Imane Khelif VS Angela Carini
Nelle prime settimane di vita dell’embrione, siamo tutti femmine; lo spiega peraltro benissimo il primo Jurassic Park. Dopodiché, se presente il cromosoma Y, il nostro sistema endocrino produce un ormone che “trasforma” i genitali femminili in maschili. A volte però qualche cosa fallisce, giacché di questo ormone non ne viene prodotto abbastanza, o non viene assimilato a sufficienza. Così sei geneticamente uomo, ma i tuoi genitali sono femminili. Cinquant’anni fa, quando la società non prevedeva la libera espressione del sentire individuale, non era insolito che uomini sposassero uomini (geneticamente parlando) credendoli donne, scoprendone il genere effettivo solo quando i figli non arrivavano. Oggi è cambiata la società, ma non la natura, i cui ritmi sono notoriamente più lenti. Così il pugile algerino Imane Khelif è geneticamente uomo, ma i suoi genitali sono femminili. Allo stesso modo ha ricevuto un’educazione femminile ed è stato spronato a confrontarsi con le pari-età di sesso femminile, in un Paese quale l’Algeria in cui l’apparenza genitale era di certo preponderante sull’analisi del dna. Ora è nostro dovere metterci nei panni di questa persona che scopre tardivamente di essere qualcosa di diverso (per certi versi opposto) da quanto aveva creduto, contando anche il dramma di osservare il proprio corpo mentre assume forme “ibride”, con una conformazione ossea e muscolare maschile, in totale assenza di seno e con una folta peluria. È nostro dovere costringerci a sentire il dramma di costei in un gruppo di pari che certamente avrà posto domande, avrà deriso ed emarginato. Forse per reazione, Imane è diventata pugile.
Ora sarebbe opportuno che lei fosse accompagnata in un percorso psicologico che le permettesse di sentire e chiarire la propria identità, in vista eventualmente di un percorso ormonale che senza fretta le consenta di avere un aspetto fisico in armonia con l’identità infine da lei (e lei soltanto) riconosciuta. Purtroppo però nessuno vuole prenderla per mano, ma vogliono tutti usarla per la propria propaganda. I “woke” vogliono che rimanga nel mezzo, a rafforzare quel sentire caotico che rende l’individuo e la società tutta facilmente manipolabile, in cui si spacciano rinuncia e immobilismo per orgoglio (“pride”). I “fascisti” all’opposto vogliono che scompaia, perché nel loro mondo ideale l’imperfezione non esiste, e tutto quanto la richiami deve passare per il camino.
Nella fattispecie degli sport “di potenza”, si deve comprendere che la definizione di categoria passa per l’esame della struttura ossea e muscolare; perciò – se parliamo di boxe – Imane Khelif è senza dubbio un maschio e dovrebbe concorrere in una categoria maschile. “Senza dubbio” però per noi che non ne siamo coinvolti direttamente. Al contrario, non possiamo pretendere che lei ne diventi consapevole tutto d’un tratto e in maniera autonoma; per troppo tempo non le è stato concesso di riflettere e fare chiarezza. Sarebbe ovvio e pienamente giustificato che fosse confusa e arrabbiata.
Quanto alla sua avversaria, l’italiana Angela Carini, è altrettanto palese che non sia stata sconfitta dalla forza di Imane (che con altre donne aveva perso) ma dalla paura con cui è salita sul ring, di cui non avuto consapevolezza finché non ha ricevuto il primo pugno. Le polemiche dei giorni precedenti e le pressioni della squadra hanno fatto da censore, sicché la mancanza di elaborazione ha fatto crescere il panico a livello inconscio.
Quindi, a mio avviso, in questa circostanza hanno sbagliato tutti, e come sempre per mancanza di equilibrio (via di mezzo, temperanza). Una discussione pacata, che non avesse lo scopo di tirare le contendenti per la maglia, avrebbe permesso un match comunque più equilibrato. Ripeto, hanno contato più le forze sopite dall’attacco di panico che quelle accumulate dal testosterone. E se tale discussione pacata, lontana da scopi politici, ci fosse stata, forse fra quattro anni le stesse atlete XY avrebbero compreso che non si tratta di emarginazione od odio del diverso, ma di pure e semplici considerazioni sulla struttura scheletrico-muscolare, accogliendo senza contestazioni la richiesta di combattere come maschi.