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Quando sistemammo la prima volta gli appunti di Mario Miniaci, firma del Corriere e cronista in tempo reale delle ricerche di Alessandro Porro, io e gli altri membri del Rabdo Team ci affidammo all’interpretazione dei protagonisti della prima ora.[1] Il geologo Floriano Villa (che completava il gruppo con la cineasta Luciana Petrucelli), ragionando sulla profondità delle “capsule” individuate da Porro (-400 metri), le collocava temporalmente a 40 Milioni di Anni Fa, entro l’epoca geologica denominata “Eocene”.
All’ennesima rilettura del Diario di Miniaci dovemmo tuttavia dare un certo peso all’affermazione dell’ingegnere secondo cui le capsule “nobili” (le più grandi, Ø = 70 metri), che lui teneva particolarmente sott’occhio, cambiavano talvolta posizione. Erano quindi capaci di attraversare terra e roccia, dacché parimenti si sarebbero potute costruire in superficie, facendole quindi penetrare il sottosuolo. Perciò l’età dello strato geologico che le accoglie non corrisponde per forza all’età delle strutture.
Le analisi dei miti sumeri esposte in Cronache del Dominio hanno rivelato l’applicazione alla cosmogonia di una curiosa “inversione di termini”. Gli esseri umani, specie di stirpe reale, cominciano a un certo punto a presentarsi come “dèi” e “creatori”. Essi lavorano con il sangue di un primate, verosimilmente il Dinopithecus Ingens, mescolandolo con sangue umano e generando un nuovo essere che potremmo chiamare Dinopithecus Sapiens. In altri termini, i tanto acclamati Anunnaki (gli dèi del mito sumero) eravamo nient’altro che noi.
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A quel punto sono i Dinopitechi a essere chiamati “uomini”. Essi lavorano per gli “dèi” e ne risparmiano la fatica, finché un bel giorno la misura è colma e scoppia una guerra tra specie. Manetone, raccogliendo le memorie egizie, riferisce di un’età civile o “regno degli dèi” tra il 28.375 e il 14.475 a.C., a cui sarebbe seguita la rivolta e l’inversione di ruoli. I nuovi “uomini” (i Dinopitechi) diventano la specie dominante e sono loro stavolta a proclamarsi “dèi”, sebbene Manetone li surclassi e li denomini “semi-dèi”, collocando il loro dominio tra il 14.475 e il 13.220 a.C. Nel 13.220 a.C. gli Homo Sapiens capovolgono le sorti del conflitto e – almeno sul piano materiale – la guerra è vinta, coi Dinopitechi costretti a rifugiarsi sottoterra entro le capsule e in stato di ibernazione.
A quanto riferiscono medium e contattisti, le scimmie avrebbero tuttavia “semplicemente” abbandonato i loro corpi, intraprendendo una nuova esistenza in forma astrale e concedendo il privilegio di comunicare con loro a pochi eletti scelti tra gli umani. Da questi si farebbero conoscere come gli Antichi. D’altro canto la civiltà degli Homo avrebbe subito un duro colpo appena 600 anni dopo la vittoria (nel 12.600 a.C.), quando una cometa del diametro di alcune decine di chilometri penetrò l’atmosfera e si spezzò in tre frammenti che impattarono in altrettanti siti del Canada orientale.
Lo spostamento dei poli geografici, il rebound per il peso sottratto dalle vecchie calotte, la conseguente attività sismica e vulcanica, la variazione delle fasce climatiche e la sospensione della polvere in atmosfera contribuirono all’estinzione della megafauna. Addio al Megaterio, al Mammut (con opportune eccezioni), allo Smilodonte, all’Orso delle Caverne, al Brontoterio, al Megacero, e a tanti altri… e anche la specie umana si trovò sull’orlo dell’estinzione.
Il romanziere Howard P. Lovecraft, che aveva letto degli Antichi nel Necronomicon di Abu al-Haitham, collocava la loro esistenza materiale a decine di milioni di anni fa, dacché parrebbe che come Villa avesse accolto una valutazione sulla profondità delle capsule, ascrivibile – per esclusione – a prospezioni effettuate negli anni ’20 dal generale Cesare Bardeloni, il primo a costruire un “rabdomante tecnologico”. Lovecraft nomina infatti per la prima volta gli Antichi, collocandoli temporalmente, ne Le Montagne della Follia, pubblicate nel 1931. «Nella sua dimora a R’lyeh, il morto Cthulhu attende sognando».[2] Sugli stessi temi il Solitario di Providence potrebbe aver udito dal nonno materno, Whipple Van Buren Phillips, di cui si sospetta l’appartenenza alla Società Teosofica.
È interessante che secondo Lovecraft gli Antichi avessero un cervello “a cinque lobi”, laddove Alessandro Porro evidenzia l’inscrizione di un simbolo “a cinque lobi” nei memorabilia custoditi nelle capsule. Ancora, ne La Casa delle Streghe (1932), l’autore riferisce che alcuni di loro sarebbero fuggiti con i loro corpi fisici nello spazio, approdando su un pianeta con tre soli collocato tra le costellazioni dell’Idra e della Nave Argo, a cui evidentemente – benché non ammesso – si ispira la trilogia Memoria del Passato della Terra del cinese Liu Cixin, da cui è stata tratta la serie TV Netflix Il Problema dei 3 Corpi. La contingenza spiegherebbe perché il fenomeno ufo si trovi sovente intrecciato allo spiritismo: se gli Antichi ascesi comunicano con certi umani, perlopiù appartenenti alla Rosa+Croce, certamente lo fanno più volentieri con i loro parenti stretti dello spazio profondo.
Tra i “contattisti” della prima ora vi fu certamente l’atlante Orfeo (n. 3.760 a.C.), così non sorprende che Abu al-Haitham avesse compilato il Necronomicon prendendo spunto dai Manoscritti Pnakotici rinvenuti nei primi anni ’90 del X secolo tra le rovine di Imer, nell’attuale Oman. Tra il 2.700 a.C. e il 1.150 a.C. “Imer dalle mille colonne” era infatti la prosperosa capitale del Regno di Magan o Punt, a cui persino gli Egizi guardavano con timore e ammirazione. E Punt era la principale colonia a sud della remota Atlantide.
La prima spedizione nota degli Egizi a Punt risale al regno del faraone Sahura (2487-2475 a.C., V dinastia) ed è attestata dalla Pietra di Palermo. L’ultima è descritta invece nel Papiro Harris, dell’epoca di Ramses III (1184-1153 a.C., XX dinastia). Gli Egizi importavano mirra, incenso e babbuini, scambiandoli con farina, birra, vino e carne.
Come si vede in cartina, il regno occupava l’estremità settentrionale del Corno d’Africa e quella meridionale della Penisola Arabica. Esso includeva anche l’isola di Panchea (oggi Socotra, al largo dello Yemen) di cui racconta Evemero nella Sacra Historia.
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Nato in Sicilia e cresciuto professionalmente alla corte del re macedone Cassandro I, lo storico e filosofo Evemero da Messina (330-250 a.C.) scrive riguardo la natura degli dèi. Nell’opera citata egli afferma di aver visitato Panchea personalmente e in particolare il Tempio di Zeus presso la città di Panara. All’interno dell’edificio vi era ancora conservata una stele di oro puro risalente a migliaia di anni prima, nella quale, per mezzo di caratteri geroglifici (non per forza egizi), i re dei tre “popoli ancestrali” (ovvero gli antenati di tutti gli altri), Atlanti, Sciti ed Etiopi, testimoniavano sul proprio onore la vera origine delle divinità. Secondo Evemero non ci sarebbe stato alcun riferimento né ad abitanti di altri mondi, né ad entità sovrannaturali compartecipi della creazione. Vi era scritto al contrario che gli dèi «erano stati in origine uomini molto potenti, che si erano successivamente guadagnati la venerazione dei propri concittadini».[3]
Che Punt fosse una colonia di Atlantide è evidente, giacché gli Egizi si riferivano a entrambe con lo stesso nome: TaNeteru o TaManu. La distruzione di Irem per i peccati dei suoi abitanti (come riporta il Corano) è poi una chiara trasposizione della distruzione di Atlantide raccontata da Platone.
Ta+Manu:
- Ta = Terra
- Manu = stessa radice di Menes, Meni, Manes, Minosse, Manu, col significato di “fondatori”. Si osservi che la “u” finale in lingua egizia denota la forma plurale.
- Quindi TaManu è la Terra dei Fondatori
Ta+Neteru:
- Ta = Terra
- Neteru = Dèi
- Quindi TaNeteru è la Terra degli Dèi
Il racconto coranico della distruzione di Irem vede contrapposti il profeta Hud e il sovrano Shaddad. Hud è il biblico Reu, figlio di Peleg (eroe eponimo dei Pelasgi/Atlanti), così come Punt è figlia di Atlantide. Dall’unione dei due nomi si può ricostruire un originale *Rehud, assimilabile al gaelico Ruadh, inglese Red, lett. “rosso”.
Dal libro dei Giubilei apprendiamo che Reu viene al mondo quando comincia la costruzione della Torre di Babele, e vi si oppone allo stesso modo in cui Hud si oppone al Re di Irem Shaddad. Babele e Irem vengono entrambe distrutte. Al pari dei babilonesi, anche gli abitanti di Irem erano accusati di sfidare Dio con edifici troppo alti.
Se Irem = Babele, allora Shaddad = Nimrod, ovvero l’accadico Naram Sim. La Bibbia attribuisce infatti a Nimrod l’edificazione della rinomata Torre. Si ricordi che al tempo “Babele/Babilonia” era un appellativo di Kish; solo intorno al 1900 a.C. la più nota Babilonia (destinazione dell’esilio giudaico) fu edificata dagli Amorrei.
Una cronologia approssimativa potrebbe essere la seguente:
- 2700 a.C.: Fondazione della colonia. Nello stesso periodo gli Atlanti (dallo Jutland) mandano architetti in Egitto per assistere all’edificazione delle piramidi;
- 2400-2300 a.C.: Inizio del controllo accadico sulla regione;
- 2120 a.C.: Inizio del periodo indipendente;
- 1530 a.C.: Inizio del controllo cassita;
- 1150 a.C.: Rivolte popolari/Caduta.
Necronomicon a parte, non vi è più nulla che giunto fino a noi faccia menzione degli Antichi. Vi fu tuttavia un rinnovato impegno nella comunicazione medianica da parte dei fratelli rosacroce al tempo in cui la loro confraternita si apprestava a scomparire (fine del XVII secolo).
Come espresso all’Appunto #5[4], lo scorporamento del Gruppo di Toledo dalla Fratellanza di Babilonia (141 a.C.) si produsse in duemila anni di scontri in cui le squadre coinvolte cambiarono volto nel tempo finché nel XVII secolo si poterono identificare da un lato nei Desposyni (sostenuti dalla Rosa+Croce) e dall’altro negli Anicio-Flavi (sostenuti dalla Massoneria).
Nel 1689 la Gloriosa Rivoluzione strappava l’Inghilterra agli Stuart (Desposyni) per consegnarla agli Hannover (Anicio-Flavi), mentre nel 1717 la costituzione della Grande Loggia di Londra segnava il definitivo assorbimento della Rosa+Croce nella Massoneria.
Trovandosi sconfitta sul piano materiale, la Rosa+Croce (o quanto ne rimaneva) scelse il giovane Gianfilippo Spinucci affinché fosse edotto ai misteri più alti nel corso di una cerimonia sul lago Bajkal. La famiglia del nobile fermano rientrava nel ramo desposyno, mentre è probabile che venisse mandato sul Bajkal perché in prossimità delle sue rive si trovava l’insediamento ipogeo di Asgartha, sede primeva dell’Ordine di Melchisedek. Le ragioni di tale ipotesi saranno chiarite più avanti.
Dal 1881 al 1934, da una serie di sedute medianiche nella Villa Mancini-Spinucci di Fermo, il palesarsi di un’entità auto-appellatasi Scienziato della Torre dei Miracoli condusse alla realizzazione di alcuni macchinari capaci di trarre energia dal vuoto quantico (e a quanto pare di tante altre stranezze). A questi si intrecciano gli avvistamenti ufologi: sui cieli italiani a partire dai primi anni ’20, e su quelli americani dalla metà dei ’40. Al contempo, tra laboratori segreti gestiti da esponenti della Rosa+Croce e laboratori ufficiali diretti per lo più dal governo americano, si assiste ad un botta e risposta in cui intervengono agenzie di spionaggio e controspionaggio di svariati paesi.
La stranezza a questo punto è che a guidare le azioni della squadra rosacrociana non sono tanto accurate pianificazioni e costruzioni teoriche, quanto i consigli e talvolta i comandi di entità canalizzate dai loro medium. Ai loro colpi, i massoni rispondono con operazioni di spionaggio industriale e retro-ingegneria.
Non è mio compito qui la trascrizione delle singole stoccate che danno corpo a questo incontro di scherma. Riportate in dettaglio nel lavoro di Stefania Marin, Verso una Nuova Co-Scienza, le trovate in sintesi nella mappa concettuale che potete ritagliare e comporre alle pagine seguenti. È mio intento piuttosto mettere in luce nuove connessioni con quanto esposto nelle Cronache del Dominio, riguardanti in particolare la controparte americana di Asgharta. La tradizione tibetana contempla infatti una seconda città sotterranea all’altro capo del mondo, chiamata Erks.
Lo schema include l’Esperimento Philadelphia, condotto negli USA tra il 1931 e il 1943 e avente a oggetto il teletrasporto di una nave da guerra. Lo stesso non viene citato nel libro di Stefania, ma potete approfondirlo nei libri di Charles Berlitz (Esperimento Philadelphia e Senza Traccia), oppure in sintesi nell’appendice a D. Marin, Un’Iniziazione Durata Trent’Anni.
Il primo a far conoscere Erks fuori dal Tibet fu nel 1969 un monaco buddhista che si faceva chiamare Saarumá (antico inglese per “uomo abile”). Questi si trovava tra Córdoba e Buenos Aires alla ricerca di un “oggetto di potere”, un bastone di pietra chiamato simihuinqui (in quechua, “pietra parlante”) appartenuto al civilizzatore KukulCain e segnalato da quelle parti.
Saarumá era anche «un medico di valore, edotto in un’antica tecnica della tradizione tibetana nota come bodkyi gsoba rigpa o sowa rigpa. È basata su un approccio olistico dell’essere umano, partendo dal presupposto buddista che ogni malessere fisico (e ogni male, in genere) ha un’origine non-fisica da ricercare nell’ignoranza, l’attaccamento e l’avversione. Questa tradizione terapeutica utilizza sia farmaci derivati da sostanze naturali che modifiche nella dieta e terapie fisiche come l’agopuntura. Saarumá era specializzato nella cura della colonna vertebrale: per lui la perfetta salute dell’uomo dipendeva interamente dalla corretta conformazione e posizione delle vertebre, e quasi tutte le malattie potevano essere guarite o quanto meno contenute se si sapeva su quale vertebra mettere le mani e come farlo esattamente, per poter così sbloccare il flusso di energia che circolava lungo la colonna vertebrale».[5]
Per cinque anni, tutte le mattine da lunedì a venerdì Saarumá approfittò della sua presenza a Buenos Aires per insegnare la propria arte a cinque medici[6] e a un chiropratico autodidatta con dubbie doti medianiche e un ego smisurato quanto la sua propensione alla menzogna: Ángel Cristo Acoglanis (1924-1989). Quest’ultimo era anche l’affidatario dello studio in cui si svolgevano le lezioni, sito in casa delle sorelle Sonia e Mercedes Anchorena, sue ex pazienti e ricche proprietarie terriere in capo ad una delle più prestigiose famiglie argentine.
Al principio del 1974, Saarumá affermò di aver trovato lo simihuinqui e fece ritorno al proprio Paese. Pare in effetti che la reliquia fosse stata rinvenuta ai piedi del Monte Uritorco da Orfelio Ulises Herrera nel 1934. L’uomo era un maestro di scuola, ma soprattutto apparteneva a una società esoterica di derivazione ermetica i cui membri erano perlopiù docenti dell’Università Nazionale di Córdoba. Intorno al 1940 il gruppo aveva accolto il giovane Guillermo Alfredo Terrera (1922-1998), studente alla stessa Università di Córdoba e più tardi docente di sociologia all’Università di Buenos Aires. A lui sarebbe stato affidato (nel 1958) lo simihuinqui, ereditato alla sua morte dal primogenito Guillermo Jr.
Saarumá si fece andar bene che la reliquia restasse a Terrera e non si fece più vedere. Egli non aveva rivelato la posizione di Erks, salvo spiegare che si trovava agli antipodi della più “chiacchierata” Asgharta, di cui comunque non erano note le coordinate. Laddove Asgharta indirizzava le “influenze” maschili, Erks incanalava le “energie” femminili. Il lama aveva inoltre trasmesso svariati mantra e alcune nozioni sulla struttura dell’irdin, la lingua primordiale degli antichi Antenarya, la civiltà tecnologica sopravvissuta al meteorite del 12.600 a.C. Cionondimeno Acoglanis ne approfittò per dichiarare in pubblico di canalizzare la voce del guardiano di Erks, il cui nome era non a caso “Saruma”. Con questa scusa invitava i turisti a salire con lui sull’Uritorco, dal cui terrazzo in località Los Terrones intonava i versi appresi dal tibetano e attendeva il tramonto per mostrare loro le luci di Erks. Particolari variazioni nella temperatura, nell’umidità e nella densità dell’aria deformavano e riflettevano le luci della vicina San Marcos Sierras, della diga idroelettrica “Arturo Illia” e dei fari delle automobili sulle strade maggiori (statale 38 e regionale 17). Per gli ingenui, erano manifestazioni della città eterica e dei suoi spiriti; per Acoglanis era moneta sonante.
Il chiropratico tentò altresì di cooptare Terrera, frequentandolo per un anno e mezzo tra il 1985 e il 1986 e cercando senza riuscirci di farsi cedere il bastone del potere per impiegarlo nelle folkloristiche “cerimonie” da lui imbastite a Los Terrones.
Da Saarumá, Acoglanis aveva infine probabilmente appreso del “Tempio della Sfera”, il centro spirituale di Erks che custodiva al suo interno un «particolare sistema di comunicazione costituito da tre specchi» che avrebbe risposto ad «un triangolo energetico in cui due donne facessero corona al sacerdote»[7], modalità che richiama evidentemente il “triangolo sacro” da noi trattato ne Il Tempio degli Illuminati in merito alla tradizione ulvunga. C’è tuttavia la possibilità che questi concetti venissero dalla lettura de Il Segreto delle Ande (1961) del contattista George Hunt Williamson (alias Brother Philip), membro quest’ultimo del gruppo di ricerca di Costantino Cattoi e tramite Cattoi in possibili rapporti con Cesare Porro.
Diversamente da Acoglanis, noi sappiamo che Asgharta era la sede dell’Ordine di Melchisedek, poi importato da Sargon a Babilonia (Kish) e mezzo millennio dopo tradotto nella (Nuova) Babilonia di Hammurabi (da qui chiamato Fratellanza di Babilonia). Risalendo indietro nel tempo e riconducendo la cultura di Sargon (gli Accadi) alle proprie origini, ci troviamo inevitabilmente al centro spirituale degli Antenarya, antenati comuni di Sciti, Arii e Atlanti. Sul lago Bajkal per l’esattezza.[8]
Potremmo prendere a riferimento il villaggio di Barguzin, sulla sponda sud-orientale, fondato nel 1648, quindi soltanto 28 anni in anticipo sull’iniziazione – proprio ai margini del Bajkal – di Gianfilippo Spinucci. Se dessimo retta a Saarumá, dovremmo cercare Erks agli antipodi, con semplici calcoli o – se siamo pigri – sfruttando la praticità di applicazioni online quali Antipodes Map.[9] Digitando “Barguzin” sulla casella di sinistra, ecco apparire sulla destra “Punta Arenas”, nella Tierra del Fuego, in Cile.
La città ospita l’Istituto Nazionale Antartico e costituisce il punto di partenza più utilizzato dalle spedizioni scientifiche dirette in Antartide, compresa la NASA che ha una propria sede permanente ai margini dell’abitato. Stiamo parlando della stessa NASA che dopo la 2a Guerra Mondiale aveva acquisito i laboratori dell’Ahnenerbe in Germania e quelli eventualmente ancora in Italia del Gabinetto RS/33. Ed è la stessa che nel 1961 aveva cercato di coinvolgere il figlio di Cesare Porro, Alessandro, il cui apparecchio (il Rabdomante Elettronico) costituiva un balzo in avanti rispetto al prototipo del padre (Rabdomante Meccanico).
Il concetto di città speculari agli antipodi è stato da noi trattato in Cronache del Dominio riguardo la stirpe di Ca-In (Caino), che dall’eD-eN in Asia avrebbe raggiunto No-De in Sud America. Qui, l’erede di Ca-In, Ku-Ku-L-Ca-In, avrebbe organizzando la cultura In-Ca, mentre suo figlio Enoch fondava nello Yucatan la città di T-Enoch-Titlan. Già nelle Cronache ponevamo in evidenza l’inversione dei gruppi consonantici, laddove le vocali – raramente trascritte e soggette ai mutamenti della lingua parlata – non potevano costituire un riferimento affidabile.
Se consideriamo il nome Asgharta[10], è opportuno ripulirlo del prefisso “ta”, che nelle lingue più antiche (come l’analogo “da”) significava banalmente “terra”. Il gruppo consonantico si riduce pertanto a S-GH-R, dove dobbiamo rammentare la tendenza di “GH” a mutare in “CH” (equivalente di “K”). Ne consegue che il gruppo consonantico di Erks (R-K-S) può considerarsi l’inverso di quello di Asgharta (S-K-R).
Il primo rituale celebrato ad Asgharta era servito a trasferire in tale sede il “carattere” del Polo Nord; dacché, immaginando uno spostamento rigido della griglia energetica del pianeta, il “carattere” del Polo Sud sarebbe passato agli antipodi di Asgharta, ad Erks appunto.
L’idea è presente nel nome di un gruppo esoterico fondato da Terrera: l’Escuela Hermética Primordial de las Antípodas.
Il discepolo di Acoglanis, José Trigueirinho (1931-2018), già operante come medium prima dell’incontro con il “maestro” (nel 1987), potrebbe aver scorto la veridicità dell’esistenza di Erks senza però essere in grado di localizzarla. Si sarebbe perciò attenuto alle supposizioni del chiropratico, accettando la collocazione sull’Uritorco.
Tornando al tema principale, non ci è dato sapere ove conduca la battaglia tra Desposyni e Anicio-Flavi, né se si possa tra questi riconoscere un buono e un cattivo, anche se d’istinto starei con i primi. Dal 1933 in questa lotta è stato coinvolto il fisico Ettore Majorana, di cui Stefania testimonia gli esperimenti, compreso quello “di 4a fase” in cui lo scienziato fu al contempo soggetto e oggetto. In questo frangente, un raggio a sezione quadrata proiettato da un piccolo macchinario produceva un aumento della sintropia, ovvero metteva ordine nei sistemi complessi.
Quando parliamo di sistemi biologici, mettere ordine vuol dire ringiovanire. Dopo le rose e un cane, Majorana avrebbe provato su sé stesso. E stando alle foto che circolano su di lui dal 2006 – scattate nello stesso anno, quindi prima dell’AI – sembrerebbe esserci riuscito. Nato nel 1906, avrebbe dovuto avere cent’anni, ma ne dimostra al massimo quaranta. Ciò che più importa, comunque, è che nel 2006 ancora si combatteva.
Cosa significa questo? Che siamo in procinto di incontrare gli Antichi? Che essi riprenderanno i corpi abbandonati nelle capsule? O dovremmo credere che i loro fratelli facciano ritorno dal pianeta dei tre soli?
Interessante infine che Majorana parlasse al proprio allievo – Rolando Pelizza – di una 5a fase, in cui il macchinario avrebbe permesso l’apertura di un canale attraverso altre dimensioni. Potrebbe trattarsi di un canale fisico, simile a quanto prodotto a Philadelphia, o – intendendo la frase in senso gergale-esoterico – la possibilità di trascendere il corpo allo stesso modo in cui avrebbero fatto gli Antichi 15.250 anni fa.
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[1] Cfr. Rabdo Team, Il Risveglio degli Antichi, IP 2018; D. Marin, Il Diario degli Antichi, IP 2022.
[2] La loggia rosacrociana dei Polari profetizzò per il 1933 proprio il ritorno di “colui che attende”. Cfr. Zam Bhotiva, Gianfranco De Turris & Marco Zagni, Asia Mysteriosa: La Confraternita dei Polari e l’Oracolo della Forza Astrale, Arkeios 2013.
[3] https://it.wikipedia.org/wiki/Evemero
[4] Cfr. Diego Marin, Appunti di Storia Proibita, IP 2020, #5.
[5] Sebastiano de Filippi, La Città della Fiamma Azzurra: Luci e Ombre sul Centro Intraterreno di Erks, XPublishing 2019, pp. 70-71.
[6] Tra cui María Isabel Mur dell’Università Nazionale di Cuyo a Mendoza, Carlos Mario Fiore dell’Università di Buenos Aires, Héctor Alexis Quarin.
[7] Sebastiano de Filippi, La Città della Fiamma Azzurra, XPublishing 2019, p. 97.
[8] Mentre scriviamo, veniamo informati che la setta cristiana russa dei “Vecchi Credenti” (fondata nel 1666) indicava Agharta con la parola “Belovodye”, la stessa che in termini più o meno vaghi designa le montagne a ridosso del Bajkal.
[9] https://www.antipodesmap.com/
[10] Abbiamo preferito adottare la forma più estesa Asgharta, meno comune di Agharta ma verosimilmente più antica. Che nel tempo si perda una lettera (in questo caso la “S”) è certamente più probabile che acquisirla.