perché se piaci alla gente sai per certo che è per qualcos’altro.”

“Okay”, dissi, “sono molto fortunato.”

“Non volevo dire che sei brutto. La gente pensa che tu lo sia. Ma per me hai una faccia molto affascinante.”

“Grazie.”

Bevemmo un altro bicchiere.

“Cosa combini?” chiese lei.

“Niente. Non mi appassiono a nulla. Non ho interessi.”

“Neanch’io. Se eri una donna potevi battere.”

“Non credo che vorrei entrare in contatto così stretto con tanti estranei. È stancante.”

“Hai ragione. È stancante, è tutto stancante.”

Uscimmo dal bar insieme. La gente per strada la fissava ancora. Era sempre una bella donna, forse più bella che mai.

Arrivammo a casa mia e stappammo una bottiglia di vino e chiacchierammo. Tra me e Cass, parlare era naturale. Lei parlava un po’ e io ascoltavo, poi parlavo io. La nostra conversazione andava avanti a ruota libera. Sembrava che insieme scoprissimo dei segreti. Quando ne scoprivamo uno grosso, Cass rideva di quella risata… che solo lei poteva avere. Era come gioia pura schizzata fuori dal fuoco. Mentre parlavamo ci baciavamo e ci avvicinavamo sempre più. Ci scaldammo non male e decidemmo di andare a letto. Fu lì che Cass si tolse il vestito nero a collo alto e la vidi… la brutta cicatrice frastagliata sulla gola. Era grande e spessa.

“Maledizione, donna”, dissi dal letto. “Maledetta, cos’hai fatto?”

“Ho provato con una bottiglia rotta una sera. Non ti piaccio più? Sono sempre bella?”

La spinsi sul letto e la baciai. Mi spinse via e scoppiò a ridere: “Ci sono degli uomini che mi danno i dieci dollari e quando mi spoglio non vogliono farlo. I dieci dollari me li tengo lo stesso. È proprio divertente.”

“Sì”, dissi, “non riesco a smettere di ridere… Cass, puttana, ti amo… piantala di autodistruggerti; sei la femmina più viva che io abbia mai incontrato.”

Ci baciammo ancora. Cass piangeva in silenzio. Sentivo le lacrime. La sua chioma nera poggiava sulle mie spalle come un vessillo di morte. Ci congiungemmo e facemmo l’amore lentamente con malinconia e meraviglia.

La mattina Cass era già alzata e stava preparando la colazione. Sembrava piuttosto tranquilla e felice. Cantava. Rimasi a letto beandomi della sua felicità. Alla fine venne da me e mi scrollò: “In piedi, bastardo! Gettati un po’ d’acqua fredda sulla faccia e sull’uccello e vieni a goderti il banchetto!”

La portai giù alla spiaggia quel giorno. Era un fine settimana e non era ancora estate, quindi era tutto splendidamente deserto. Barboni da spiaggia vestiti di stracci dormivano in zone erbose sulla rena. Altri sedevano sulle panchine di pietra condividendo una bottiglia solitaria. I gabbiani volteggiavano intorno, noncuranti e distratti. Vecchie signore tra i settanta e gli ottanta sedevano su panchine discutendo della vendita di immobili lasciati in eredità da mariti uccisi ormai tanto tempo prima dalla frenesia e dalla stupidità dell’esistenza. Nonostante tutto si respirava una certa pace nell’aria e dopo una passeggiata ci coricammo sull’erba e non parlammo granché. Era già un piacere essere insieme. Comprai due panini, patatine e qualcosa da bere e restammo sulla sabbia a mangiare. Poi abbracciai Cass e dormimmo per quasi un’ora. Era ancora più bello che fare l’amore. C’era energia, senza alcuna tensione. Quando ci svegliammo, tornammo a casa in macchina e cucinai. Dopo cena proposi a Cass di convivere. Aspettò un pezzo, guardandomi, poi molto lentamente disse: “No”. La riportai al bar, le offrii un bicchiere e poi me ne andai. Il giorno dopo trovai lavoro come addetto all’imballaggio in una fabbrica e il resto della settimana evaporò lavorando. Ero sempre troppo stanco per uscire, ma quel venerdì sera andai comunque al West End Bar. Mi sedetti al bancone e aspettai Cass. Passarono ore. Quando ero ormai sullo sbronzo il barista mi disse: “Mi spiace per la tua amica”.

“Cosa vuoi dire?”

“Mi dispiace. Non l’hai saputo?”

“No.”

“Suicidio. L’hanno sepolta ieri.”

“Sepolta?” chiesi. Mi sembrava quasi che dovesse entrare dalla porta da un momento all’altro. Come poteva essere morta?

“Le sorelle le hanno fatto il funerale.”

“Suicidio? Ti spiace dirmi come?”

“Si è tagliata la gola.”

“Capisco. Dammene un altro.”

Continuai a bere fino all’ora di chiusura. Cass, la più bella di cinque sorelle, la donna più bella della città. Riuscii ad arrivare fino a casa in macchina e continuai a pensare: avrei dovuto insistere che rimanesse con me invece di accettare il suo “no”. Ogni cosa di lei mi aveva dimostrato che le interessavo. L’avevo presa troppo sottogamba, forse per pigrizia, me ne ero sbattuto. Mi meritavo la mia morte e la sua. Che cane ero stato. No, perché nominare i cani? Mi alzai e trovai una bottiglia di vino e buttai giù una bella sorsata. Cass, la più bella donna città era morta a vent’anni.

Fuori qualcuno strombazzava con il clacson. Forte e insistente. Appoggiai la bottiglia e urlai:

“Dio ti maledica, brutto figlio di puttana, piantala!”

La notte si insinuava sempre più e non c’era nulla che potessi fare.


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Il Dono dell’Immaginazione

Il Dono dell’Immaginazione

Estratto da Sandra Ingerman, Guida Completa alla Vita Sciamanica, Macro 2022, pp. 161-162, 281

L’immaginazione è la forza che determina il nostro modo di sognare e di creare. Essa è un dono del nostro creatore. Tuttavia, nella cultura moderna ci viene insegnato a smettere di usare l’immaginazione e di sognare. Da piccoli, a molti di noi viene detto: «Esistono solo pochi geni creativi sulla Terra, e tu non sei uno di loro». Ci incoraggiano a seguire le regole, a fare ciò che ci si aspetta da noi quando ci viene detto di farlo, a non brillare troppo, a non distinguerci dagli altri, a non sognare troppo in grande. Se si emerge fra gli altri, si attira un’attenzione indesiderata. Questi sono alcuni dei potenti semi che sono stati piantati nel nostro giardino interiore dalla società e da figure autorevoli: infatti, se attingessimo liberamente al nostro potenziale creativo, chi ci fermerebbe più?

È giunta l’ora di impegnarvi a sognare pienamente il mondo in cui volete vivere per manifestarlo. È una responsabilità che vi compete, e che vi impone di stimolare la vostra capacità di immaginare il risultato finale. Usiamo continuamente la nostra immaginazione per creare la nostra vita. Poiché non mettiamo a fuoco la nostra immaginazione, cosa che invece si insegnava nelle culture tradizionali, stiamo manifestando il sogno di una vita fatta di caos e di molta sofferenza inutile. Dobbiamo educare l’immaginazione a sognare il meglio che la vita ci può offrire, anziché l’incubo che tanti continuano a portare nella realtà con le loro fantasticherie. Nelle culture sciamaniche si dà per scontato che la vita sia solo un sogno. Alcuni sciamani affermano che stiamo sognando il sogno sbagliato.

Diciamo di voler assistere a dei cambiamenti positivi per noi stessi e per il pianeta; ma spesso dimentichiamo che ciascuno di noi ha un ruolo nel crearli. Molti noi scivolano in un ruolo passivo e si aspettano semplicemente che sia una forza esterna a fare il lavoro. Dovete ricordare che per godere del frutto di un albero bisogna prima piantare un seme. Dal seme si sviluppano radici, un tronco e dei rami che recano frutti. Un frutto non appare per miracolo, senza un processo di sviluppo naturale. Siamo tutti responsabili di manifestare cambiamenti positivi nella forma attraverso il sognare. […]

Percepite la bellezza in ogni cosa. Continuate a vivere in uno stato di timore reverenziale e di meraviglia. Sentite l’amore e la riconoscenza e ricordate di ridere di voi stessi. Fate ciò che vi appassiona e seguite e credete sempre nella vostra ispirazione creativa. Ricordate che i vostri antenati collaborano con voi. Essi vi amano, e vi hanno dato i doni e la forza necessari alla vostra sussistenza per consentirvi di avere successo e di mantenervi in salute.